Lorenzo Cremonesi, Corriere della Sera 2/11/2008, 2 novembre 2008
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
MUMBAI – Tra le centinaia e centinaia di messaggi affissi dalla folla di fronte agli alberghi devastati dalla furia dei terroristi sul lungomare di Mumbai i più ricorrenti sono: «fuck the politicians», dannati politici. Cresce la rabbia popolare verso il Pakistan, ma esplodono anche le accuse ai «politici corrotti », contro le carenze logistiche, l’arroganza, l’impreparazione dei sistemi di difesa. E cresce la preoccupazione: ci sarebbero cinque terroristi ancora liberi, sostiene il Times di Londra, citando una fonte anonima secondo cui «a bordo del peschereccio usato dagli estremisti per gli attacchi è stato trovato un equipaggiamento per 15 persone». I terroristi coinvolti negli attentati di Mumbai non sarebbero dunque 10, come sostenuto dall’unico sopravvissuto.
I media rivelano tra l’altro che il sindacato dei pescatori aveva messo in allarme sull’eventualità di un attacco dal mare e che i servizi segreti avevano segnalato come «molto probabile» un blitz contro i grandi hotel di Mumbai. Cresce così il numero di politici e amministratori dimissionari, compreso il premier dello Stato del Maharashtra. Una motivazione in più per il premier indiano Manmohan Singh per dimostrare al pubblico infuriato che il suo governo farà di tutto per mettere sotto pressione il Pakistan.
Ieri il suo ministro degli Esteri ha comunicato di avere convocato l’ambasciatore pachistano a New Delhi per notificare che «tutti i terroristi che hanno colpito Mumbai sono elementi pachistani» e che dunque ci si attende un’azione dura da parte del governo di Islamabad contro i gruppi dell’estremismo islamico. Una mossa inevitabile, anche se Singh è ben consapevole che l’attuale presidente pachistano Zardari è molto meglio che non Musharraf. Se non altro perché vedovo di Benazir Bhutto, a sua volta assassinata dai terroristi, e legittimato dall’essere un leader eletto democraticamente.
Ben pochi a New Delhi e Islamabad credono che la crisi generata dagli attentati di Mumbai possa realmente causare una nuova guerra. Mentre sarebbe uno sviluppo estremamente positivo se dalle tensioni odierne potesse nascere una nuova cooperazione contro il terrorismo. In questo senso dimostrano di lavorare soprattutto gli americani. Ieri la Casa Bianca ha compiuto due mosse solo apparentemente contraddittorie. Da una parte infatti i portavoce a Washington hanno dichiarato di non credere che il governo pachistano sia coinvolto negli attentati. E dall’altra il segretario di Stato, Condoleezza Rice, in arrivo domani a New Delhi, ribadisce la necessità che le autorità di Islamabad agiscano presto e «con assoluta priorità» per reprimere i campi di addestramento dei terroristi e bonificare gli eventuali elementi deviati nel suo servizio segreto militare (Isi) che sostengono i gruppi della resistenza kashmira. A Islamabad le porte restano aperte. Zardari è stato intervistato ieri dalla Bbc e ripreso dalle televisioni pachistane, dove ribadisce l’intenzione di lavorare per una «piena collaborazione nelle indagini» con gli inquirenti indiani. «Il vostro nemico è anche il nostro, noi siamo vittime come voi», ha detto con voce ferma il vedovo di Benazir.
Ammaina bandiera
Un soldato pakistano, in divisa nera, e uno indiano si incrociano durante l’ammaina bandiera alla frontiera tra i due Paesi
Lorenzo Cremonesi