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 2008  novembre 30 Domenica calendario

Qualche giorno fa Roberto Rubino, direttore di Caseus (bimestrale di arte e cultura del formaggio, una delle poche riviste al mondo specializzate nel settore caseario - www

Qualche giorno fa Roberto Rubino, direttore di Caseus (bimestrale di arte e cultura del formaggio, una delle poche riviste al mondo specializzate nel settore caseario - www.caseus.it) ha anticipato a Slow Food l’editoriale del numero di dicembre della sua rivista. Stiamo iniziando a progettare l’edizione 2009 di Cheese, la biennale dedicata alle forme del latte che si tiene il terzo week end di settembre a Bra, in provincia di Cuneo, e dunque ci ha particolarmente colpito l’allarme lanciato da Rubino: dal primo gennaio 2009 gli Stati membri dell’Unione Europea potranno autorizzare l’uso di caseine e caseinati (entro un massimo del 10% dell’intera produzione) per fabbricare formaggi. Che tradotto, per chi non è del mestiere, significa che il latte non sarà più l’unica materia prima! La questione non riguarda le produzioni Dop e Igp, esplicitamente escluse dal Regolamento 760/2008 del 31 luglio scorso. Inoltre, per evitare possibili malintesi, occorre anche precisare che non c’è nulla da temere sul piano della salute umana nè su quello della corretta informazione: l’uso di farine di latte o caseinati dovrà essere obbligatoriamente indicato in etichetta. E quindi il consumatore potrà scegliere. A destare vive preoccupazioni è quanto potrà accadere ai produttori di latte, tanto più che questa novità cade in concomitanza con l’aumento delle quote latte autorizzato dalla UE: ci sarà più latte sul mercato e il latte stesso avrà un concorrente a buon mercato con il quale confrontarsi. Come segnala Rubino: «il Centro Studi Fieragricola ha previsto che il prezzo del latte alla stalla diminuirà dal 10 al 15% solo per l’effetto delle quote. Figuriamoci cosa succederà quando l’industria potrà usare i caseinati come alternativa al latte nella misura del 10%». Il rischio è che l’intero settore vada a gambe all’aria, con la chiusura di centinaia di stalle, la perdita di migliaia di posti di lavoro e soprattutto, la scomparsa di un settore produttivo fondamentale per il comparto agricolo e alimentare. Finirà che il latte prodotto in una stalla italiana diventerà anch’esso un prodotto di nicchia, per una elite di gourmet? Per salvare il salvabile saremo costretti a etichettare il latte come i grandi cru del vino?