Eugenio Scalfari, la Repubblica 30/11/2008, 30 novembre 2008
PRESI UNO
per uno i provvedimenti della manovra di Tremonti sono quasi tutti da approvare anche se alcuni di essi (dirò tra poco quali) suscitano forti preoccupazioni. Ma la manovra nel suo complesso è inesistente. Mobilita in tutto e per tutto cinque miliardi di danaro fresco cioè il 30 per cento di un punto di Pil per quanto riguarda il sostegno della domanda e gli stimoli alla produzione.
Il piano di investimenti è apparentemente più ambizioso perché ammonta a 16 miliardi, ma non sono risorse fresche. Erano somme già previste e stanziate su altri capitoli e con altre destinazioni. Il ministro dell´Economia avrebbe potuto (anzi dovuto) mobilitarle fin dallo scorso giugno, visto che aveva precocemente intuito che una crisi di enormi proporzioni stava arrivando. Ha perso cinque mesi preziosi e purtroppo ne dovranno passare a dir poco altri dodici prima che si aprano i cantieri e sia assunta la mano d´opera necessaria.
Naturalmente quest´avarizia nella spesa è motivata dalla necessità di stare nei limiti imposti dalle regole europee. Questo aspetto della questione merita d´essere approfondito.
Il deficit lasciato dal precedente governo Prodi era al di sotto del 2 per cento. A metà novembre, cioè prima della manovra approvata venerdì scorso ma dopo la Finanziaria 2009, il deficit viaggiava attorno al 3 per cento. Scontava infatti i tre miliardi dovuti all´abolizione dell´Ici, i tre miliardi derivanti dall´operazione Alitalia, l´aumento del fabbisogno derivante dai minori incassi tributari.
L´insieme di questi fenomeni hanno peggiorato i nostri conti pubblici per un punto di Pil e questa è la ragione della politica dei tagli voluta da Tremonti «per mettere in sicurezza il bilancio» come ha più volte ripetuto.
Se non fosse stata abolita l´Ici (che non ha prodotto nulla di positivo sul rilancio della domanda), se non fosse stata creata la nuova Alitalia tricolore e non si fosse abbassata la guardia sull´evasione fiscale, avremmo avuto oggi un punto di Pil, cioè 15 miliardi, da spendere per rivitalizzare i consumi e un altro mezzo punto di sforamento consentito da Bruxelles per chi ha i conti in sicurezza. In totale 22 miliardi. Vedi caso, è la stessa cifra chiesta da Epifani e dall´opposizione per determinare la svolta che non c´è stata e non poteva esservi. Tremonti ha ripetuto più volte che non fa miracoli e l´ha detto perfino Berlusconi che i miracoli è di solito convinto di poterli fare. Se il nostro ministro dell´Economia avesse in giugno avuto nei confronti del "premier" la stessa grinta dei giorni scorsi, se avesse bloccato l´Ici e l´Alitalia tricolore, se non avesse dato tregua all´evasione fiscale, oggi avrebbe avuto la possibilità di effettuare una politica keynesiana che viceversa è stata impossibile nelle condizioni date.
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Ho premesso che i singoli provvedimenti approvati venerdì scorso sono tutti da approvare. Quasi tutti. Confermo. Ho detto che alcuni sono politicamente preoccupanti. In particolare è preoccupante l´autorizzazione data alla Cassa Depositi e Prestiti di utilizzare il risparmio postale per operazioni bancarie vere e proprie, che rappresenta un´innovazione radicale e non prevista dallo statuto della Cassa e dalle leggi che ne regolano l´attività.
Il risparmio postale ammonta più o meno a centomila miliardi ed è destinato ad aumentare in futuro. Il suo impiego è di concedere mutui a basso tasso d´interesse agli enti locali per il finanziamento di opere pubbliche da essi deciso. I mutui hanno garanzia pubblica e pertanto il risparmio postale è pubblicamente garantito.
L´innovazione voluta da Tremonti non è da poco. D´ora in avanti la Cassa potrà effettuare direttamente e sotto la propria responsabilità finanziamenti ad infrastrutture «segnalate» da enti locali che non saranno però loro i debitori. La Cassa aprirà dunque una sua gestione speciale per un importo per ora limitato a 30 miliardi; le operazioni saranno controllate dal Tesoro e non passeranno per i canali usuali della pubblica amministrazione. Si tratterà insomma di finanziamenti bancari e quindi discrezionali decisi dagli organi dirigenti della Cassa sotto il controllo del Tesoro.
Tremonti voleva una banca del Sud? Adesso ce l´ha per tutt´Italia ed è una banca di grandi dimensioni. L´autorizzazione di venerdì scorso prelude alla riscrittura dello statuto della Cassa e alla «mainmise» sull´intera raccolta del risparmio postale. Si tratta di un´innovazione in linea coi tempi ma è preoccupante la potenza e la discrezionalità che viene in tal modo conferita ad un singolo ministro. Mi sorge il dubbio che vi sia l´ombra dell´incostituzionalità, in quanto la nuova norma è contenuta in un decreto-legge che, per quanto riguarda questo specifico provvedimento, non mi pare abbia le caratteristiche dell´urgenza prevista dalla Costituzione.
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Le cifre della manovra vera e propria sono le seguenti. Bonus per le famiglie (che sarà versato nel febbraio 2009) 2.400 milioni; aumento della Cassa integrazione 600 milioni; ancoraggio dei mutui immobiliari al tasso del 4 per cento per un costo di 600 milioni. Totale 3.600 milioni.
I provvedimenti di stimolo alle imprese e di detassazione ammontano complessivamente a circa due miliardi, sicché il totale generale della manovra è, come già si è detto, di cinque miliardi e mezzo.
Bene il bonus alle famiglie, bene il rafforzamento degli ammortizzatori sociali, bene l´Iva da pagare al momento dell´incasso, bene gli sconti sull´Ires e sull´Irap, bene il blocco delle tariffe ferroviarie in favore dei pendolari, bene aver annullato la detassazione degli straordinari (in tempi di recessione sono ben poche le aziende che ricorrono agli straordinari che comunque vanno contro la formazione di nuovi posti di lavoro. Finalmente il ministro dell´Economia l´ha capito).
Non va invece affatto bene non aver detassato i salari e le pensioni. Tremonti ha sempre parlato della necessità di evitare i benefici a pioggia e di concentrarli invece su pochissimi obiettivi, soprattutto in un periodo di scarsità. Invece ha fatto esattamente il contrario ed è per questo che la sua non è una manovra ma uno stillicidio di interventi disseminati in 36 articoli. Ne bastavano un paio o poco più. Bastava concentrare tutte le risorse disponibili sulla detassazione dei salari al di sotto d´una soglia di 30 mila euro di reddito.
Qui si apre un altro tema della massima importanza: i provvedimenti presi riusciranno a rimettere in moto la domanda? Perché esiste il concreto rischio che la pioggia dei benefici vada a risparmio e non a consumi.
Se si trattasse di benefici duraturi, strutturali, gli effetti sui consumi quasi certamente ci sarebbero. Si tratta invece di «una tantum» e quindi gli effetti desiderati è improbabile che si verifichino. Ma come fare a renderli duraturi con risorse così limitate? Ci sono tre possibili soluzioni a questo problema.
1. Tagliare gli sprechi e devolverli al sostegno duraturo dei salari, cioè ad una vera e propria redistribuzione del reddito. Ma i tagli sono stati già effettuati nella Finanziaria e con tutt´altra destinazione.
2. Tassare i redditi miliardari, le innumerevoli rendite esistenti, i redditi sommersi.
3. Puntare sulla crescita e sulle nuove risorse tributarie che essa determinerebbe.
Le soluzioni di cui ai numeri 2 e 3 non sono alternative e possono essere utilmente miscelate. Ma se non s´imbocca questa strada avremo soltanto provvedimenti «spot» di assistenza sociale e come tali con un pregevole significato etico, ma nessun effetto di rilancio sulle capacità produttive del Paese.
Aggiungo che l´insieme delle misure fin qui approvate penalizzano nettamente i salariati delle regioni settentrionali, nelle quali si concentra la parte maggiore del lavoro operaio. Si parla tanto di questione settentrionale ma non sembra che l´opinione nordista, prevalente nella maggioranza di centrodestra, si sia resa conto di quest´aspetto tutt´altro che marginale del decreto in questione. I benefici a pioggia sulle famiglie hanno tagliato fuori il lavoro dipendente che entra nel quadro solo tangenzialmente e marginalmente.
Per il lavoro autonomo ci sarà la revisione degli studi di settore e la detassazione avverrà in quel modo. Ma per il lavoro dipendente non è previsto nulla di specifico. Non si capisce in questo quadro che cosa abbiano ottenuto la Cisl e la Uil che hanno dato il loro accordo a questa pseudo-manovra. La detassazione dei miglioramenti salariali di secondo livello? Ed è per questi spiccioli che hanno rotto l´unità sindacale?
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Ci sarebbero parecchie altre osservazioni da fare sui 36 articoli del decreto. Faccio solo qualche esempio.
Esiste un fondo soprannominato Scajola, per dire infrastrutture emergenziali. Esiste un altro fondo soprannominato Sacconi, per dire provvedimenti aggiuntivi sul lavoro ove si rendessero necessari (e si renderanno sicuramente necessari) c´era, e sarà in parte riposizionato, un fondo per le aree sottosviluppate (Fas) di oltre 50 miliardi, dei quali 25 sono stati ricollocati da Tremonti per infrastrutture a tempo futuro.
Quest´abitudine di accumulare denari in fondi provvisori dai quali attingere a tempo opportuno può essere un accorgimento utile in casi eccezionali ma se diventa, come sta diventando, un uso corrente la conseguenza sarà quella di indebolire ancora di più di quanto già non sia il potere di controllo del Parlamento accrescendo la discrezionalità dell´Esecutivo.
Nessuna notizia sul tema dei "bond" e delle obbligazioni convertibili che le banche con patrimoni insufficienti dovrebbero emettere e il Tesoro sottoscrivere. Tutto rinviato. Meglio così, è un segno di solidità del nostro sistema bancario. Sembra però che Tesoro e banche stiano trattando un accordo sul credito alle piccole e medie imprese, quello che la Confindustria chiede con crescente insistenza ma di cui ancora non c´è preannuncio. Sembra che il governo vorrebbe affidare ai prefetti (!) la vigilanza sull´esecuzione dell´accordo in questione quando e se si farà. Se questa fosse la soluzione, avremo una politicizzazione del credito che neppure il fascismo riuscì ad imporre al sistema bancario. Capisco che siamo in tempi molto agitati, ma l´eccezionalità non giustifica lo stravolgimento dei mercati e della Costituzione materiale.
Post scriptum. La ciliegina su questa torta purtroppo assai sottile è rappresentata dal raddoppio dell´Iva, dal 10 al 20 per cento, sui contratti di Sky con i propri utenti. Si tratta di milioni di contratti e di un provvedimento che raschierebbe l´intero margine lordo di quell´impresa che opera sull´emittenza digitale.
Siamo in pieno conflitto di interessi. Un governo presieduto dal proprietario di Mediaset emana un decreto che mette fuori mercato un suo diretto concorrente.
La ministra Carfagna rispondendo in una trasmissione televisiva ad una domanda sulla proprietà di Mediaset, disse non a caso che «in queste questioni Berlusconi fa quello che gli pare». Aveva l´aria di approvarlo e non di biasimarlo ed è evidentemente così: fa quello che gli pare. In questo caso però la faccia ce la mettono Tremonti e l´intero Consiglio dei ministri, Carfagna compresa.
La decenza consiglierebbe di ritirarla subito questa sconcezza.