Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  novembre 30 Domenica calendario

La Federal Reserve si sta rivelando peggio del Banco di Napoli. L’istituto partenopeo, che continuò a battere moneta anche dopo l’Unità per oltre mezzo secolo, è considerato l’esempio di come non si debba esercitare il credito

La Federal Reserve si sta rivelando peggio del Banco di Napoli. L’istituto partenopeo, che continuò a battere moneta anche dopo l’Unità per oltre mezzo secolo, è considerato l’esempio di come non si debba esercitare il credito. L’ultimo gerente, Ferdinando Ventriglia, fu così generoso nell’affidare clienti senza garanzie e nell’assicurare ai dipendenti pensioni senza copertura, che perse la reputazione di banchiere e acquistò quella di gestore di clientele per conto dei padrini politici del Banco, desiderosi di consenso e pace sociale. Quella distorsione dell’attività creditizia durò a lungo, ma non all’infinito. Alla resa dei conti il Banco di Napoli venne rilevato da altri, e ora fa parte di Intesa Sanpaolo. Il cambio di proprietà fu reso possibile dalla Banca d’Italia che si accollò i prestiti tossici, perdendoci 4 miliardi di euro, senza nulla chiedere al Tesoro. Ebbene, che cosa sta accadendo nel sistema bancario che tutto il mondo, Italia compresa, ha cercato di copiare? Quel sistema è semplicemente fallito. Prima sono state le supponenti investment banks a pietire protezione. Adesso è Citicorp, colosso bancario universale, a invocare la garanzia pubblica sui suoi 306 miliardi di attivi. La banca, è vero, si impegna a sostenere i primi 29 miliardi di perdite, ma il Tesoro aggiunge 27 miliardi ai 25 già dati sottoscrivendo azioni Citi privilegiate e poi s’impegna a coprire i primi 5 miliardi di ulteriori perdite, l’ente statale di garanzia dei depositi si prenderà i successivi 10 e la Federal Reserve l’eventuale resto. E qui arriviamo alla Fed in salsa partenopea. Subito dopo Citi, infatti, la Fed annuncia che rileverà 200 miliardi di obbligazioni bancarie, che cartolarizzano crediti al consumo, e 600 miliardi di obbligazioni Fannie Mae, Freddie Mac e Ginnie Mae, che cartolarizzano mutui immobiliari. Benché la stampa e politica se la siano bevuta, bisognerà pur ricordare che il piano Paulson avrebbe dovuto sistemare i titoli tossici e che l’amministrazione controllata di Fannie e Freddie avrebbe dovuto porre in sicurezza il settore dei mutui. E invece, dopo nemmeno due mesi, non è più così. Peggio, la Fed riceve a garanzia sulle obbligazioni ex credito al consumo 20 miliardi dal piano Paulson. Che quindi non serve a comprare titoli tossici ma a garantire le perdite sugli acquisti di tali titoli da parte della Fed in ragione di 1 a 10. Siamo ai multipli: 29 miliardi Bear Stearns, 125 Aig, 200 le due Fannie e Freddie, 700 il piano Paulson, 300 Citi, 800 l’ultimo giro che inizia a usare a leva i precedenti. Acquisendo questa carta d’incerto valore, la Fed eleva le proprie attività da 2200 a 3 mila miliardi, mentre il suo capitale consolidato, 42 miliardi, è più o meno quello dell’agosto 2007 quando gli attivi, allora formati da titoli di Stato, erano 874 miliardi. La Fed si è finanziata facendo debiti con il Tesoro e le banche vigilate. Potrà continuare? E a fronte di tanto debito siamo sicuri che gli attivi siano meglio di quelli del Banco di Napoli e che il governatore Bernanke ce ne dia una rappresentazione più veritiera di quelle di don Ferdinando?