Gabriele Dossena, Corriere della Sera 30/11/2008, 30 novembre 2008
MILANO
Più tattica che risolutiva. La riunione di ieri dei Paesi Opec si è rivelata, come nelle premesse, un incontro interlocutorio, senza annunci di tagli immediati. Ma è servita ai delegati dei 12 Paesi del cartello per prendere e prendersi le misure: sull’andamento dei prezzi del greggio (precipitati del 63% dal record di luglio), sul persistere della crisi mondiale, sulle strategie da seguire (se assecondare il momento critico delle economie del globo oppure badare a far cassa) e, soprattutto, sull’effettivo rispetto delle quote all’export assegnate a ciascun Paese dell’organizzazione. Al di là delle dichiarazioni ufficiali (« stato trovato consenso unanime per un intervento significativo sulla produzione, che sarà deciso al prossimo vertice», ha detto il segretario dell’Opec Abdallah el-Badri), il confronto resta aperto su due fronti caldi: la soglia di prezzo su cui puntare e il rispetto delle decisioni prese. A questo proposito non è un caso se, come ha segnalato il Financial Times, ci sia così poca fiducia reciproca tra i Paesi del cartello petrolifero sull’osservanza delle rispettive quote di produzione, al punto che l’Opec ha deciso di avvalersi di una vera e propria rete di spie per controllare le esportazioni. C’è poi la questione dei prezzi. L’Arabia Saudita ha già fatto sapere che considera «equo» un prezzo di 75 dollari al barile. Ma i «falchi» (Libia, Nigeria e Venezuela) puntano su valori più alti, da raggiungere con tagli più consistenti. E poi c’è la Russia, sempre più disponibile a fare «cartello» con l’Opec (di cui non fa parte) e che, come ha dichiarato il leader del Cremlino Dmitri Medvedev, considera «un giusto corridoio tra gli 80 e i 100 dollari al barile». Tra l’altro Mosca ha già annunciato la presenza di un suo delegato al vertice di Onan, in Algeria, il 17 dicembre.
Il segretario
«Consenso unanime sulla riduzione» Il segretario dell’Opec, il libico Abdallah Salem el-Badri
Gabriele Dossena