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 2008  novembre 30 Domenica calendario

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

PECHINO – La crisi finanziaria lavora ai fianchi la Cina ma Pechino guarda in alto. Ci sono gli investimenti statali, mirati alle infrastrutture. E ci sono i progetti regionali, quelli privati, opere importanti progettate quando nessuno ancora immaginava i tempi burrascosi di oggi. Che proprio per questo, però, incorporano l’ottimismo che va trasmesso a una popolazione inquieta. A Shanghai ieri hanno preso il via i lavori per il grattacielo più alto della Cina. Si chiamerà Shanghai Center e sorgerà accanto alla Jin mao Tower e al World Financial Center, inaugurato in settembre: 632 metri in altezza per oltre 120 piani, la struttura nascerà con una forma ritorta che, stando ai «rendering », sembra avvitarsi nel cielo. Costo: oltre il miliardo e mezzo di euro, da spendere in tempi piuttosto brevi.
La parte sotterranea dovrà essere completata entro l’apertura dell’Expo del 2010. E nel 2014, a lavori ultimati, vi si sistemeranno spazi commerciali, uffici, un hotel a tante stelle, e l’osservatorio più alto del mondo. La coincidenza tra l’annuncio della torre e la crisi farà sorridere gli adepti di Andrew Lawrence, l’analista finanziario che nel 1999 lanciò l’apparentemente bizzarro «indice dei grattacieli» mettendo in relazione fasi catastrofiche dell’economia con la frenesia edificatoria in direzione del cielo. La New York del 1930, la Chicago del 1974, la Kuala Lumpur del 1997: sono tanti, troppi i casi in cui i cicli dell’economia trovano una rispondenza nelle avventure estreme dell’architettura in verticale. Nel dubbio, la Cina adesso si espande anche in orizzontale. Oltre a quello per gli aeroporti, da potenziare e moltiplicare, c’è un piano, fresco d’annuncio, per le ferrovie. Creerebbe 6 milioni di posti di lavoro. Preventivi anche qui adeguati all’enormità delle ambizioni: per portare la rete dai 79 mila km di oggi a 95 mila tra due anni e a 120 mila nel 2020 occorreranno 730 miliardi di dollari.
Lo slancio per riattivare il mercato interno ha una sponda cruciale a livello regionale. Shanghai spera che ora cada l’opposizione popolare che ha fatto sospendere il prolungamento della linea superveloce Meglev. Più a sud, invece, un’alleanza fra Hong Kong, Macao e la provincia del Guangdong sembra voler forzare la mano di Pechino: le tre amministrazioni lanceranno domani il bando per le società interessate a costruire un mega-ponte, senza aspettare il via libera delle autorità centrali. La struttura collegherà gli ex possedimenti britannico e portoghese e la città di Zhuhai, una trentina di chilometri, 5 miliardi e mezzo di dollari con un consorzio di 34 banche interessato a contribuire per il 58%. Dopo circa 40 studi di fattibilità, si vuole avviare la costruzione l’anno prossimo. C’è fame di posti di lavoro e l’ottimismo dei cantonesi si affida al cemento spericolato.
Marco Del Corona