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 2008  novembre 29 Sabato calendario

DOMENICO QUIRICO

CORRISPONDENTE DA PARIGI
In prigione a dodici anni: in Francia succederà. La domanda è antica, e formicola di dubbi da far tremare i polsi: a quale età un bambino diventa penalmente responsabile dei suoi atti? Con la terribile aggiunta: e quindi può finire in prigione? Gli psichiatri sono d’accordo su una cosa soltanto, che non esiste un criterio oggettivo per stabilirla, quella età della colpa. Insomma tutto varia da un soggetto all’altro, in relazione alla maturità, alla educazione, alle condizioni di vita. Ci sono Paesi che hanno voluto essere precocissimi e spietati, sette otto anni; altri che hanno preferito tenere i numeri più larghi, quindici o sedici anni. Nella maggior parte dei paesi europei il limite è fissato a quattordici anni.
In Francia, con empirismo di cui a futura memoria bisognerà render omaggio ai prudenti legislatori del 1945, si preferì lasciar decidere alla discrezionalità suprema del giudice. Sullo sfondo ha sempre imperato, per fortuna, intangibile il principio che per questa categoria specialissima di delinquenti la educazione dovesse aver sempre il primato sulla repressione. E su questo anche i più forsennati forcaioli d’oltralpe si azzittivano alzando bandiera bianca.
In sessanta anni la «ordinanza sulla infanzia delinquente» non ha cessato di sollevare comunque polveroni giuridici e non, visto che la Quarta e la Quinta Repubblica ci hanno messo mano, e spesso ruvidamente, una quarantina di volte. Ma questo principio, che la galera, almeno quella, ai bambini fosse il giudice e con mano delicatissima a soppesarla, il legislatore aveva tenuto a lasciarlo intatto e a gloriarsene. Destro o sinistro che fosse.
Fino a quando all’Eliseo non è salito Nicolas Sarkozy. Perché al teppista giovanile, al precoce frequentatore delle panchine dei commissariati il presidente fin da quando si faceva le ossa come ministro degli Interni ha sempre dedicato una attenzione specialissima. Individuando in quei soggetti selvatici la fanteria della racaille che assi lo disturba. E i casi di adolescenti che avevano già cumulato rilevanti carriere penali e che ogni volta uscivano dalle mani del giudice senza danni hanno sempre infervorato i suoi discorsi alla Francia che aveva paura e invocava sicurezza.
Così tra i primi provvedimenti ha affidato a una commissione parlamentare guidata da un docente universitario, André Varinard, il compito di tracciare un nuovo codice penale dei minori. Con un filo conduttore imperativo, basta con la tolleranze, i rinvii a improbabili ravvedimenti, semmai mano ferma e condanna rapida, da eseguire. Il rapporto della Commissione che sarà reso noto mercoledì prossimo renderà il presidente soddisfatto. Una misura colpisce: la responsabilità penale e il triste privilegio di finire in galera sono fissati appunto a dodici anni.
Sembra già una scelta severa se il fatto che avvocati e poliziotti che fanno parte della Commissione non avessero vigorosamente invocato addirittura i dieci anni non convertisse a sollievi da scampato pericolo. Delle deroghe sono comunque previste, in caso di reati particolarmente gravi o per le necessità delle indagini. Le polemiche si spera non mancheranno.
Il guardasigilli, la contestatissima Rachida Dati, già comincia a rintuzzare i critici, i molli, i disposti alla clemenza: «Attenti a non minimizzare i reati dei minori, siamo di fronte a cosucce come rapine e sequestri. Ci sono 200 mila minori in questa condizione di cui 680 incarcerati per fatti criminali. Già perché in Francia la legislazione risale al 1945, ma la delinquenza nel frattempo è cambiata, le pene devono essere corrispondente alla delinquenza del 2008». Così filosofava anche il candidato Sarkozy.
Per fortuna la maggiore età penale, ovvero quella che comporta pene eguali a quelle degli adulti, è confermata a 18 anni. Ma c’è un ma: salvo il caso che si tratti di recidivi. Quindi anche i sedicenni potrebbero essere giudicati da magistrati non minorili e con pene pari a quelle degli adulti. Mentre ora sono per legge diminuite della metà. Viene confermata ai tribunali per i minori la doppia competenza civile e penale ma con uan sfumatura linguistica in cui c’è tutto lo spirito della nuova legislazione. Non si chiameranno più «giudici dei bambini» come ora: per sottolineare che gli adolescenti ormai non sono più considerati tali.

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