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 2008  novembre 29 Sabato calendario

Nei giorni in cui l´Italia festeggia Luxuria e l´Isola dei famosi con le sue vistose gioie, i bisticci, i folklorici sogni di successo, l´Europa acclama un attore italiano che con rigore, talento, semplicità regala emozioni e bellezza

Nei giorni in cui l´Italia festeggia Luxuria e l´Isola dei famosi con le sue vistose gioie, i bisticci, i folklorici sogni di successo, l´Europa acclama un attore italiano che con rigore, talento, semplicità regala emozioni e bellezza. A Bucarest, a Berlino nel leggendario Berliner Ensemble di Brecht dove è stato con la divertente Trilogia della villeggiatura di Goldoni, a Parigi dove ha trionfato recitando in francese Goldoni (i Mémoires) e sullo schermo nel bel film Il Divo, al suo esordio oltralpe, Toni Servillo è applaudito come l´attore e regista teatrale italiano di culto, come il protagonista assoluto della nostra stagione: un David di Donatello con La ragazza del lago di Molaioli, gli applausi alla Trilogia firmata con il Piccolo Teatro che presto sarà a Mosca, poi a San Pietroburgo, poi Parigi e a luglio a New York, al Lincoln Center insieme a una retrospettiva del suo cinema. Per non parlare del trionfo personale con Il Divo e Gomorra, premiati a Cannes e in corsa per l´Oscar (il film di Garrone). Ora i suoi fan fanno gli scongiuri perché, il 6 dicembre a Copenaghen, una delle due meravigliose interpretazioni, l´ambiguo Giulio o lo sfacciato affarista in monnezza di Gomorra, potrebbero dargli l´Oscar europeo come miglior attore, gli Efa della European Film Academy: la folta giuria del premio con membri di tutti i paesi sta ancora calcolando i voti e per ora si sa solo che quelli dei giurati italiani, curiosamente, tardano ad arrivare. Vada come vada, non era mai accaduto in tempi recenti che un attore italiano venisse celebrato nella completezza del suo lavoro, di attore e di regista, al cinema e a teatro. Di una tale gloria, Toni Servillo, che è nato non lontano dai luoghi di Gomorra, ad Afragola, ha 49 anni, e sente ancora la necessità di vivere a Napoli, stare in famiglia, accompagnare la mattina i figli a scuola, dà un giudizio semplice, diretto, incoraggiante. « la raccolta di una semina di anni quella che ha visto Il Divo e Gomorra esplodere in tutta Europa. Dietro il successo di Paolo Sorrentino, Matteo Garrone e mio c´è l´impegno e la determinazione di un lavoro durato nel tempo. Lo stesso vale per il teatro. Con il gruppo di compagni di Teatri Uniti abbiamo dato vita a una factory che da anni ha costruito un suo percorso artistico indipendente nel teatro e nel cinema e che dopo cinque anni di costante presenza al Piccolo Teatro di Milano, ha portato prima alla produzione della Trilogia poi alla tournée internazionale». Ma prova anche un po´ di emozione per questo splendido momento? «Certo. Pur avendo una fifa blu degli aerei prenderò, e non so nemmeno in che stato, un volo andata e ritorno da San Pietroburgo dove recito la Trilogia per essere a Copenaghen la serata degli Efa. Emozionato sì, ma penso anche che di fronte a una cosa astratta come il successo ci voglia equilibrio». Che vuol dire? «Che mi piacerebbe far capire che l´attore è un uomo che lavora, possibilmente con onestà e serietà non uno che sta ad aspettare l´occasione per avere successo. Non sopporto quei falsi maestri, i corruttori di gioventù, che danno un´immagine del nostro lavoro come esibizionismo, vanità, carriera, successo». Si riferisce a trasmissioni tipo Amici? «Non mi faccia prendere querele. Personalmente posso dire che se sono nel cast di Gomorra e Il Divo non è perché cercavo il successo ma perché non ho voluto essere in altri film». Cosa le ha fatto scegliere proprio questi film? «Il fatto che raccontano la complessità del nostro paese a differenza di tanti altri lavori che tendono a semplificarne la realtà e di averlo fatto con due registi che in modo diverso sanno raccontare questa complessità con un linguaggio originale, non riduttivo». Anche lei come Nanni Moretti pensa che siano la rinascita del cinema italiano? «Penso soprattutto che, visti i risultati al botteghino, incoraggiano i produttori a dare fiducia al cinema italiano, a considerarlo non solo come qualcosa che annoia». Qualcuno del governo dice che i due film portano in giro una immagine cupa, ansiogena del paese. «Querelle tediosa. Il cinema neorealista non raccontava il paese in un suo momento di passaggio tragico? Eppure ha contribuito a far riflettere noi e non soltanto noi. Certi temi scottanti è importante che siano vissuti nella loro importanza tragica. In un paese votato alla farsa tragica come il nostro fare lavori che mantengano alto un contenuto serio, è difficile. In fondo, non parla del nostro paese anche Goldoni? Questi borghesi della Trilogia non ci raccontano forse la borghesia italiana che, allo slancio di una progettualità futura, preferisce ristagnare nelle secche dell´abitudine?». Secondo lei anche il teatro sa parlare della realtà? «Assolutamente. Quando ero ragazzino scoprii il teatro guardando Eduardo in tv. Vedevo quel mondo di bislacchi, vecchi irosi, zitelle nervose, padri e madri in conflitto. Poi mi giravo e mi accorgevo che ce li avevo lì, alle mie spalle. E godevo. Perché questa felice confusione tra mondo reale e mondo rappresentato ti aiuta a capire di più quello che hai intorno».