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 2008  novembre 29 Sabato calendario

Martedì prossimo Telecom Italia (TI) vara il piano, l´ennesimo, per tentare di risollevare le sorti del titolo che, dall´Opa di Colaninno, si è svalutato del 61% rispetto all´indice europeo di settore: - 8% con Bell; -33% con Pirelli; -36% con Telco

Martedì prossimo Telecom Italia (TI) vara il piano, l´ennesimo, per tentare di risollevare le sorti del titolo che, dall´Opa di Colaninno, si è svalutato del 61% rispetto all´indice europeo di settore: - 8% con Bell; -33% con Pirelli; -36% con Telco. Il morbo di TI non è tanto oscuro: in tutti questi anni, la priorità data al controllo, e l´esigenza di perpetuarlo, hanno minato la struttura finanziaria e pregiudicato le scelte di gestione. Così, oltre ai 36 miliardi di debiti, anche il cash flow operativo si contrae stabilmente dal 2004. TI è una società troppo concentrata in Italia (75% dei ricavi), uno dei paesi che cresce di meno. Quasi tutti gli investimenti all´estero sono stati smantellati per far cassa. Per le maggiori compagnie europee, invece, il mercato nazionale è ormai minoritario. In Italia, TI genera un terzo dei ricavi con la telefonia fissa, destinata all´estinzione: ma punta ancora sull´aumento del canone, il miglior argomento usato dalla concorrenza per sottrarle clienti. Nel mobile, beneficia di un sistema tariffario pensato per sussidiare la costruzione delle reti, ormai ammortizzate. E pensa che la televisione possa trainare la banda larga, nonostante l´offerta di tv commerciale più ampia che ci sia, e 7 milioni di abbonamenti tra satellite e digitale terrestre. Tutto questo a scapito di opportunità trascurate: i servizi alle imprese, diventati la principale fonte di ricavi per British Telecom; o l´assistenza ai clienti, come sa chiunque sia alle prese con la via crucis del cambio di Adsl. La situazione finanziaria richiederebbe misure drastiche: ridurre il costo del lavoro (solo 3,4% la crescita media dei ricavi per dipendente); cedere i rami secchi (Olivetti, TI Media); azzerare il dividendo (1,6 miliardi nel 2007), e magari convertire le azioni di risparmio, a pagamento, visto lo sconto raggiunto in Borsa (38%). Aggiungendo i 5,6 miliardi di liquidità, TI avrebbe le risorse per rimborsare il debito in scadenza fino a fine 2009. Si parla invece di vendere Tim Brasil: darebbe una spinta al titolo, ma per poco, perché peggiorerebbe le prospettive di crescita. Altro miraggio, la rete di nuova generazione, dai costi mirabolanti: quasi 11 miliardi, secondo Bernabè, che però non spiega con il ricavato di quali servizi, venduti a chi, e a che prezzo, riuscirà ad ottenere le risorse per remunerare il capitale necessario all´investimento. Oggi, solo 8% dei ricavi domestici di TI viene da internet . La bassa penetrazione della banda larga in Italia non è dovuta alla velocità della rete, ma alla scarsa diffusione dei Pc, all´analfabetismo informatico di molti italiani, e all´offerta inadeguata di servizi on line. Una connessione a 100 Mega serve poco a chi il computer non lo usa. L´estensione della banda larga nei piccoli centri, poi, è un servizio pubblico locale: spetta dunque alle regioni finanziarlo. Il mito della grande rete ravviva la voglia di "piano Rovati": la rete è conferita in una società parapubblica, conti tanti debiti e dipendenti in dote; la redditività non è più un vincolo; la fame di infrastrutture è saziata; il controllo italiano è assicurato; creditori e sindacati tirano un sospiro di sollievo; e Telecom resta priva di prospettive. Dovrebbero essere tutte le controparti private a decidere gli investimenti. L´alternativa è un approccio di mercato alla regolamentazione, già utilizzato con successo altrove in altri settori. Telecom promuove con i concorrenti, i principali fornitori di servizi (come i media) e gli utenti (imprese, associazioni di consumatori, pubblica amministrazione), tramite negoziato, una proposta di accordo sugli investimenti che, evitando duplicazioni, abbiano un ritorno economico, sulla base di costi di accesso alla rete e prezzi finali di vendita condivisi. Se si trova un accordo, l´Autorità lo ratifica. Si può guarire il male oscuro di Telecom. A patto però di ignorare i condizionamenti della politica e l´ossessione per il controllo.