Aldo Fontanarosa, la Repubblica 29/11/2008, 29 novembre 2008
Prendono l´aereo con fastidiosa disinvoltura, la mattina qui, il pomeriggio a New York. Viaggiano in business o con la low cost, sono turisti laici, veloci, globalizzati
Prendono l´aereo con fastidiosa disinvoltura, la mattina qui, il pomeriggio a New York. Viaggiano in business o con la low cost, sono turisti laici, veloci, globalizzati. Anche i germi e i virus vivono la loro modernità, cambiano paese rapidi, diffondono influenze, sono promiscui e nomadi. Nel XII secolo la peste bubbonica ci mise tre anni per arrivare dal sud Italia all´Inghilterra, adesso basta un e-ticket per spedire un bacillo da Singapore a Parigi. Nell´era dei traffici e degli scambi, comunicare malattie è molto più facile. Tanto che oggi ci sono agenzie governative specializzate sull´argomento e la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità emette linee guida e le aggiorna di continuo per affrontare eventuali rischi contagio. Raffreddori e febbre, per lo più. Acciacchi casalinghi. Ma nel 2003, anno infausto per la Sars, ventidue persone se ne ammalarono per "colpa" di un solo passeggero che se la portava in corpo senza saperlo. Su un volo Pechino-Hong Kong, il virus fu esportato in appena tre ore. Secoli di medicina, chilometri, culture, politiche, annullate da un decollo-atterraggio assai fast. Germi trasvolatori. Untori tecnologici. Si accomodano sulle poltrone, nei filtri d´aria, nel tè. Compagni di ventura e anche sventura, così assidui e resistenti, invisibili eppure prepotenti: troppa confidenza, una distrazione, ed eccoli lì pronti a far valere le proprie ragioni. Eppure basterebbe poco: lavarsi le mani, lavarle ancora, lavarle un´altra volta. Con l´acqua, anche perché la salviettina, almeno in economy, chi la fornisce più. il mantra del professor Mark Gendreau, Lahey Clinic nel Massachusetts, che ai germi viaggiatori ha dedicato vari studi. Insiste su un punto il ricercatore delle malattie d´aviazione, dei contagi itineranti, delle epidemie melting pot: igiene, banale igiene. Occhio ai corrimano in aeroporto, alle sale d´attesa, ai gabinetti. Specie in questi giorni freddi, quando il naso comincia a intasarsi e gli scali pure, ci passano in migliaia durante una qualsiasi giornata: e allora mani sotto l´acqua dopo il contatto, e il più del pericolo scivola via. Il mondo è grande ma anche parecchio ristretto. Mai trascurare i sei gradi di separazione, che si accorciano con il miliardo di persone che salgono su un aereo ogni anno (il cinque per cento da Paesi in via di sviluppo). Nella rete aerea, nel circuito fitto di intrecci, nelle trame e negli snodi dei transiti, un nodo si può inceppare, un filo sfilare. E allora eccolo lì, il danno pronto ad agire: nel riciclo dell´aria dell´abitacolo, per contatto o ingestione, qualche infezione può transitare. «Ma non ci sono evidenze di contagio così elevate» rassicura Pietro Caramello, direttore della Divisione A di Malattie infettive dell´ospedale Amedeo Savoia di Torino. «Ci sono rischi di trasmissione, come in qualsiasi situazione di affollamento, ad esempio in ufficio. Anche nel caso della tubercolosi, che è la patologia più osservata, non si sono registrati contagi da persona a persona. L´aereo facilita piuttosto lo spostamento rapido del virus da un capo all´altro del mondo». Il riciclo d´aria in quota è in genere ottimo, i filtri vengono sostituiti e l´acqua è potabile. Come un mondo curato bene e usato meglio, sebbene per aria. Vale anche per la "società jet lag" il consiglio della nonna, alla fine: starnutire nel fazzoletto. Pure con il teletrasporto, e comunque a qualsiasi latitudine, è educato e sano.