Sergio Romano, Corriere della Sera 29/11/2008, 29 novembre 2008
Vorrei saperne di più sull’argomento storico toccato dal Papa: la carestia e l’eccidio in Ucraina provocati da Stalin; e stamattina ho aperto ansioso il Corriere
Vorrei saperne di più sull’argomento storico toccato dal Papa: la carestia e l’eccidio in Ucraina provocati da Stalin; e stamattina ho aperto ansioso il Corriere. Mi è parso strano non trovare neppure la notizia del discorso. Non si vuole infierire sulla nostra sinistra? Vittorio Vida Pordenone Caro Vida, er i lettori che non hanno letto l’Osservatore P Romano le parole del papa sull’Ucraina, pronunciate in occasione dell’Angelus di domenica 23 novembre, sono queste: «Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini ucraini, cari fratelli e sorelle, in questi giorni ricorre il 75˚ anniversario dell’Holodomor la "grande carestia" - che negli anni 1932-1933 ha causato milioni di morti in Ucraina e in altre regioni dell’Unione Sovietica durante il regime comunista. Nell’auspicare vivamente che nessun ordinamento politico possa più, in nome di una ideologia, negare i diritti della persona umana e la sua libertà e dignità, assicuro la mia preghiera per tutte le vittime innocenti di quella immane tragedia, e invoco la santa Madre di Dio perché aiuti le Nazioni a procedere sulle vie della riconciliazione e costruire il presente e il futuro nel rispetto reciproco e nella ricerca sincera della pace. Sia lodato Gesù Cristo!». A lei e ad altri lettori che mi hanno scritto sullo stesso argomento ricordo anzitutto che la grande carestia ucraina è una delle tragedie più note del periodo sovietico. Se vorrà approfondire l’argomento, caro Vida, scoprirà che la vicenda è stata lungamente descritta in molte storie del-l’Urss e del terrore staliniano, da quella di Nicholas Riasanovsky (Bompiani), a «Raccolto di dolore» di Robert Conquest (Edizioni Liberal) sino a «L’Urss di Lenin e Stalin» di Andrea Graziosi, apparso l’anno scorso presso il Mulino. Fra i primi ad accorgersi della vastità del dramma che si stava consumando in Ucraina e in Bielorussa furono i diplomatici italiani a Mosca e il console Sergio Gradenigo, capo dell’ufficio consolare di Charkhov. Durante una lunga ricerca negli archivi della Farnesina, Andrea Graziosi trovò, insieme ai rapporti diplomatici e consolari, alcuni campioni di pane giunti a Roma che dimostravano meglio di qualsiasi documento quali fossero le condizioni della popolazione negli ultimi mesi del 1932. Erano un impasto di cortecce di betulla, crusca e licheni, il solo cibo, insieme alla carne dei defunti (i casi di cannibalismo furono numerosi) con cui i contadini ucraini cercarono di sopravvivere alla drammatica carestia di quell’inverno. Graziosi pubblicò il risultato delle sue ricerche nel 1991 in un libro dell’editore Einaudi intitolato «Lettere da Charkov. La carestia in Ucraina e nel Caucaso del nord nei rapporti diplomatici 1932-1933». Il dramma era cominciato nel 1929 quando Stalin decise la collettivizzazione della terra e dichiarò guerra ai piccoli proprietari terrieri. Dieci milioni di persone vennero cacciate dalla loro case, imprigionate, fucilate o costrette a camminare per decine di chilometri sino ai treni che le avrebbero trasportate al di là degli Urali. Eliminati i kulaki, il regime passò alla creazione di nuove aziende agricole – i kolchozi e i sovchozi ”, ma si scontrò con una tenace resistenza che durò sino al 1933. Vinse soprattutto grazie alla carestia del 1932-1933. I contadini vagavano per il Paese alla ricerca di un pezzo di pane, le città si riempivano di mendicanti, i militanti del partito raccoglievano i morti nelle strade durante la notte e facevano razzie d’immigranti durante il giorno per ricacciarli nelle campagne. Riapparvero, come negli anni della guerra civile, i besprizornye, i bambini senza genitori e senza casa che assaltavano treni, saccheggiavano negozi e rapinavano la gente per la strada. Riapparvero i banditi del Caucaso. Riapparvero il cannibalismo del comunismo di guerra, le epidemie, le intossicazioni collettive per cibo guasto, le feroci vendette anti-bolsceviche dei contadini affamati, le repressioni poliziesche. Questa tragica vicenda è ormai nota agli storici. Più recente invece è l’insistenza con cui l’Ucraina e soprattutto il suo presidente, Viktor Jushenko, hanno fatto della grande carestia la pietra di fondazione dello Stato nato dalla disintegrazione del-l’Urss. Sta accadendo in Ucraina, per molti aspetti, ciò che accadde quando la memoria della Shoa divenne il titolo di legittimità dello Stato d’Israele. La realtà è quella che ho cercato di descrivere, ma lo scopo della frequenza con cui il tema viene oggi evocato è quello di creare un nuovo nazionalismo ucraino, fare della Russia un nemico e costringerla a chiedere perdono per le sue colpe: una richiesta che non contribuisce al miglioramento dei rapporti fra i due Paesi.