Stella Pende, Panorama, 4/12/2008, 4 dicembre 2008
STELLA PENDE PER PANORAMA, 4/12/2008
Rachida più forte del gossip Francia Le sue fortune politiche paiono finite, la caccia al padre della sua bimba impazza, però lei non se ne cura, pensa solo al parto. Storia di una dea coraggiosa.
Alla mairie, il municipio del settimo arrondissement, la caduta della dea Rachida Dati non si respira affatto. Anzi, «è sempre più bella, più guerriera e la sua pancia rotonda ce la fa amare come una figlia» dice Vincent con i baffi rossi all’entrata degli uffici, sotto l’orologione che, secondo molti francesi, starebbe per scoccare le ultime ore di questa indomabile favorita di Nicolas Sarkozy. Strano, in Francia si parla con la stessa intensità della fine politica del ministro della Giustizia come del principio della sua nuova vita. Cioè della nascita di suo figlio. «I due giochi preferiti dai francesi oggi? La caccia grossa a Rachida e nello stesso tempo il ”cherchez le père”» dice una famosa pittrice che definisce mademoiselle Dati un errore di casting di Sarkò. Bassezze a parte, oggi, questa pasionaria con gli occhi tristi e il sorriso di plexiglas (lo ha detto l’arguto Jean-Marie Rouart) occupa, anzi invade, qualunque copertina di giornale, ma anche i sogni dei francesi qualunque. «Questa Barbie marocchina è così abile nelle scalate da aver rapinato la vetrina perfino al suo maestro, Sarkozy» racconta Valérie, giornalista. «Molti non glielo perdonano. Soprattutto lui». La pozione avvelenata per il ministro della Giustizia la stanno preparando in questi giorni i giudici francesi. Esattamente 534 tra loro hanno firmato il 14 novembre una lettera per accusare di incoerenza le politiche penali. Le colpe di Dati? «Vorrebbe caporalizzare la giustizia» dicono i magistrati. Ma Emmanuelle Perreux, presidente del sindacato della magistratura, è più diretta: «I giudici non ne possono più di fare il mezzo servizio in un ministero che decide secondo una strategia demagogica basata solo sulla comunicazione». Non basta: «In prigione dovrebbe evitare abiti che un’agente di custodia impiegherebbe un anno a comprarsi» avrebbe detto la vecchia guardasigilli Marylise Lebranchu. E la ciliegina sulla torta: «Che la smetta di visitare prigioni come si salgono i gradini al Festival di Cannes».La verità è che nessuna rivoluzione è celebrata con una messa. Figuriamoci quella della magistratura francese, polverosa, densa di arcaismi e di baronie. E soprattutto non viene perdonata a Rachida, marocchina, femmina e detentrice del pericoloso privilegio di incarnare insieme la diversità e la Francia moderna. Ma Rachida rivoluziona: la legge sulla carcerazione dei minorenni, quella sui recidivi, infine il riordino dei tribunali. «Non vuoi manifestazioni? Semplice, basta non fare niente» ha detto. Ma Rachida fa. L’ultimo colpo l’ha assestato dopo il suicidio di un minorenne nel carcere di Metz-Queuleu, dove il giudice che aveva arrestato il ragazzo è stato interrogato, non proprio con delicatezza, fino all’una di notte. L’impulsività è una fiamma che ha accompagnato Dati fin da piccola, quando, seconda dei 12 figli dell’operaio marocchino Mbark, si è costruita il suo destino contro la povertà. Per studiare ha fatto la commessa di supermarket, la benzinaia e la venditrice di salsicce. Fino alla laurea in economia. Ha rispettato la sua famiglia, ma anche la libertà. Quando i suoi, musulmani e conservatori, le hanno scelto un marito algerino, aveva 27 anni. Ma durante la cerimonia la sua risposta «Lo voglio» è stata così sussurrata da permetterle, poco dopo, di annullare il matrimonio per mancanza di consenso. Rachida non ha paura. Sembra forgiata dalla rabbia del suo padrino politico. «C’è qualcosa in me che ripete la sua eco. Come uno specchio» ha detto commossa. Peccato che in quest’emergenza giustizia sia stato proprio Sarkò a fare il pompiere con i magistrati. Li ha ricevuti e ha passato le patate bollenti (l’indagine Clearstream e tutti i dossier finanziario-giudiziari) all’uomo considerato oggi il più vicino alla presidenza e il più lontano dalla detronizzata Dati: Patrick Ouart, consigliere per la giustizia dell’Eliseo che, nel prossimo rimpasto, potrebbe fare le scarpe al ministro in disgrazia. Del resto non sono pochi quelli che aspettano Rachida sulla riva del fiume. A partire dal suo ex capo di gabinetto, Michel Dobkine, licenziato in tronco e seguito a ruota da 11 bravi apostoli trattati dal ministro come Giuda. E poi troppe copertine, troppe paillette, troppe voci. Fu così che pochi giorni fa l’infallibile Pierre Charon, già regista dell’immagine della sposa di Francia Carla Bruni, è stato incaricato di«depeoplezzare» Dati. Cioè di spogliarla dei suoi vestiti di Dior, asciugarla dell’essenza di Yves Saint Laurent e toglierla dalle copertine di Paris Match. Di darle autorevolezza insomma, condita con basso profilo. Agli ordini. Tanto che Le Figaro ha fatto sparire da una bella foto di Rachida un anello di diamanti troppo vistoso per il momento. Così il ministro, disertato il principesco bar dell’hotel Ritz, si aggira con pullover neri da carmelitana scalza, mentre qualcuno ha segato i giraffeschi tacchi delle sue scarpe. Si dice che dietro la disgrazia della pasionaria di place Vendôme ci sia lo zampino di Carla Bruni. Prima di lei Rachida e Cécilia, ex sposa dell’impetuoso Sarkozy, erano una cosa sola. Cécilia la chiamava «la mia sorellina amata». «Poi è arrivato l’autunno 2007» racconta un ministro importante e per questo senza nome «Cécilia è evaporata e Sarkò, scapolo, la teneva al suo braccio come una first lady: alla Casa Bianca, in Algeria, a Washington. Rachida agli angeli. La favorita amava sentirsi molto Jackie Kennedy, ma nei momenti migliori un filo anche lady Diana». Facevano perfino jogging insieme lei e il suo Nicolas. Che tenerezza. Finché all’Eliseo non è atterrato l’airone Carlà. «Ti piacerebbe passare da quel letto al mio posto» è stato il benvenuto della signorina Bruni a una Rachida impietrita davanti alla camera da letto presidenziale. A niente è servito tenere le distanze dall’amata sorella Cécilia, ufficialmente dichiarata con l’assenza di Rachida al matrimonio della figlia Jeanne Marie Martin. Invano. Quest’anno non è stata invitata con «loro» a Cap Nègre. Non è più nella lista degli invitati nei viaggi presidenziali. fuori dal G7. Lei ripete che è sempre nel cuore del presidente, che non può certo elencare quante volte cena con lui. Qualcosa si è veramente rotto tra Sarkò e la sua préferée? O questo politico infrangibile recita il distacco per poterle salvare la poltrona? Anche se l’emblema è diventato un problema, la pasionaria resta giustamente l’icona di una destra giovane e senza pregiudizi, amata dai francesi come pochi (il sesto ministro preferito nei sondaggi), un simbolo e un caso. «Fregatene, Rachida, hai già segnato la storia» ha detto lo scrittore Erik Orsenna. E Jacques Attali, che nel 1993 l’ha voluta con lui a Londra nella Banca per la ricostruzione dei paesi dell’Est, mi dice più che arrabbiato: «Tutte balle, ha ancora moltissimi amici e se qualcuno le spara addosso va a suo onore. Rachida fa paura: è una ministra coraggiosa nel pantano dei vili». Dulcis in fundo Nathalie Kosciusko, nuova amica del cuore: «Dovremmo tutti vivere il percorso di Rachida come un segno di speranza. Invece c’è una violenza contro di lei che ci riporta a Léon Blum». Violenza che si tocca soprattutto sulla caccia al padre della nascitura figlia. Perché sarà una bambina. Il totopapà rimbalza nei salotti della politica e corre nei rivoli della mondanità. Il gioco della torre è arrivato alla fine. José María Aznar ha smentito. Jacques Essebag, star televisiva, no, ma quasi. Henri Proglio, business man di ferro, non si è pronunciato. Dominique Desseigne, tycoon del casinò, scartato. Oggi i pettegolezzi hanno tirato fuori dal cilindro il fratello di Sarkò. Intanto Rachida aspetta: «Sarà il più bel giorno della vita». Nessun ministro del mondo avrebbe il suo coraggio.