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 2008  novembre 28 Venerdì calendario

GENNARO MALGERI PER LIBERO DI VENERDI’ 28 NOVEMBRE


E se la Lega dovesse fagocitare il PdL o, quantomeno, ridimensionarlo sottraendogli consensi? Bel problema per Berlusconi e il suo nascente partito. Se ciò dovesse accadere, come segnalano molti indicatori, superficialmente sottovalutati negli ultimi mesi di colonnelli del Cavaliere, la ”svolta” sarebbe veramente epocale. Certo, il Carroccio non potrebbe mai avere al Sud i voti del PdL, ma al Nord e in alcune regioni del Centro, secondo i sondaggi, dovrebbe sopravanzarlo non di poco nelle prossime amministrative. E si sa che i consensi non si contano solo, ma si pesano. E quelli ottenuti nelle aree più produttive e culturalmente più dinamiche del Paese fanno la differenza.

Accade dunque che, a conti fatti, la Lega, al momento, da molti sondaggisti, ed in particolare dalla Swg, è accreditata di un 11% a livello nazionale. In Veneto e Lombardia dilaga, tanto che in molti centri le viene attribuita la maggioranza assoluta.

Più o meno la stessa tendenza si manifesta in Piemonte e nel Friuli Venezia-Giulia, mentre in regioni tradizionalmente di sinistra come Toscana, Umbria e Marche il partito di Bossi raddoppierebbe i consensi. Del resto il segnale venuto dal Trentino non è di poco conto: il PdL è andato sotto e sugli scudi si è inopinatamente trovata la Lega. Se a tutto ciò si aggiunge la fascinazione di molti sindaci nordisti di sinistra per le politiche leghiste, quasi abbracciate fino a sposare un federalismo avanzato al punto da sconfinare nel secessionismo, il quadro comincia a essere chiaro. La Lega, insomma, è la protagonista politica di questa stagione, mentre il PdL procede a tentoni verso la sua trasformazione.

Di questa debolezza il Carroccio è quasi ”costretto” ad approfittare. Se non ci fosse, i consensi al centrodestra prenderebbero altre strade. Gli elettori di Berlusconi vorrebbero capire di che cosa si tratta e non lo capiscono perché nessuno glielo spiega. Gli piacerebbe sapere quali saranno i contenuti, le strategie ed i valori del PdL, ma non è possibile poiché a quattro mesi dal congresso costituente non c’è ancora uno straccio di documento sul quale discutere. Il tutto, finora, si è ridotto ad uno stillicidio di riunioni organizzative ristrette dei cui esiti si sa poco o nulla e perfino i parlamentari pidiellini sono sconcertati di fronte a un modo di procedere che non ha precedenti.

Tutto avviene in maniera catacombale, con l’aggiunta che Berlusconi non fa mistero dell’intenzione minimalista di cambiare sostanzialmente soltanto il nome di Forza Italia in quello di Popolo delle libertà ed associarvi An ed altre formazioni minori. Lo ha lasciato intendere chiaramente in un suo discorso elettorale in Abruzzo.

Il PdL sarà, dunque, il ”partito del presidente”? Legato alle sue sorti, ai suoi voleri, alle sue strategie? Non è che è alle viste una sorta di neo-bonapartismo? Gli interrogativi non sono oziosi, né gratuitamente polemici. Quando non si attiva uno straccio di discussione pubblica sulla questione, mentre si nota un distacco crescente tra la base ed i vertici del PdL e per di più aumenta il divario tra un movimento che trascina (la Lega) ed il suo principale alleato e si riscontrano frizioni non proprio trascurabili a certi livelli tra Forza Italia e An, è più che legittimo interrogarsi su cosa stia accadendo.

Oltretutto, non credo faccia piacere agli elettori del centrodestra sentire un giorni sì e l’altro pure, come ha elencato con dovizia di particolari ”Il Riformista”, ministri in carica definire i loro provvedimenti ”di sinistra”. Per Tremonti sarebbe di sinistra il suo antimercatismo; Berlusconi ha detto che il suo governo ”segue politiche decisamente di sinistra” (non è seguita smentita); Gelmini, Bondi, Brunetta si sentono tutti di sinistra e non ce n’è mai uno che rivendichi neppure una timida simpatia per la destra. Non è che si sono convinti che una riforma per essere ”autorevole” deve qualificarsi come di sinistra? Il dubbio è angosciante.

La Lega, poco legata agli schemi, intanto va avanti. Incurante della ”fusione a freddo” che sta per avvenire nel centrodestra, non diversamente da quanto accaduto nel Pd e probabilmente con gli stesi esiti disastrosi; non ha problemi di militanza, il cui respiro si coglie soprattutto nei fine settimana perfino nei più piccoli borghi del Nord dove banchetti e gazebo attraggono tanta gente che guarda al Carroccio con uno spirito nuovo. Pochi giorni fa ero nelle valli bergamasche ed un vecchio militante di An, già missino, mi ha detto: dammi un motivo per cui non dovrei votare per la Lega. E giù il rosario di insoddisfazioni procurategli dal PdL, a lui, vecchio militante senza più una casa politica, mi ha detto.

La Lega, del resto, non è più quella di una volta. Ha una classe dirigente più colta, avveduta, giovane, partecipe dei problemi della gente che rappresenta; può vantare buoni amministratori locali; nutre, senza farne mistero, grandi ambizioni, soprattutto guardando alle aziende pubbliche. Le carte che ha in mano le giocherà bene. Ci pensi, il PdL, prima che sia troppo tardi.