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 2008  novembre 28 Venerdì calendario

Un miliardo e cento milioni di perdita, dopo svalutazioni per 1,3 miliardi sulle partecipazioni quotate, dei quali oltre 900 milioni relativi alla sola quota in Intesa- Sanpaolo

Un miliardo e cento milioni di perdita, dopo svalutazioni per 1,3 miliardi sulle partecipazioni quotate, dei quali oltre 900 milioni relativi alla sola quota in Intesa- Sanpaolo. Con debiti verso le banche per 5,4 miliardi, tutti a breve termine, a fronte di immobilizzazioni finanziarie per 5,7 miliardi contro i 7,5 miliardi della fine del 2007. la fotografia aggiornata al 31 ottobre scorso della Carlo Tassara spa, esaminata dall’assemblea della società che ha dato il via libera alla ricapitalizzazione fino a 200 milioni di euro per la holding del finanziere Romain Zaleski. Assemblea tenutasi martedì scorso - senza però Zaleski, che della holding è presidente - mentre su un altro tavolo continuava la trattativa, ancora aperta, con le banche italiane che dovrebbero rifinanziare Tassara per 1,6 miliardi subentrando a due creditori stranieri. L’aumento, spiega il verbale d’assemblea, è stato varato per rafforzare la struttura finanziaria «anche nell’ambito del piano di stabilizzazione del debito complessivo attualmente in discussione con le banche finanziatrici». Solo in parte sarà «cash», vista la possibilità di convertire in azioni 150 milioni di euro di obbligazioni della stessa Tassara e altri 10 milioni di bond emessi dalla Tassara stabilimenti elettrosiderurgici. Per sostenere i conti e ridurre il debito da febbraio in avanti sono state effettuate una serie di dismissioni. La Tassara International avrebbe ceduto o ridotto negli scorsi giorni la sua partecipazione nel colosso siderurgico Arcelor-Mittal, finora vicina al 3%. Ceduta anche Edf, mentre sarebbe stata incrementata la partecipazione nel colosso delle costruzioni Vinci. Variato anche il portafoglio italiano, con le riduzioni di quote già note (600 milioni l’incasso per lo 0,8% di Intesa, dismessa Fondiaria Sai) e l’unico incremento, all’1,4%, della quota in Cattolica. Dai documenti si deduce anche che le «protezioni» su alcune quote, di cui si è molto parlato esistono. Per tutelarsi contro ulteriori perdite di valore, Tassara ha stipulato contratti «collar» e acquisito opzione put su Intesa-Sanpaolo e Generali. Proprio le partecipazioni italiane sono diventate però il punto su cui si sta consumando l’ultimo braccio di ferro con le banche. Gli istituti che devono rifinanziare la Tassara chiedono infatti di avere una partecipazione di almeno 50% - il cosiddetto «upside» - alle eventuali plusvalenze che dovessero derivare dalla cessione già prevista dei pacchetti azionari nel portafoglio della società. Ma il finanziere franco-polacco ritiene la richiesta eccessiva ed offre un «upside» limitato al 30%. E’ proprio su questa differenza di percentuali che già mercoledì sera si è incagliata la trattativa tra i cinque istituti e la Tassara, vanificando al momento gli sforzi dell’advisor Leonardo e dello stuolo di consulenti legali al lavoro da settimane. Le cifre in ballo, del resto, sono significative. Se nel corso del 2009 - quando è prevista la vendita dei pacchetti sotto la regia del nuovo presidente Pierfrancesco Saviotti - i corsi azionari dovessero risalire, le plusvalenze derivanti dal 5% di Intesa-Sanpaolo e dal 2% di Mediobanca, Generali e Ubi potrebbero essere succulente. E’ un’impasse, quella in cui si sono cacciati i negoziatori? Non è detto. Ieri, infatti, Unicredit avrebbe lanciato una sorta di ultimatum alla Tassara, spiegando che il soccorso alla finanziaria non è per la banca un’esigenza vitale; anche perché la stessa Tassara non possiede nemmeno un’azione di Unicredit. Chiudere presto e a condizioni vicine a quelle chieste dalle banche, è dunque il diktat. In queste ore si capirà se è servito a qualcosa e se si arriverà alla firma o se invece il braccio di ferro proseguirà. Dietro i numeri c’è comunque dell’altro. Per alcune banche coinvolte nell’operazione ottenere il massimo da un’eventuale rivalutazione dei titoli non è solo un’esigenza legata al conto economico, ma rappresenta una condizione «politica». Già criticatissime per il «salvataggio» di Zaleski, con tensioni che percorrono il sistema fino ai suoi vertici (basti pensare alla lettera pubblica che il presidente di Intesa-Sanpaolo Giovanni Bazoli ha scritto per smarcarsi dal finanziere), le banche vogliono dimostrare che stanno compiendo un’operazione di mercato e che non fanno sconti a Zaleski, ormai assurto a simbolo dell’intreccio perverso tra debiti e potere finanziario. L’atteggiamento di Unicredit mostra che l’esigenza è particolarmente sentita da Alessandro Profumo e dai suoi. Per Intesa-Sanpaolo, di cui Zaleski è azionista di gran peso e che si ritroverebbe direttamente toccata da un’eventuale liquidazione della Tassara, il discorso è forse diverso.