Chiara Beria di Argentine, la Stampa 28/11/2008, 28 novembre 2008
CHIARA BERIA DI ARGENTINE PER LA STAMPA DI VENERDì 28 NOVEMBRE
Porte aperte per la Svizzera
Si chiama «Pompei», l’outlet del sesso in Canton Ticino, a pochi chilometri dalla frontiera di Ponte Chiasso. Un indirizzo cult per i pendolari sporcaccioni che ogni giorno, in fuga dalle mogli e dal ministro Mara Carfagna delle multe ai clienti, si rifugiano in Svizzera, dove la prostituzione è legalizzata. Parcheggio con doppie recinzioni per nascondere le targhe dei clienti; lap dance; camere accoglienti. E, dal prossimo 12 dicembre finita anche la «scocciatura» di mostrare alla frontiera la carta d’identità, tantomeno di rispondere all’imbarazzante domanda: «Dove sta andando?».
Il mercato del turismo sessuale in Canton Ticino avrà solo da giovarsi dalla decisione formalizzata ieri, a margine della riunione dei ministri degli Interni dell’Unione europea, di far entrare la Svizzera (che non aderisce all’Ue), nello spazio Schengen che ha eliminato i controlli delle persone alle frontiere, dal Capo Nord alla Grecia. Frontiere aperte ma restano le dogane. La Svizzera che nel giugno 2005 aveva scelto di aderire a Schengen con un referendum (54,6% sì) il 12 dicembre aprirà i valichi di terra, il 29 marzo 2009 quelli degli aeroporti alla libera circolazione dei cittadini Ue; continueranno i controlli di merci, perché la Confederazione non fa parte dell’unione doganale della Ce.
Basta controlli
Addio controlli di polizia sui 740 km del confine tra le province di Verbano-Ossola, Varese, Como e Lecco e i cantoni Ticino, Vallese e Grigioni: gli italiani ritireranno e ridistribuiranno poliziotti e carabinieri, al confine resterà la Finanza per il controllo doganale. Dalle reti con filo spinato, angoscia degli esuli, al Sis, la potente banca dati Schengen con milioni d’informazioni. «La cooperazione con le forze di polizia svizzera è ottima. Ma ora che anche in Svizzera diventerà operativo il Sis sara rafforzato il dispositivo di contrasto alla criminalità organizzata e, in particolare, al terrorismo internazionale», spiega il colonnello Rodolfo Mecarelli che comanda gli 850 uomini della Gdf in provincia di Como. Più sicurezza e meno stress burocratici. «Noi comaschi abbiamo sempre l’angoscia di aver dimenticato il documento d’identità o di non accorgerci che è scaduto. Per questo mandiamo un avviso scritto a casa», spiega Franco Bruni, da 6 anni sindaco di Como del centrodestra (al centralino automatico del Comune 3 le opzioni di lingua: italiano, comasco, inglese). Sindaco, dal 12 dicembre cosa cambierà nella vostra vita quotidiana? « passo avanti verso una maggior integrazione e una fluidità di flussi e scambi nei nostri territori». Dagli esuli mazziniani, anarchici a irridentisti del Risorgimento a corrieri, staffette e capi partigiani della Resistenza. Nel novembre 1943 a Bellinzona furono sbattuti in carcere per 11 giorni con l’accusa di contrabbando (avevano tabacco) Ferruccio Parri e Leo Valiani clandestini in Svizzera per un incontro a Lugano con i rappresentanti degli alleati; tra il ”43 e il ”45 circa 45 mila persone attraversarono in fuga quella linea di confine (6 mila erano ebrei italiani). Non tutti ce la fecero: è un’epopea mai abbastanza narrata.
Gli spalloni
In epoca leghista è più di moda il mito - dimenticando i 110 finanzieri caduti nella lotta al contrabbando - degli «sfrosadori», gli spalloni che portavano pacchi da 40 chili («bricolle», nel loro linguaggio) con zucchero («ossa di morto»), tabacco e sigarette («foglia di Lugano») e saccarina («coniglio bianco»). Un mondo spazzato via dagli Anni 70 dal potere immenso fatto sui traffici di droga della criminalità organizzata. Con la piena libertà del movimento di capitali anche gli spalloni stile Anni 70-80 che trasportavano i soldi di lor signori nelle banche svizzere (le banconote nascoste nei sottofondi delle auto o nei bustini con stecche delle donne) hanno ceduto il passo a nuovi traffici via camion. «Negli ultimi anni abbiamo sequestrato 70 tonnellate di gasolio, soprattutto quello da riscaldamento, che in Svizzera costa meno», spiega il colonnello Mercalli. C’era una volta la gita a Lugano con l’ebbrezza di passare la dogana senza farsi beccare con le sigarette, i dadi da brodo, il cioccolato o di andare a giocare al casinò di Campione. «Mai avuto problemi. Avevo molti fan anche tra le guardie svizzere. Tempi passati, ora vado a Lugano a fare passeggiate», narra il direttore del Tg4, Emilio Fede. Ben altra musica al confine di Castagneda, frontiera da incubo, sulla via per Saint Moritz dove, anni fa venne fermata persino l’ereditiera Cristina Onassis in viaggio verso Milano con milioni in travellers cheques.
Altra frontiera, altro mondo. A Chiasso c’è la coda di auto per fare il pieno di benzina (0,97-98 euro al litro) e c’è la folla - 3 milioni l’anno, 60% italiani - pazza del FoxTown di Mendrisio, capitale della moda low cost, 3 km di vetrine, tour organizzati, in progetto un treno diretto da Milano. Grandi affari e interesse degli svizzeri a facilitare la circolazione delle persone.
La paura dell’invasione
«Altro che aprire: bisogna rafforzare l’esercito alle frontiere. L’ho detto a Bossi: non possiamo accettare che vengano a portare via il lavoro agli svizzeri», attacca Giuliano Bisagna, leader della Lega Ticinese, annunciando un controreferendum l’8 febbraio. Operai, tecnici, infermieri. Ogni giorno 40 mila frontalieri si spostano dai 380 comuni italiani entro la fascia di 20 km dal confine per lavorare; con Schengen potrà essere assunto anche chi vive più lontano (basta tornare a casa 1 volta la settimana). Ed è quello che teme Bisagna. Il cerchio si chiude. «Se vuoi fare una buona azione prendi un bastone e ammazza un terrone», recitava un ignobile detto comasco; per i leghisti ticinesi ora quelli di Varese e Como sono l’avanguardia dell’ondata terronica che, a frontiere aperte, invaderà le loro terre.