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 2008  novembre 28 Venerdì calendario

Il format dei «Cesaroni», che ha stravinto in tivvù, ora s’impone nella politica. E provoca polemiche, bisticci, addirittura dimissioni, come quelle del governatore Soru

Il format dei «Cesaroni», che ha stravinto in tivvù, ora s’impone nella politica. E provoca polemiche, bisticci, addirittura dimissioni, come quelle del governatore Soru. «Tu sei un Cesarone!». «E tu sei un Cesare!». «E tu sei un cesarista!». Nel Pd gli anti-Soru che lo considerano un dittatorello hanno maliziosamente riesumato quella famosa pagina in cui Antonio Gramsci, magari pensando al suo futuro conterraneo, scrisse: «Si può avere un cesarismo anche senza un vero Cesare, senza una grande personalità eroica e rappresentativa». E Fini che dà del «cesarista» a Berlusconi? Silvio non dovrebbe offendersi, perchè ha sempre adorato il «De bello gallico» e, quando gli chiesero «lei lo sa il latino?», rispose: «Lo so come Giulio Cesare!».Cioè quel «dittatore democratico» (secondo il titolo del libro dell’antichista Luciano Canfora sull’imperatore romano) che Sabina Guzzanti considera progenitore di Silvio e allora è andata ad «Annozero» vesita da Giulio Cesare, con la corona d’alloro in mezzo ai capelli trapiantati e con in bocca un latinorum dalla cadenza brianzola. Ma di piccoli Cesari, reali o supposti, è strapieno il centro-sinistra, più a livello locale che nazionale. I suoi oppositori interni lamentano che «Veltroni fa tutto da solo e noi apprendiamo le scelte dai giornali»: Cesare Uolter, insomma. E Cofferati? Dopo sindacalismo e movimentismo, da sindaco di Bologna ha scoperto il «cesarismo!!!», gli rimproverano amici e nemici. E Chiamparino, che vorrebbe un Pd del Nord, da Roma alcuni lo vedono come un «piccolo Cesare». Quasi come il sindaco Cacciari, super-cesarista municipale che fa e disfa e che, mentre Cesare combatteva i galli, s’è messo a fare una guerra personale contro i piccioni a Piazza San Marco. Scalciando i volatili e prendendo a parolacce i turisti che danno loro da mangiare. E Formigoni? Molti forzisti (compreso un po’ anche Berlusconi) e tutti i leghisti considerano cesarista il governatore milanese, sospettato fra l’altro - insieme alla Moratti - di voler fare della Milano dell’Expò 2015 la nuova capitale del suo impero personale. E Galan? Si muove come un cane sciolto, mettendo gli altri di fronte al fatto compiuto. Non a caso, «leader senza partito» è la definizione che per lui ha coniato il sociologo Ilvo Diamanti. Se Victor Hugo accusò di «cesarismo» Napoleone III, Vittorio Foa - più modestamente - consigliò mentre il governo Prodi era nel marasma: «Il Professore deve diventare un Giulio Cesare. Bisogna dargli non il consolato ma la dittatura, per salvare la res publica dallo sfarinamento e dalle lobbies». Ma ora al governo c’è il «cesarista» Silvio, e pure il Divo Giulio - cioè Tremonti - è una specie di Cesare agli occhi dei ministri che gli chiedono denaro e lo accusano di non ascoltarli. Nella neo-politica, sia del Pd sia del Pdl, il ”cesarismo” è complementare al ”liquidismo”. Ovvero: il partito dev’essere ”liquido”, e io faccio il Cesarone di questa liquidità. Oppure: quant’è bello il partito all’americana, nel quale io faccio l’Imperatore Romano. E c’è la versione international del ”cesarismo”, per cui Leoluca Orlando denuncia: «Kofi Annan mi voleva come vice all’Onu, ma Berlusconi pose il veto». Atteggiandosi a Cesarone global. Che è l’opposto del Cesarone local il quale, per antonomasia, è Bassolino. I cui nemici, alludendo al paese natio, dicono: «Fa del cesarismo all’afragolese!».