Vittorio Sabadin, la Stampa 28/11/2008, 28 novembre 2008
VITTORIO SABADIN PER LA STAMPA DI VENERDì 28 NOVEMBRE
I giovani inglesi più asini che mai
La Royal Society of Chemistry, la stessa che qualche settimana fa aveva indetto un concorso per trovare un finale plausibile al film «The Italian job», salvando l’oro che sta per cadere nel precipizio, svolge davvero un’attività sempre originale. Questa volta ha fatto salire su di una macchina del tempo 1300 tra i più brillanti studenti della Gran Bretagna, abituati a prendere sempre i voti migliori, e li ha portati in una scuola del 1965.
Sui banchi i ragazzi hanno trovato, un compito in classe di matematica dell’epoca, uno di quelli che i loro coetanei sedicenni nati nel 1949-50 risolvevano senza penare e senza copiare troppo. Pochissimi tra gli studenti arrivati dal futuro (il 15%) sono riusciti a farcela, gli altri hanno consegnato il foglio in bianco. andata meglio nelle tappe intermedie che la macchina del tempo ha fatto: nel 2005 i compiti erano già più facili e il 35% li ha risolti. Ma, complessivamente, gran parte dei 1300 piccoli geni delle scuole inglesi si è rivelato incapace di venire a capo dei problemi di matematica e algebra che i loro genitori risolvevano.
L’esperimento condotto dalla RSC può fare sorridere, ma è stato preso molto sul serio da quanti si occupano di scuola. In Gran Bretagna (e un po’ in tutti i Paesi) la qualità del livello di insegnamento e di apprendimento sta precipitando e secondo gli esperti, se non si rimedia subito, le future generazioni non saranno in grado di fare la più semplice delle divisioni, figuriamoci una radice quadrata.
Per Michael Gove, ministro ombra dell’Istruzione, il test dimostra che la scuola non sta preparando i ragazzi ad affrontare il 21° secolo: nessuno di loro potrà diventare uno scienziato, un matematico o uno specialista nelle tecnologie. «I ragazzi più capaci - ha notato Richard Pike, il responsabile della Royal Society of Chemistry - non vengono istruiti su come si risolve un’operazione matematica, perché grazie al sistema di valutazione in uso possono prendere un ottimo voto senza essere costretti a fare un solo calcolo. A chi si accontenta di prendere il ”grado C”, il voto minimo per essere promosso, basta dimostrare una conoscenza superficiale su molti argomenti, senza che sia necessario comprendere i fondamentali delle materie».
Le ragioni di questo declino nella preparazione culturale sono tante e alcune hanno strettamente a che fare con il sistema di istruzione anglosassone, basato sui test e sulla valutazione degli insegnanti in base ai risultati ottenuti dagli allievi. I docenti tendono ad insegnare ai ragazzi lo stretto necessario a superare il questionario, perdendo di vista il quadro complessivo. I compiti con il passare degli anni sono diventati sempre più facili, con il risultato che nessuno è più in grado di fare i calcoli per risolvere un’equazione.
Se l’esperimento della RSC fosse condotto in qualunque altro Paese occidentale darebbe probabilmente gli stessi risultati. Fin dalle elementari ormai si permette ai bambini di usare la calcolatrice in classe, ritenendo che è inutile faticare per fare operazioni che una semplice tecnologia può fare per noi. I ragazzi hanno imparato fin troppo bene questa lezione, e arrivano al liceo distratti e convinti che non sia più necessario mandare a memoria le cose, poiché la conoscenza necessaria (ad esempio una data o una biografia) sarà comunque disponibile, quando servirà, sul telefonino collegato a Internet.
Frank Field, un autorevole e ascoltato membro del Parlamento laburista, in un discorso all’Università di Leicester ha anche dato la colpa ai genitori, che non esercitano più quel rigore educativo indispensabile alla formazione dei ragazzi. Secondo Field, l’epoca d’oro della famiglia britannica è culminata negli Anni Cinquanta, l’ultima era nella quale i genitori stavano sempre dalla parte degli insegnanti e mai dei loro figli, e famiglia e scuola contribuivano in ugual misura alla crescita culturale dei ragazzi. Si dice che fra qualche anno i robot avranno una capacità di elaborazione superiore a quella del cervello umano, mentre a quanto pare i cervelli delle nuove generazioni faticheranno a fare una moltiplicazione.
Lo scenario immaginato dallo scrittore Arthur Clarke nel suo romanzo, portato sullo schermo da Stanley Kubrick in «Odissea nello spazio», non è forse tanto lontano dal vero: un computer di nome Hal ci guarderà presto con il suo occhio artificiale e penserà a quanto siano ignoranti e inutili gli esseri umani.