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 2008  novembre 28 Venerdì calendario

GUIDO RAMPOLDI PER LA REPUBBLICA

Molto giovani. Alcuni sereni e allegri come ragazzi in gita. Se stiamo alle foto diffuse dalle agenzie, molti tra i terroristi che hanno ucciso più di cento persone e precipitato nel panico una delle più grandi città del pianeta hanno l’espressioni e probabilmente l’età di una generazione che in Occidente deve ancora affacciarsi nella sotira. In Asia la storia può finirti addosso molto presto. Ma a sbirciarli da quelle immagini, con quei mitra che sembrano di plastica, si direbbe che stiano per organizzare una clamorosa beffa, non un massacro.
I pochi di loro che a quest´ora non sono cadaveri bucati da centinaia di colpi, potrebbero dire chi li ha usati come carne da macello, e come mazze da macello. E perché hanno accettato. E cosa è stato loro promesso. Un paradiso dove vivere è splendido. La gloria eterna. L´ammirazione dei credenti. La santità. Un posto imperituro nella storia del loro popolo. La mistica dell´eroismo ha una sua presa, a quell´età. Ma perché dia luogo ad una disponibilità ad ammazzare e ad immolarsi, di solito occorre il sapiente lavorio di un fabbricante di kamikaze. Nel genere, i migliori operano nella terra di nessuno al confine tra Pakistan e Afghanistan. Talvolta usano ragazzini comprati da contadini indebitati fino al collo (li preferiscono ai padri, è più facile manipolarli e non tentennano). Più spesso utilizzano la sofferenza di orfani che hanno visto sterminare la famiglia da un razzo americano o pakistano. E´ cura dei fabbricanti e dei loro collaboratori, spesso mullah, acuire la disperazione di questi adolescenti, affinchè vivano la morte come una liberazione dal dolore e dalla miseria della loro condizione di soli al mondo.
Insomma costruire un kamikaaze imberbe richiede impegno e sforzo.
Ma ne vale la pena, avere la disponibilità di ragazzini disposti a morire a comando è considerato in molti ambienti guerriglieri un invidiabile attestato di carisma e di potere. Anche per questo alcuni sceicchi si premurano di mettere in circolazione dvd che li mostrano circondati da aspiranti martiri imberbi.
L´utilizzo di adolescenti in missione suicide non è affatto una prerogativa del terrorismo islamico, come in genere si crede, e infatti vi ricorrono guerriglie di fedi diverse, per esempio le Tigri Tamil, che non sono musulmane. Fino a pochi anni fa nessun movimento di liberazione o banda terrorista avrebbe considerato accettabile mandare a morte sicura giovanissimi violando il doppio taboo - la proibizione del suicidio e una certa protezione accordata all´infanzia. Poi immolarsi è diventato nobile, santo, e da quando lo ripete anche la comunicazione diretta ai giovanissimi, perfino `moderno´. A Gaza la televisione di Hamas trasmetteva un cartone animato il cui protagonista, una specie di Topolino islamico chiamato Farfour, incitava alla guerra santa. Ai genitori questa storia non andò giù, ci furono proteste e Hamas ordinò che Farfour sparisse dal palinsesto. Ma il protagonista di un serial non può svanire nel nulla senza una spiegazione. Farfour si immolò in un attentato. Il primo topo-martire.
Un´altra televisione legata all´estremismo islamico ha dedicato la puntata di un talk-show ai figli di una kamikaze, due bambini di cinque o sei anni persi nelle poltroncine nere riservate agli ospiti e imbarazzati come sono tutti bambini del mondo quando uno sconosciuto li interroghi. Il conduttore vestiva l´uniforme universale dei conduttori, giacca e cravatta, e anche l´espressione era quella standard: compunto e professionale ma non serioso, e anzi con quella levità che a qualsiasi latitudine si addice alle interviste ai più piccoli. Doha, dov´è andata tua madre?. In paradiso, risponde la bambina. Perché, cosa ha fatto? Ha fatto il martirio. E quanti ne ha uccisi, Mohammad? Mohammad mostra le dita della mano. Cinque, bene. Mohammad e la sorella adesso sembrano a disagio, si agitano sulle poltrone e ridacchiano senza ragione, soprattutto il maschio, che non riesce a tener ferme le gambe. Il conduttore chiede a Doha di recitare la poesia dedicata alla mamma: "Mamma Rim, sei una bomba di fuoco.".
Poi si smarrisce. Il conduttore chiede al fratello se vuole andare anche lui dov´è andata mamma Bomba-di-fuoco. Sì, anche lui. Forse anche i piccoli sterminatori di Bombay avevano alle spalle una storia altrettanto traumatica.
E forse anche loro non erano del tutto consapevoli di partecipare ad una di quelle operazioni mediatiche di cui non sono mai del tutto chiare le finalità, e i cui registi e produttori non appaiono mai in video.