???, Corriere della Sera 28/11/2008, 28 novembre 2008
Erano mosche bianche. Sono diventati parte integrante della nostra economia. E siamo appena all’inizio
Erano mosche bianche. Sono diventati parte integrante della nostra economia. E siamo appena all’inizio. Sembra. Un primo dato, per capire: gli imprenditori extracomunitari rappresentano oggi il 6,5% del totale dei nostri imprenditori. Con una crescita dal ritmo esponenziale: più 20% negli ultimi cinque anni. Ma non solo. Nell’ultimo anno (dal 2006 al 2007) a fronte di un decremento del numero complessivo delle imprese di quasi l’1%, quelle con titolare straniero sono aumentate invece dell’8%. Che sta succedendo in Italia? «Semplice: è il riscatto dei nostri immigrati», dice Carlo Dell’Arringa, il docente dell’Università Cattolica di Milano che ha curato per conto dell’Onc-Cnel una corposa ricerca sugli immigrati nel mercato del lavoro italiano. Dati, cifre, incroci di etnie, incroci di settori di appartenenza: un grande lavoro per capire che anche in Italia adesso le cose stanno cambiando. Spiega Dell’Arringa: «Tra gli immigrati che arrivano nel nostro Paese ce ne sono molti che hanno in tasca titoli di studio elevati, diplomi e lauree. A cominciare dall’esercito delle badanti. Ma succede poi che quando questi immigrati si mettono a cercare lavoro all’interno di un’impresa vengono relegati a ruoli marginali, fanno fatica a farsi notare, ad uscire dal loro cono d’ombra. E allora fanno di tutto per trovare il modo di riscattarsi, mettendosi in proprio ». E ci riescono. Per descrivere il successo parlano le cifre. Da analizzare in controluce. Ancora il sociologo Carlo Dell’Arringa: «Guardiamo cosa è successo l’ultimo anno: sono state 17 mila le nuove imprese straniere che si sono iscritte alle Camere di Commercio, secondo i dati Infocamere-Movimprese. E questo quando nel 2007 il decreto flussi ha limitato l’ingresso soltanto a 3 mila extracomunitari per motivo di lavoro autonomo. Quindi sono almeno 14 mila gli immigrati che hanno mutato la loro posizione di lavoro, diventando imprenditori da dipendenti che erano». Imprenditori di loro stessi: sono svariate le ditte individuali con titolare straniero. Molte sono legate al commercio: macellerie, frutterie, negozi al dettaglio. Ma sono tante anche le imprese vere e proprie. E proprio nel settore del commercio è esplosa la ditta «Giupel » di Xu Qiu Lin, un imprenditore cinese di appena 40 anni, ancora l’unica, questa volta sì mosca bianca, associata alla nostra Confindustria. Abbigliamento strettamente made in Italy, 25 dipendenti e oltre 15 milioni di fatturato l’anno: la «Giupel» è rigorosamente bi-etnica (metà cinese e metà italiana) anche se il vezzo del suo proprietario Xu Qiu Lin è di farsi chiamare Giulini, lì a Prato, la Chinatown del nostro Paese, la provincia italiana con la più alta concentrazione di imprenditori stranieri, quasi uno su tre. Ma il commercio non è al primo posto, non in percentuale perlomeno. Nonostante le sue quasi 100 mila aziende extracomunitarie (su oltre un milione del totale), il commercio straniero, infatti, viene superato in Italia dalle costruzioni. E non soltanto perché rappresentano oltre il 10% sul totale delle imprese italiane (60.765 su 557.476), ma perché nell’ultimo anno sono aumentate di oltre il 12% (contro un aumento generale di nemmeno il 3%). Un vero e proprio boom che tocca i picchi in Lombardia (quasi 14 mila imprese nel 2007), in Emilia Romagna (oltre 11 mila), in Toscana (oltre 7 mila). Del resto è la Lombardia dove vengono toccati un po’ tutti i picchi di questo miracolo economico in salsa extracomunitaria. E anche se spetta alla Toscana il primato italiano delle imprese extracomunitarie è in Lombardia che si battono molti record per settore. Qui, infatti, si sono insediate un’azienda straniera su tre che si occupa di trasporti e magazzinaggio, ma anche una su tre interessata all’immobiliare e all’informatica. Un quinto del totale extracomunitario dedito all’attività manifatturiera. «E dire che nonostante questa realtà esiste ancora un’idea molto diffusa che dipinge i nostri immigrati come lavoratori assolutamente fuori dal mercato, con una qualificazione bassa. L’immagine che abbiamo stampata in testa sono soltanto le carrette del mare colme di poveracci, di disperati senza un soldo in tasca ». Marzio Barbagli, sociologo con cattedra all’università di Bologna, si è soffermato spesso ad analizzare la vita e le evoluzioni sociali dei nostri extracomunitari. E neanche lui sembra avere dubbi sul desiderio di riscatto che spinge al successo i nostri stranieri. Spiega, infatti, Barbagli: «Quando gli extracomunitari si mettono in proprio lo fanno con uno spirito altamente competitivo. Basta vedere come agiscono: tengono aperti i loro esercizi non stop, ad esempio. Oppure si associano in piccole imprese, soprattutto edili, riuscendo a tirare fuori prezzi decisamente competitivi, lavorando come matti. Del resto non hanno mica altra possibilità». Non hanno altro: è questa la tesi di Marzio Barbagli. Che la spiega così: «Guardiamoci intorno: abbiamo forse tra i nostri extracomunitari professori, magistrati, medici o avvocati? Ovviamente no: le professioni, in senso lato, sono ancora precluse a loro. Siamo lontani dalla multietnicità, ad esempio, degli Stati Uniti ». Dunque rimane l’impresa. Con i suoi rischi. Ma soprattutto con le sue grandi potenzialità. Aggiunge Bar bagli: «Per fare impresa spesso basta mettere insieme un piccolo capitale. E spesso per cominciare si fanno tutte le cose in nero. Ecco l’avvio». Che sta diventando contagioso. Con le etnie che si contagiano tra loro. Un’occhiata alle cifre? Al top della classifica dei titolari di imprese extracomunitarie ci sono i marocchini e i cinesi: rispettivamente con oltre 40 mila (42.416 per la precisione) e quasi 30 mila (29.771), in totale. E sono sempre loro a guidare la classifica dei nuovi iscritti nell’ultimo anno, intendendo sempre il 2007. Rispettivamente, parliamo di: +18,5 le nuove imprese cinesi (6.929 in numero assoluto) e +15,3 quelle marocchine (5.756). Un posto di tutto riguardo spetta anche agli albanesi: il terzo posto tra le imprese straniere (23.253), ma anche il terzo posto delle nuove iscritte nel 2007, con un +13,6% (ovvero: 5.118 in numero assoluto). E, altro schiaffo al luogo comune e all’immaginario collettivo, ottimi posti in questa classifica vengono occupati pure dai senegalesi (quinti con quasi 14 mila imprese) e Tunisia (sesto posto e oltre 10 mila aziende). «Ma tutto questo non si fermerà certo qui, né rallenterà», garantisce Marzio Barbagli, un occhio all’incremento del numero di stranieri nel nostro Paese. «Una cifra che negli ultimi tre anni è fortemente aumentata a dispetto di tutti gli istituti di ricerca. E non c’è dubbio: andremo avanti con questo ritmo». Un ritmo decisamente frenetico. Guardiamo le cifre elaborate dal Censis su dati Istat. Quanti sono i cittadini stranieri residenti in Italia? Quasi tre milioni e mezzo (3 milioni 462 mila per la precisione) al primo gennaio di quest’anno. Quasi mezzo milione in più rispetto soltanto ad un anno fa. E oltre un milione in più rispetto ai tre anni citati dal sociologo