Mario Pappagallo, Corriere della Sera 27/11/2008, pagina 26, 27 novembre 2008
MILANO
Il superchirurgo della mano Marco Lanzetta non è idoneo a insegnare in Italia. La commissione esaminatrice del concorso per ordinario di «ortopedia con indirizzo di chirurgia della mano» all’università dell’Insubria (Varese) nel 2002 gli ha preferito altri due. Bocciato perché super specializzato sulla mano. Eppure quel bando sembrava «disegnato » su di lui. Altra negatività: ha lavorato troppo all’estero. E dulcis in fundo: le sue pubblicazioni sono criticabili. Se lo sapesse l’autorevole Lancet, che ha accolto due suoi lavori? Anche i giudici del Tar prima (2006) e del Consiglio di Stato dopo (2007), annullando quel concorso, hanno parlato di errori di giudizio e definito «irrazionale e irragionevole l’operato dei commissari» che invece dovrebbero valutare i meriti. L’elenco dei «demeriti» (secondo la logica italiana) è lunghissimo. Dieci anni fa a Lione quando è stato effettuato il primo trapianto di mano al mondo Lanzetta c’era. Uno dei chirurghi dell’équipe. Gli unici tre trapianti in Italia li ha eseguiti lui a Monza. Numerose le sue pubblicazioni internazionali, tra cui le due su Lancet. Cinquecento interventi all’anno alla mano con il suo team dell’Istituto di chirurgia della mano di Monza (con sedi anche a Milano, Bologna e Roma). La sfida del trapianto di mano in un neonato. La possibilità di intervenire sui feti. Il quarantacinquenne Lanzetta è stato anche autore, nel 2000, del primo trapianto al mondo di entrambe le mani. Ha ricostruito la manina di una piccola vittima di Unabomber e gli arti di alcune vittime di attentati. alla guida di una onlus che interviene, con un gruppo di chirurghi, nei Paesi più poveri quando vengono colpiti da catastrofi naturali. E per finire ha insegnato nelle università di mezzo mondo e ha una cattedra all’università di Canberra in Australia, dove dal ’96 al 2005 ha guidato un centro di ricerca di fama internazionale. «Ero professore associato a Milano Bicocca – dice amareggiato il chirurgo – ma dopo quel concorso mi sono dimesso. Ho accettato la cattedra in Australia».
Il Lanzetta non idoneo a insegnare chirurgia della mano in Italia è una vittima illustre della demeritocrazia italiana, delle lobby delle commissioni giudicanti, del nepotismo radicato nei nostri atenei, della logica che l’idoneo ad un concorso può poi automaticamente diventare ordinario, e senza concorso, in altre sedi universitarie. «Concorsi pilotati – denuncia Lanzetta – dove già si sa chi deve vincere e si agisce per demotivare chi vuole partecipare». Nepotismi e favori ricambiati tra commissioni («Se ostacoli la promozione del mio candidato, anche il tuo rischia di non essere dichiarato idoneo»). Commissioni elette dal corpo docente del settore scientifico disciplinare oggetto del concorso (ad esempio, per ginecologia gli ordinari sono circa 60 e gli associati circa 250) e quindi ristrette sempre agli stessi. Facile quindi instaurare una sorta di «voto di scambio». Sono alcuni esempi dei numerosi ricorsi al Tar. Il caso Lanzetta, secondo alcuni, è solo la punta di un iceberg. Anche perché, nonostante la sentenza del Tar e la conferma del Consiglio di Stato, il rettore dell’università dell’Insubria invece di annullare quella prova e ripeterla, invita i commissari a riscrivere il giudizio finale in modo da far vincere sempre gli stessi ma con una formulazione a prova di giudici. Lanzetta è pronto a un nuovo ricorso.
Mario Pappagallo