Simone De Beauvoir, Il Messaggero 27/11/2008, 27 novembre 2008
SIMONE DE BEAUVOIR
DA MOLTO tempo la sociologia francese era sopita; bisogna salutare come un avvenimento il libro di Lévi-Strauss, che segna un clamoroso risveglio. Gli sforzi della scuola durkheimiana per organizzare in modo intelligibile i fenomeni sociali si sono rivelati deludenti, perché si fondavano su ipotesi metafisiche contestabili e su postulati storici non meno dubbi; per reazione, la scuola americana ha preteso di astenersi da ogni speculazione: si è limitata ad ammassare fatti senza chiarirne l’apparente assurdità. Erede della tradizione francese, eppure formato ai metodi americani, Lévi-Strauss ha voluto riprendere il tentativo dei suoi maestri, guardandosi dai loro difetti: anche lui suppone che le istituzioni umane siano dotate di significato, ma non ne cercherà la chiave che nella loro stessa umanità; scongiura gli spettri della metafisica, ma non per questo accetta che questo mondo non sia che contingenza, disordine, assurdità; il suo segreto sarà quello di pensare il dato senza fare intervenire un pensiero che gli sia estraneo: nel cuore della realtà scoprirà lo spirito che la abita. Così, ci restituisce l’immagine di un universo che non ha bisogno di riflettere il cielo per essere un universo umano.
Che il lettore che apre il volume a caso non si lasci intimidire dalla misteriosa complessità dei diagrammi e delle tavole; in verità, quand’anche l’autore discute con minuzia il sistema matrimoniale dei Murngin o dei Katchin, è il mistero della società tutta, il mistero dell’uomo stesso, che si sforza di svelare. Il problema che affronta è il più affascinante e il più sconcertante fra tutti quelli che hanno sollecitato etnografi e sociologi: si tratta dell’enigma posto dalla proibizione dell’incesto. L’importanza di tale fatto e la sua oscurità risultano dalla posizione unica che esso occupa nell’insieme dei fatti umani. Questi si ripartiscono in due categorie: fatti di natura e fatti di cultura; e di certo nessuna analisi permette di rintracciare il punto di passaggio dagli uni agli altri; ma essi si distinguono secondo un criterio sicuro: i primi sono universali,i secondi obbediscono a norme. La proibizione dell’incesto è il solo fenomeno che sfugge a questa classificazione, perché questa appare in tutte le società senza eccezione, e però è una regola.
Le differenti interpretazioni che si sono tentate si sono sforzate tutte di mascherare questa ambiguità. Alcuni studiosi hanno invocato i due aspetti – naturale e culturale – della legge, ma non hanno stabilito fra di essi che una relazione intrinseca: suppongono che un interesse biologico avrebbe generato l’interdetto sociale; altri hanno visto nell’esogamia un fatto puramente naturale: sarebbe dettata da istinto; altri infine, fra cui Durkheim, la considerano, ancora, esclusivamente come un fenomeno culturale. Questi tre tipi di spiegazione conducono a delle impossibilità e a delle contraddizioni.(...)
Trova, allora, conferma l’idea che l’esogamia sia volta ad assicurare la circolazione totale e continua delle donne e delle figlie; il suo valore non è negativo, ma positivo: non è che un pericolo biologico minacci il matrimonio consanguineo, ma dal matrimonio esogamico si trae un beneficio sociale. La proibizione dell’incesto rappresenta la legge del dono par excellence: è l’instaurazione della cultura nel seno della natura.
«Tutto il matrimonio è un incontro drammatico tra la natura e la cultura, tra l’alleanza e la parentela… Dal momento che bisogna cedere alla natura perché si perpetui la specie e con essa l’alleanza sociale, bisogna almeno che la si smentisca nello stesso momento su «le strutture elementari della parentela» in cui le si cede». In un certo senso, tutto il matrimonio è un incesto sociale, giacché il marito assorbe in sé un certo bene anziché lasciarlo sfuggire verso altri; almeno la società esige che nel seno di questo atto egoista sia mantenuta la comunicazione col gruppo: ciò avviene perché, benché la donna sia altra cosa ancora da un segno, ella è tuttavia, come la parola, una cosa che si scambia.
Il rapporto dell’uomo con la donna è così fondamentalmente un rapporto con altri uomini – con altre donne. Mai gli amanti sono soli al mondo. L’avvenimento più intimo per ognuno, l’abbraccio sessuale, è così un avvenimento pubblico: mette in causa contemporaneamente l’individuo e l’intera società; è da lì che proviene il suo carattere drammatico; quelli che si scandalizzano del bruciante interesse che gli conferiscono gli uomini d’oggi danno prova di una straordinaria ignoranza: l’estrema importanza attribuita ai tabù sessuali ci dà prova che questa preoccupazione è vecchia come il mondo ed è lontana dall’essere superflua, perché, dal modo in cui assume la propria sessualità, l’uomo definisce la sua umanità(...)Ma Significherebbe tradire un libro tanto imparziale pretendere di rinchiuderlo in un sistema di interpretazione: la sua fecondità proviene precisamente dal fatto che invita ciascuno a riconsiderarlo alla propria maniera. Anche per questo nessun resoconto saprebbe fargli giustizia: un’opera che ci consegna dei fatti, che instaura una metodologia e che suggerisce delle speculazioni, merita che ciascuno ne rinnovi la scoperta: bisogna leggerla.