Marc Lazar, la Repubblica 27/11/2008, 27 novembre 2008
Il recente Congresso del Ps francese, la designazione di Martine Aubry a Primo segretario con una manciata di voti di vantaggio su Ségolène Royal e la contestazione del risultato da parte dei sostenitori di quest´ultima rivelano la crisi di questo partito in tutta la sua ampiezza
Il recente Congresso del Ps francese, la designazione di Martine Aubry a Primo segretario con una manciata di voti di vantaggio su Ségolène Royal e la contestazione del risultato da parte dei sostenitori di quest´ultima rivelano la crisi di questo partito in tutta la sua ampiezza. E´ una crisi che presenta indiscutibilmente una sua specificità ? nessun altro partito di sinistra nutre tanto odio al proprio interno ? ma è anche un segno della fase delicata in cui versa tutta la sinistra europea. In seno al Ps, la maggioranza tenterà di tornare a un orientamento di tipo classico: difesa intransigente del «patriottismo» di partito, affermazione della sua identità tradizionale, proclamazione ostentata della sua appartenenza alla sinistra, ricerca di un´ipotetica alleanza sul suo fianco sinistro, stigmatizzazione di ogni intesa con i centristi (fatte salve le possibili alleanze a livello locale), ritorno al «tutto Stato», critica di prammatica al capitalismo e al liberismo. Insistendo volutamente su questi temi, Martine Aubry ha potuto costruire, in via provvisoria, un´ampia coalizione estremamente eterogenea, cementata solo dalla volontà di sbarrare la strada a Ségolène Royal. La nuova segretaria dovrà definire ora un vero orientamento politico, e prendere iniziative per soddisfare la forte domanda di cambiamento espressa dagli iscritti, in ordine al funzionamento del partito e a un ampio ricambio generazionale. Ma ciascuna di queste decisioni rischia di far saltare la maggioranza. Inoltre, Martine Aubry non potrà non tener conto della metà dei votanti socialisti che in barba agli sforzi di gran parte dell´apparato del partito per sostenere la sua candidatura, avevano optato per Ségolène Royal, e ora non accettano l´esito del voto. Il Ps è ormai spaccato in due. Se al momento la prospettiva di una scissione non è plausibile, resta il fatto che il partito va incontro a una coabitazione molto tesa tra la nuova dirigente e la sua rivale, Ségolène Royal. La prima vuol rinnovare il partito richiamandosi alla tradizione, mentre la seconda intende muoversi verso altri orizzonti, sull´esempio del Partito Democratico italiano. Ma può il Pd costituire un modello? Nato nel 2007, questo partito sta esplorando un percorso disseminato di insidie e gravido di incertezze. Considerando superate le grandi ideologie e la classica divisione tra destra e sinistra, si sforza di inventare una nuova forma di partito con una sua identità e un suo progetto, che per ora non hanno contorni ben definiti. Alcuni dei suoi dirigenti pensano di unirsi all´Udc, suscitando resistenze interne. Evidentemente Ségolène Royal si è ispirata al suo esempio, ancorché in maniera contraddittoria. Da un lato sostiene di incarnare il rinnovamento dicendo di voler aprire le porte del partito, denunciando la vecchia oligarchia in carica e accettando, in caso di necessità, eventuali alleanze con i centristi per battere Sarkozy. Dall´altro ha dato garanzie del suo impegno di sinistra, in particolare in campo economico, con proposte come quelle di vietare i licenziamenti, o di imporre alle imprese, in caso di delocalizzazione, il rimborso di tutti gli aiuti pubblici ottenuti. Ma soprattutto, Ségolène Royal ha giocato a fondo la carta della personalizzazione e della presidenzializzazione. I suoi avversari denunciano precisamente ciò che piace alla metà del partito, che approvano il suo stile inconsueto. Parallelamente, in Gran Bretagna le recenti decisioni anticrisi di Gordon Brown ? tra cui la riduzione dell´Iva e un aumento delle imposte sui redditi più elevati ? contraddicono quella che è stata la politica del New Labour. In Germania, l´Spd è penalizzata dalla sua politica di coalizione con la Cdu-Csu. E subisce la spinta del partito di sinistra (Die Linke), che attrae un elettorato di operai, disoccupati e lavoratori dipendenti del ceto medio declassati, o in via di precarizzazione. Di conseguenza, l´Spd ha corretto la rotta e ha ripreso a parlare di «socialismo democratico» (un concetto caduto in disuso in questi ultimi tempi), rettificando alcuni aspetti dell´Agenda 2020 adottata sotto Schroeder e avanzando una serie di proposte più «sociali». Sembra quindi che il Labour e l´Spd, artefici della politica di revisione e rinnovamento della sinistra negli Anni 90, siano giunti al termine di quel ciclo che aveva costituito la Terza via. Non possono ripudiare i passi compiuti col riconoscimento dell´economia di mercato, del principio di responsabilità degli individui, della necessità di modernizzare il welfare, o con l´invenzione di nuove forme di solidarietà sociale, ma ancor meno possono tornare, come vorrebbero le correnti più radicali, a una politica tradizionale di sinistra, dopo averla aspramente criticata e abbandonata. E dunque devono reinventarsi tutto. I partiti riformisti sono oggi tutti sulla difensiva a fronte della crisi economica e finanziaria e del dinamismo della destra. E sono inoltre destabilizzati da identiche sfide. Innanzitutto quella della leadership, un tema delicato, perché a differenza della destra che accetta facilmente un capo e la sua autorità, a sinistra i leader sono soggetti a continue critiche, come nel caso di Veltroni in seno al Pd. C´è poi il problema delle profonde divisioni interne, suscitate non solo da rivalità umane, ma anche dalla pregnanza delle scorie ideologiche che paralizzano questi partiti e deteriorano la loro immagine agli occhi degli elettori. E c´è la concorrenza dei piccoli partiti alla loro sinistra, che non cessano di criticarli e di intimidirli, soprattutto in Francia e ora anche in Germania. C´è la questione della strategia da adottare, dato che per poter aspirare al successo questi partiti devono chiamare a raccolta la sinistra, ma anche conquistare elettori dell´area moderata. C´è il problema del rapporto con la società, poiché sul piano sociologico la loro base è formata in larga parte da persone con un alto livello di istruzione, che vivono nelle grandi città e lavorano nei servizi e nel settore pubblico, mentre stentano a conquistare i ceti più popolari, i giovani, i precari e molti dipendenti delle imprese private. E infine, quello della loro identità, del loro progetto, poiché d´ora in poi sono chiamati a dare un contenuto preciso e mobilitante al loro riformismo, o al socialismo al quale si richiamano. La sinistra europea ha subito numerose sconfitte elettorali; ma ha soprattutto perduto la sua egemonia culturale. Ed è quindi per riconquistarla che dovrebbe profondere il suo impegno. Marc Lazar (Traduzione di Elisabetta Horvat)