Monica Mazzotto, Tuttoscienze 26/11/2008, pagina VII, 26 novembre 2008
Alexander Shulgin, il padrino dell’ecstasy e di altre trecento droghe
Tuttoscienze, mercoledì 26 novembre 2008 Otto settembre, ore 11.30 a.m. e 16 mg di Mdma: nessun effetto». «12 settembre, ore 2.35 p.m. e 40 mg di Mdma: nessun effetto». «27 settembre, ore 10.22 a.m. e 81 mg di Mdma: inizio a sentire una lieve intossicazione simile a quella dell’alcool, poi scivolo lentamente verso una sensazione di disinibizione e di benessere. Mi sento pulito, euforico». Chi scrive è il chimico americano Alexander Shulgin: erano gli Anni 70 e quello era il primo studio su una delle droghe oggi più diffuse, l’Mdma (acronimo di 3,4 metilendiossimetamfetamina), oggi nota come ecstasy. Adesso, a 83 anni, è il padre di oltre 300 composti che alterano la coscienza e ne ha sperimentati su di sé almeno 200 nel laboratorio di Berkeley, in California: un record, che fa di lui il maggiore «psiconauta» di sempre. Dell’ecstasy è considerato il «padrino». L’ha tirata fuori dal cassetto dell’oblio, dove dormiva dal 1912, l’anno della sintesi. «La prima volta che la provai - racconta Shulgin - entrai in sintonia empatica con chi mi stava vicino. In fondo, quella pasticca era un Martini a basso contenuto calorico. Non sono mai stato d’accordo con il nome ecstasy. L’avrei chiamata empaty. Ovviamente è stato preferito un nome più commerciale!». Ma tra i 300 composti che ha inventato c’è di tutto: stimolanti, depressivi, afrodisiaci e droghe che alterano l’udito, la vista, l’olfatto, oltre a droghe che rallentano il senso del tempo e altre che lo accelerano, droghe che regalano terrore e altre che danno pace. E mentre apriva porte proibite su mondi sensoriali paralleli, ha provato molte di quelle sostanze, spesso con gruppo di ricerca di sei amici, tra cui uno psichiatra, oltre alla moglie Ann. E a chi gli chiede come fa a essere obiettivo, rivestendo i ruoli di ricercatore e cavia, risponde: «Sono interessato ai processi mentali che alcune sostanze scatenano. Mi affascinano la paura, la paranoia, l’estasi e tutto ciò che scorre nella mente. Come potrei studiare queste dimensioni su un ratto?». Ora ha all’attivo 4 mila «episodi psichedelici» e, considerato il fatto che ciascuno può durare un giorno, significa che ha passato «fuori di testa» 11 anni della sua vita. Il primo colpo di fulmine, al tempo dell’università negli Anni 50, fu con la mescalina, un allucinogeno contenuto nel peyote. «Vissi un’esperienza straordinaria - racconta -. Mi sono ritrovato in un mondo di colori e percezioni mai provati». E’ da allora che è iniziata la sua ricerca, straordinaria e controversa. «Non creo nuove sostanze per divertirmi. Cerco strumenti che esplorino la mente. E’ un processo creativo: è come il piacere che si prova con una melodia o un quadro». Così ha testato, e descritto, ogni effetto, da quelli paradisiaci a quelli infernali. «Vidi la montagna di fronte a casa mia con colori mai visti. Non riuscivo a sostenere lo sguardo». Ma ha anche sentito le ossa molli come se fossero fango o il terrore di muovere un singolo dito. Ha accumulato un’enorme mole di dati, ottenuti prima come consulente della Dea - la Drug Enforcement Administration - e poi come privato, a San Francisco. Ed è l’ecstasy che continua ad affascinarlo. «E’ straordinaria: quando la prendi, sei perfettamente lucido. Ti senti completamente onesto con te stesso». Il fatto che sia diventata illegale, come quasi tutte le altre «sue» sostanze, lo rattrista. Continua a pensare da esploratore della mente e non parla volentieri del «lato oscuro della luna», come cantavano i Pink Floyd, e delle devastazioni delle droghe. Nemici e critici, quindi, non gli sono mai mancati. «Pubblicizzare questa droga e dire che non è pericolosa? Starei attento - osserva Andrea Vendramin, direttore del dipartimento del SerT, il Servizio territoriale per le Tossicodipendenze, di Padova -. Di fatto è pericolosa: può subentrare una crisi cardiaca o un’ipertermia e interferisce con il sistema serotoninergico e può produrre un effetto neurotossico sulle cellule nervose. Molti, soprattutto i giovani, hanno pagato cara anche una pasticca». Se un altro psiconauta, Albert Hofmann, padre dell’Lsd, morto a 102 anni, si è fatto tanti giri sulla giostra caleidoscopica degli acidi, c’è chi ne ha fatto uno solo. E il primo è stato anche l’ultimo, perché c’è chi si è buttato dal 20° piano o è diventato paranoico. Shulgin, comunque, minimizza. «Certo che l’ecstasy è pericolosa! Anche l’aspirina lo è. Ma ci può essere abuso di qualsiasi cosa che dà piacere: dall’ecstasy allo sky diving! Molti hanno esperienze degne di nota con questa sostanza solo le prime volte, poi la magia svanisce. E’ quindi la ricerca di sensazioni che non si provano più a indurre alcuni all’abuso». E sottolinea ciò che gli preme di più: gli aspetti positivi delle sue ricerche. «I miei sono strumenti per indagare la mente - insiste - e potranno essere usati per capire i processi del cervello. Non ho voce su come vengono usati i miei mezzi. Il mio compito è studiarli e inserirli nelle pubblicazioni scientifiche. Ogni cosa può essere gestita male. Perfino l’istruzione». A inizio Anni 80, in effetti, l’ecstasy fu sperimentata da molti psichiatri negli Usa per curare una serie di disturbi estremi, per esempio nei reduci di guerra. Ma, con il dilagare tra le tribù delle discoteche, nell’85 viene inserita nella categoria delle sostanza pericolose e di nessuna utilità medica. Eppure - dice Shulgin - la situazione sta di nuovo lentamente cambiando e alcuni studi fanno scorgere possibili nuovi utilizzi. Due anni fa, per esempio, è iniziata una ricerca alla Medical School di Harvard, a Boston, sull’ecstasy come strumento per ridurre l’ansia nei malati terminali di cancro. «Domani, forse, si troverà una sostanza derivata che serva come cura in diverse patologie, come le fobie più forti o le timidezze patologiche - osserva Vendramin -. Ma siamo ancora nel futuribile». Shulgin, intanto, continua. «A inizio Novecento c’erano solo due composti psichedelici conosciuti: la cannabis e la mescalina. Dopo 50 anni si era arrivati a 20. Oggi sono oltre 300 i composti di questo tipo e prevedo che nel 2060 arriveremo a superare le 2 mila sostanze chimiche psichedeliche». Ed ecco la sua profezia: «Apriranno porte mai aperte prima». Monica Mazzotto