Stefano Sansonetti, ItaliaOggi 26/11/2008, pagina 5, 26 novembre 2008
ItaliaOggi, mercoledì 26 novembre I Democratici di sinistra sono vivi e vegeti. E se qualcuno ha pensato il contrario, nel momento in cui è nato il Partito democratico, si è sbagliato e continua a sbagliarsi di grosso
ItaliaOggi, mercoledì 26 novembre I Democratici di sinistra sono vivi e vegeti. E se qualcuno ha pensato il contrario, nel momento in cui è nato il Partito democratico, si è sbagliato e continua a sbagliarsi di grosso. Il fatto è che non tutti lo sanno, ma i Ds non soltanto esistono ancora, ma hanno un presidente nazionale, che risponde al nome di Antonio Corvasce, un segretario, che si chiama Fedele Giannone, e un tesoriere, all’anagrafe Vito Carlo D’Aprile. Chi sono costoro? La domanda, probabilmente, andrebbe posta ai loro predecessori, Massimo D’Alema, Piero Fassino e Ugo Sposetti. Perché è proprio contro i tre attuali esponenti del Pd che, giusto ieri mattina, è stato depositato un ricorso d’urgenza al tribunale di Roma. Il ricorso, che ItaliaOggi ha letto nel dettaglio, ha un’ambizione grossa: inibire a Fassino, D’Alema e Sposetti qualsiasi atto relativo al patrimonio dei Ds. Perché quel patrimonio, compresi i rimborsi elettorali ancora attesi, appartiene a Corvasce a compagni. Almeno secondo le tesi esposte nell’atto depositato al tribunale. La storia, comunque recente, inizia in quel di Barletta. Qui, tra fine 2007 e inizio 2008, quando a livello nazionale il progetto di nascita del Pd prende sempre più corpo, nasce un drappello di «dissidenti». Il primo è appunto Corvasce, di professione avvocato, consigliere comunale già presidente della direzione cittadina e della direzione provinciale di Bari dei Ds. Non ci sta a confluire nella nuova creatura. E il 31 gennaio del 2008, nel corso di una seduta del consiglio comunale di Barletta, dichiara di voler permanere nei Ds. Detto fatto. Nell’assemblea della città pugliese rimane un gruppo consiliare, i Ds, costituito da un solo consigliere, Corvasce. In tempi normali sarebbe stata materia di polemiche anti-casta. Oggi, invece, l’operazione può essere considerata metaforicamente come una sorta di grido di esistenza di quel che resta dei Democratici di sinistra. Al momento non sono tanti, si dice trentacinque, ma molto agguerriti e convinti di potersi moltiplicare. Al punto che hanno portato in giudizio nientepopodimeno che Sposetti, Fassino e D’Alema. Il loro ragionamento è semplice. Con le primarie del 14 ottobre 2007, quelle che incoronarono Walter Veltroni leader della nuova formazione, di fatto i precedenti vertici dei Ds sono usciti dal partito per entrare nel Pd. In pratica, codice civile alla mano, è come se Fassino, D’Alema e Sposetti avessero esercitato il recesso dai Democratici di sinistra. Insomma, loro se ne sono andati, ma i Ds hanno perfettamente continuato a esistere, perché niente e nessuno ne ha decretato lo scioglimento. E allora da quel 31 gennaio 2008, data in cui Corvasce ha fatto il suo «outing» di diessino credente e ancora militante, il partito ha continuato a vivere di vita propria. Si è infatti proceduto a un’attività di tesseramento, si è riunita (sempre a Barletta) l’assemblea degli iscritti dell’anno 2008 e si è convertita l’assemblea nel «V Congresso nazionale dei Ds-Congresso straordinario per la continuità». Il resto è roba recente, che risale a ieri. Il ricorso ha un tono perentorio. Chiede al giudice di inibire a Sposetti, il precedente tesoriere, qualsiasi atto di disposizione del patrimonio del partito. Inoltre chiede che il medesimo Sposetti renda ai ricorrenti il conto della gestione economica dei Ds da lui curata. Infine vuole impedire a Fassino e D’Alema l’uso a qualsiasi titolo del nome e del simbolo dei Ds. L’obiettivo dei 35 è quello di continuare a fare attività politica di sinistra, e non di centro come sta facendo il Pd. Ma i dissidenti, naturalmente, vogliono le risorse anche perché stanno già guardando alle elezioni europee. Ed è lì, a Strasburgo, che vogliono riportare il partito al fasto di una volta. La parola, ora, passa al tribunale. Stefano Sansonetti