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 2008  novembre 26 Mercoledì calendario

Famiglie lacerate. Non dall’ostilità interna, anzi: dal troppo affetto e rispetto per il padre, che porta i figli al conflitto fra tradizione e modernità

Famiglie lacerate. Non dall’ostilità interna, anzi: dal troppo affetto e rispetto per il padre, che porta i figli al conflitto fra tradizione e modernità. Famiglie senza inimicizia: padri autoritari, figli non ribelli. Famiglie tristi. E una sorpresa, in due dei tanti film sui rapporti familiari presentati al Tff: americane o cinesi che siano, almeno al cinema le famiglie sono ormai uguali. In The New Year Parade di Tom Quinn, americano, il contrasto nasce da una sfilata di gruppi musicali a Filadelfia per il Capodanno. Uno spettacolo piuttosto grandioso, con i musicisti mascherati (da pellerossa, da antichi egizi) e impegnati in balletti complessi, con prove che durano mesi, con un tifo patriottico simile a quello speso per il Palio di Siena. La band in cui si esibisce il protagonista, guidata dal padre, non vince mai e stavolta risulta tredicesima. Stufo di perdere, irritato col padre che è andato a vivere da solo, lui cerca di passare a una band rivale e si tormenta: sarà giusto ferire l’onore del padre e della famiglia, può permetterselo, sarà normale svendere la tradizione per essere una volta tanto vincente? Non ce la fa, naturalmente: e per questo neppure è troppo deluso, anzi le abitudini gli restituiscono una certa calma affettuosa. Ne Il pozzo, primo film del trentenne cinese Zhang Chi, ambientato tra le catene montuose d’una città mineraria della Cina occidentale, il contrasto nasce dalla miniera: da generazioni gli uomini di una famiglia e del luogo lavorano sottoterra, scavano carbone, rischiano la vita. Mentre il padre sta per compiere sessant’anni e andare in pensione, i figli rifiutano la prospettiva di un’esistenza come la sua e cercano altre vite: piuttosto naturale, data la frequenza degli incidenti mortali nelle miniere cinesi. La ragazza se ne va a lavorare in città. Il ragazzo sogna di diventare una popstar, lascia di nascosto la scuola, parla di Pechino come dell’Eldorado, canta canzoni depresse («Mi sento vuoto e inutile, nel mio cuore non c’è niente»), ma non ha talento né carattere sufficienti. Nonostante la repulsione, finirà come tutti gli altri in miniera, mentre il padre pensionato si mette in viaggio per ritrovare la moglie da anni scomparsa. Dispiace un po’ che le diverse aspirazioni dei figli risultino frustrate con tanta brutale naturalezza. Le analogie tra famiglia americana e cinese sono molte: si mangia guardando la tv, ci si alza nel buio dell’alba per andare a lavorare, si adorano i bambini piccoli, non si urla né ci si picchia. Magari è una certa delicatezza dei registi a stabilire comportamenti simili: tutt’e due guardano i loro personaggi con la pietà riservata ai vinti, ai condannati da un destino amaro, senza mai supporre per loro neanche un attimo di felicità. Stampa Articolo