Lorenzo Tondo, La Gazzetta dello Sport 26/11/2008, 26 novembre 2008
LORENZO TONDO TORONTO
(Canada) d «Ho vissuto in un periodo in cui ai neri era vietato bere dalle fontane o entrare nei ristoranti. Non ho mai votato in 72 anni. E sono felice di aver conservato il mio voto per Obama. Assistere all’elezione di un afroamericano alla presidenza degli Stati Uniti d’America è un sogno».
Filosofo Parola di Rubin «Hurricane » Carter, il pugile che sarebbe forse divenuto campione del mondo se non fosse stato condannato al carcere a vita per un triplice omicidio che non aveva mai commesso. Ma quelli erano gli anni in cui ai neri era vietato alloggiare negli hotel o frequentare le stesse scuole dei bianchi e non andava certo giù al New Jersey di allora che un «negro» che leggeva Rousseau e Voltaire salisse sul podio dei pesi medi. Lo incastrarono il 17 giugno del 1966 e per venti lunghissimi anni Rubin invecchiò innocente in un carcere.
Destino Lo abbiamo trovato a Toronto: ci dà appuntamento a casa sua, in un tranquillo quartiere residenziale a pochi metri da High Park. Lo sguardo è quello di una volta, così come i baffi, anche se più radi e brizzolati. Indossa un grosso cappello nero da cowboy e una camicia rosa. Rubin è ancora euforico per il risultato delle elezioni americane. Parlare del neoeletto presidente viene quasi spontaneo. Obama è nato nel 1961, anno in cui Carter, scontata una prima pena di 14 anni, usciva dal penitenziario di Trenton e iniziava la sua carriera da pugile: Rubin crede nel destino. «Con Bush, il mondo, il nostro paese, aveva raggiunto un pericoloso livello di distruzione. Ogni civiltà sviluppa due linee – spiega Rubin, simulando un grafico con le dita – c’è la linea della costruzione, quando tiriamo su scuole, ci preoccupiamo dell’assistenza sanitaria e dell’educazione. E poi c’è la linea della distruzione, quando ci concentriamo sulla nostra forza militare ed espandiamo guerre e morte. Se la linea della distruzione sorpassa quella della costruzione, beh, allora si rischia distruggere tutto quello che si è costruito. Ecco, con Bush, avevamo raggiunto un livello massimo di distruzione e McCain avrebbe continuato su quella strada».
Simbolo Il salotto di casa Carter sembra un museo eretto alla lotta contro le discriminazioni razziali. Sul muro risaltano le immagini in bianco e nero delle proteste che infiammarono i ghetti, dei pugni guantati di Tommie Smith e John Carlos a Messico ’68. Di Muhammad Ali, Nelson Mandela e Bob Dylan che sulla vita di Carter scrisse nel 1975 una delle sue più belle canzoni. Rubin visse quegli anni turbolenti rinchiuso in una cella di quattro metri quadrati, diventando un simbolo del movimento antirazziale e un protagonista scomodo per le autorità. Ed è convinto di una cosa: senza la lotta dei «fratelli », oggi Obama non sarebbe il Presidente degli Stati Uniti.
Riscatto Malcolm X era uno dei migliori amici di Rubin che con gli occhi lucidi dall’emozione racconta: «Era come un fratello e la pensavo come lui: se qualcuno ti mette le mani addosso io non porgo l’altra guancia. Tre anni dopo, nel 1968, assassinarono Martin Luther King. Se fossi stato fuori avrebbero ucciso anche me. Ma ero una sorta di celebrità. Un atleta. Sapevano che non potevano ficcarmi due pallottole in testa. Allora lasciarono che fosse il sistema a farmi fuori». I neri rappresentano ancora oggi la parte più povera del paese. Rubin sa che non sarà facile per Obama, ma è sicuro che con lui le cose cambieranno: «Oggi, negli Stati Uniti, ci sono più neri in prigione che all’Università. Questo è perché abbiamo vinto tante battaglie, ma non abbiamo ancora vinto la guerra. Ci percepiamo ancora come una comunità inferiore. Ecco, io sono sicuro che con Obama cambierà il modo in cui gli afroamericani si percepiscono. arrivato il momento di strapparsi di dosso quei vestiti da gangster, con quei calzoni larghi e le magliette lunghe fino alle ginocchia e specchiarsi in un uomo intelligente, brillante, colto, capace di raggiungere la Casa Bianca».
Motivatore Ha una voce cavernosa, appassionata. Una di quelle voci che ascolteresti per ore. Vengono da tutto il Nord America per ascoltarla. Qui in Canada Rubin è soprattutto famoso per i suoi discorsi in pubblico. un «motivational speaker » e parla a uomini e donne di tutte le età; racconta la sua vita e insegna agli altri come affrontare la loro. «Un modo per guadagnarmi da vivere». Il Professor Carter, prima di essere condannato a tre ergastoli, all’età di undici anni fu assegnato ad un riformatorio per aver aggredito un pedofilo. Riuscì a scappare nel 1956 ma fu riacciuffato due anni dopo e costretto a scontare un altro anno di carcere. Hurricane ha praticamente passato metà delle sua vita dentro una gabbia. Oggi, Rubin Carter è in pace con il mondo?
L’Uragano inspira il fumo della quinta sigaretta, accenna un sorriso e dice: «Lo so che può sembrare pazzesco, ma quei 20 anni di carcere sono stata la cosa più bella che mi sia mai capitata. Mi hanno aiutato a capire chi ero veramente. Mi hanno aiutato a realizzare che il mondo in cui viviamo è un’isola fantastica dove tutto è possibile. Dove uno che si chiama Barack Obama può essere eletto presidente degli Stati Uniti. Se non fossi in pace con il mondo non sarei qui davanti a te».