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 2008  novembre 26 Mercoledì calendario

MILANO

Tempi difficili per le grandi acquisizioni: mancano i finanziamenti, è difficile realizzare sinergie, dappertutto si registrano forti cali della domanda che rendono poco convenienti le aggregazioni. Così, nonostante un corteggiamento durato quasi un anno - anche a causa della contrarietà della potenziale sposa - il numero uno al mondo nel settore minerario, Bhp Billiton, ha annunciato di voler ritirare l´offerta sulla terza società internazionale del settore, Rio Tinto. E´ l´ennesima operazione a saltare nell´ambito delle materie prime e dell´industria estrattiva, in poco tempo: nel marzo scorso ad esempio il secondo gruppo internazionale Vale do Rio Doce aveva rinunciato a comprare Xstrata, questo mese invece è stata la russa Oao Novolipetsk a fare marcia indietro sull´acquisizione dell´americana John Maneely.
Il responso dei mercati è stato chiarissimo: la società che ha gettato la spugna è stata iper-premiata (con un rialzo fino al 20%, anche se poi la chiusura è avvenuta su valori più contenuti), mentre Rio Tinto è crollata del 40%; del resto, già dallo scorso aprile il mercato aveva cominciato a subdorare che l´offerta sarebbe caduta e aveva pilotato le quotazioni della riottosa società verso prezzi sotto i valori dell´opa.
Bhp aveva avanzato un´offerta carta contro carta, che all´epoca della proposta valeva oltre 100 miliardi di dollari; la crisi ha poi tagliato il valore dell´opa fino a 66 miliardi di dollari ai prezzi di ieri. Chiarissime le motivazioni della retromarcia: «I recenti cali dei prezzi delle materie prime hanno aumentato le dimensioni del rischio» dell´operazione, ha spiegato il numero uno della compagnia anglo-australiana Marius Kloppers, che al momento non è più «nell´interesse degli azionisti».
Dunque, il deterioramento dello scenario economico mondiale ha consigliato maggior prudenza, anche perché «la maggior esposizione al debito della società che sarebbe nata dalla fusione e la difficoltà nelle dismissioni di asset» avrebbero esposto i soci a «un livello di rischio inaccettabile», ha detto ancora Kloppers, che invece ha confermato la validità industriale di medio periodo dell´operazione. Solo nell´agosto scorso, i vertici di Bhp Billiton si erano detti fiduciosi sullo scenario complessivo, soprattutto per la fame di materie prime della Cina. Ma ora che anche Pechino ha tirato il freno a mano sulla domanda, lo scenario è destinato a deteriorarsi rapidamente: proprio i ritardi negli ordini da parte cinese potrebbe portare a un taglio delle consegne nell´ordine del 5% rispetto ai volumi complessivi dell´anno per Bhp, mentre i prezzi dei metalli sono scesi del 35% in ottobre. Con punte anche peggiori: il palladio, elemento fondamentale nella costruzione delle marmitte catalitiche, è sceso del 70% e almeno la metà della produzione di alluminio nel mondo è attualmente non redditizio. Il rame, che fino all´anno scorso andava letteralmente a ruba, da aprile ad oggi ha perso il 50%.
Davanti a questi valori si capisce meglio il dietrofront del colosso mondiale dei metalli ferrosi; anche perché la sua offerta non piaceva alla preda e lasciava molto contrariati anche i giganti europei dell´acciaio, che temevano l´eccessiva concentrazione del settore. Non a caso il sì condizionato dell´Antitrust, da Bruxelles, prevedeva la cessione di alcuni asset. Che, non a caso, i manager di Bhp Billiton temevano di dover svendere, a causa della crisi, appesantendo i conti del gruppo e il profilo dell´indebitamento.