Enrico Franceschini, la Repubblica 26/11/2008, 26 novembre 2008
dal nostro corrispondente LONDRA - L´editoriale del Times ha il tono del necrologio: «New Labour, 1994-2008»
dal nostro corrispondente LONDRA - L´editoriale del Times ha il tono del necrologio: «New Labour, 1994-2008». E la prima pagina del Daily Mail parla ancora più chiaro: «Il giorno in cui è morto il New Labour». A provocare il decesso, secondo la stampa conservatrice britannica, è la decisione presa da Gordon Brown di indebitare pesantemente il Paese per rilanciare l´economia in recessione, unitamente a quella di aumentare le tasse, sebbene soltanto ai più ricchi, per pareggiare in un secondo tempo quel debito. In un colpo solo, tuonano i commentatori, il primo ministro ha violato i due sacri principi imposti al partito laburista da Tony Blair (con il pieno appoggio di Brown), all´epoca della svolta modernizzatrice che trasformò il vecchio Labour, socialista e perdente, nel «New» Labour riformatore e vincente. Non aumentare il deficit dello Stato e non aumentare le imposte, era la duplice promessa di Blair, capovolgendo il mantra della sinistra «tassa e spendi». Ora invece il deficit 2009 salirà all´8 per cento del pil, ben oltre il limite del 3 per cento fissato per i paesi dell´euro-zona; e le tasse, dal 2011, saliranno dal 40 al 45 per cento per chi guadagna oltre 150 mila sterline (180 mila euro) l´anno. Brown si difende sostenendo che la Gran Bretagna può indebitarsi, perché ha il passivo più basso tra i paesi del G7; e affermando che circostanze eccezionali, quali la crisi finanziaria globale, richiedono misure eccezionali. Peter Mandelson, l´architetto del New Labour, ora tornato al fianco di Brown come ministro delle Attività Produttive, riassume con la consueta abilità gli odierni imperativi del partito: «Mercato quando è possibile, governo quando è necessario, giustizia». Ma i giornali ristampano la controversa frase pronunciata proprio da lui all´avvento del blairismo, quando il New Labour voleva apparire il paladino del capitalismo: «Sono intensamente rilassato all´idea che la gente diventi schifosamente ricca». Da allora, indubbiamente, è cambiato qualcosa. Non sarà il «ritorno al socialismo» a cui adesso plaude la sinistra laburista, ma sembra come minimo, scrive Philip Stephens, decano dei columnist del Financial Times, un «goodbye al New Labour».