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 2008  novembre 25 Martedì calendario

Se tutti gli esperti e presunti tali affermano che la crisi in arrivo sarà grave, quantomeno una valanga, conviene attrezzarsi ad affrontarla

Se tutti gli esperti e presunti tali affermano che la crisi in arrivo sarà grave, quantomeno una valanga, conviene attrezzarsi ad affrontarla. Ciò che non mi pare stia avvenendo. Probabilmente i consumi sono diminuiti, forse non c’è più chi cambia automobile ogni sei mesi, o chi acquista cappotti e vestiti senza sapere dove appenderli giacché il guardaroba è stipato. Tuttavia, sarà per cecità mia, non vedo gente al lumicino causa denutrizione né segnali di una imminente catastrofe sociale. Oscar Giannino osserva: è vero, il debito pubblico italiano costituisce un primato mondiale, ma la situazione debitoria delle famiglie non è altrettanto allarmante; anzi, nonostante gli errori e le furbate delle banche, il risparmio individuale è molto confortante e non ha eguali - per consistenza - in altri Paesi occidentali. In più gli interessi sui mutui sono calati e la rata mensile è tornata ad essere abbordabile. Quindi, se è giusto non lasciarsi andare nelle spese e darsi una regolata nel senso della sobrietà, è altrettanto giusto non gridare al lupo finché non se ne odano gli ululati. Si parla con insistenza di disoccupazione incombente. Entro l’anno, si dice, 400 mila precari rischieranno (...) (...) di perdere il posto. Può darsi. Ma non è certo. Finché reggono le esportazioni, penso non possa accadere qualcosa di extra-fisiologico. Berlusconi incita i cittadini a consumare allo scopo di rilanciare la produzione e i commerci. La sua però non mi sembra una soluzione idonea. Fino a ieri abbiamo condannato il consumismo, l’usa e getta, gli sprechi, la nauseante opulenza. E adesso, all’improvviso, contrordine: riempitevi il frigorifero e gettate nella pattumiera quanto avanza e va in malora. Abbiamo ancora negli orecchi le prediche dell’ex ministro Sirchia: basta con le merendine che provocano l’obesità dei bambini i quali poi saranno adulti ciccioni e costeranno l’iradiddio alla Sanità pubblica; pretendo che i ristoranti adottino le mezze porzioni così i connazionali cesseranno di abboffarsi. Il presidente del Consiglio, all’epoca non lontana di Sirchia-l’antifumo, era lo stesso di oggi e immagino condividesse la linea del suo ministro. Ora però il governo spinge nella direzione opposta: ingozzatevi di cibo e correte in farmacia a rifornirvi di digestivi; un ruttino e sarete pronti ad entrare in un’altra trattoria. Avete una macchina sola? Stupidini, cosa aspettate a farvi un suv e una citycar? Non sapete dove parcheggiare? Lasciate le vetture in strada. Abbelliscono il paesaggio. Ragazzi, assaltate i supermercati. Questo è il modo suggerito dal Cavaliere per fugare la crisi. Sbaglierò, ma la ricetta mi sembra inadeguata per non dire illogica. Come mi sembra un errore dare un contributo una tantum (una sorta di strenna natalizia) a chi ha un reddito basso per incrementare i consumi. Intendiamoci, non sono nemico degli indigenti. Ci mancherebbe. Però segnalo al premier che misurare la povertà di una famiglia in base al reddito ufficiale è fuorviante. Difatti spesso a denunciare introiti miserrimi non è chi ha davvero bisogno (al quale le trattenute fiscali vengono fatte all’origine, sulla busta paga o sulla pensione) bensì gli evasori, cioè persone indegne di ogni sostentamento. C’è una categoria che sarebbe agevolata pur essendo sincera: quella degli immigrati, indigenti per definizione, direi storicamente in bolletta. La stessa cui vengono assegnate le case popolari in rapporto al reddito complessivo, quasi mai comprendente rendite da proprietà immobiliari e da lavoro autonomo. Per farla breve, il pericolo non è tanto andare incontro agli stranieri (se hanno l’acqua alla gola) ma quello di irritare i nostri compatrioti esclusi dalle provvidenze perché appena sopra la presunta soglia di povertà. In tema di extracomunitari, vale la pena ricordare che il loro numero si aggira intorno a 3 milioni e mezzo; e mi riferisco a coloro i quali sono in possesso di permesso di soggiorno e prestano servizio alle dipendenze di qualcuno. Sono parecchi. E svolgono mansioni che, con tutta evidenza, sono snobbate dagli italiani. Fosse così, e non può essere diversamente, la crisi paventata dovrebbe persuadere i nostri a riconsiderare se stessi e la loro disponibilità ad accettare i mestieri cosiddetti umili. In altri termini, non esistono lavori appunto umili, esiste semmai la necessità di farli in mancanza di alternative. Nessuno più vuole imparare l’arte del muratore? Nessuno vuole più imparare l’arte del pizzaiolo o del fornaio o del benzinaio? No signori, non avete capito: la crisi, se ci fosse, non consentirebbe di avere la puzza sotto il naso. E occorrerebbe adattarsi alla realtà, come ci adattammo noi in altri tempi assai duri e superati solo in virtù del fatto che nessun lavoro ci faceva schifo. Semmai ci disgustava la disoccupazione. Coraggio figlioli, chi parte dal basso può solo salire. Salite, se siete capaci.