Giochi e scommesse in Italia di Vittorio Emiliani, l’Unità, 19/11/2008, pag. 35, 19 novembre 2008
I giochi e le scommesse legali (poi ci sono le somme "in nero", cospicue) hanno raggiunto nel 2007 una cifra da capogiro: oltre 42 miliardi di euro, cresciute cioè di un quarto rispetto all’anno precedente
I giochi e le scommesse legali (poi ci sono le somme "in nero", cospicue) hanno raggiunto nel 2007 una cifra da capogiro: oltre 42 miliardi di euro, cresciute cioè di un quarto rispetto all’anno precedente. Rispetto al 2003 poi l’incremento risulta vertiginoso con un + 169 per cento (probabilmente per una certa emersione del gioco clandestino). Quasi un 3 per cento del PIL nazionale. E non siamo neppure i giocatori più accaniti del mondo, superati nella sola Europa dagli Scandinavi e dagli Inglesi, per esempio.Comunque ci piazziamo in buona posizione. Ne sorride l’Erario che si porta a casa oltre 7 miliardi di euro. Nell’anno in corso poi la crisi economica morde e spinge a scommettere, a giocare d’azzardo anche di più, ovunque si possa comprare un gratta e vinci, usare una slot machine, staccare un biglietto della lotteria o puntare al lotto o al Super Enalotto. Più morde la crisi economica e più si spera, disperatamente, nella fortuna. Soprattutto nelle province dove il reddito famigliare è più basso e precario. Nella classifica delle prime 30 province italiane per la quota di reddito spesa in giochi & scommesse ci sono ben 24 province del Sud e delle Isole. In testa a tutte Caserta e Napoli col 12,7 e l’11,4 per cento rispettivamente, il doppio in pratica della media nazionale che è del 6,3 per cento. In coda, invece, province ad alto reddito come Biella, Padova, Trieste e Bolzano, col 3-4 per cento, la metà circa della stessa media nazionale. Quindi, chi meno ha, più spende del proprio magro e precario reddito, e perde, perde regolarmente. Tutte le province italiane hanno infatti registrato, l’anno scorso, un bilancio negativo, tranne una, curiosamente, la provincia di Forlì-Cesena dove la vincita si è tuttavia fermata a 35 euro a testa. Si sono moltiplicati, con la legge Bersani, i punti di vendita di giochi e scommesse e questo è giusto perché per decenni i potentati familiari regionali che egemonizzavano, ad esempio, le agenzie ippiche (una dozzina di anni fa, giro 3.500 miliardi di scommesse in lire) erano ancora quelle della legge Orsi Mangelli del 1942, controllate da SNAI, Sisal, Spati e pochi altri. Lo SNAI aveva potuto - nonostante un enorme conflitto di interessi - acquistare pure grandi ippodromi, a partire da San Siro aMilano. C’erano agenzie ippiche che, in lire, fatturavano anche 30 miliardi all’anno. Ora l’ippica versa in piena crisi ed è un peccato dal punto di vista agricolo (si tratta pur sempre di allevamenti con circa 10.000 cavalli), umano e sportivo, il settore dà lavoro a circa 50.000 persone direttamente e ad altre 20.000 nell’indotto. Ma si è davvero spremuto troppo il limone correndo ovunque e comunque, anche al mattino (caso raro, assieme al Cile), moltiplicando a dismisura la Tris, non controllando per anni il doping (800 casi senza risposta e si leggono tempi strepitosi ovunque). Grave è la crisi di credibilità: gli spettatori disertano lo spettacolo, molto bello, degli ippodromi, si pigiano invece gli scommettitori nelle sale giochi puntando su altre poste. Si sono fermati addirittura tutti i Grandi Premi, in testa il Derby italiano di trotto e il Jockey Club e le Oaks di galoppo. Con uno sciopero durato quasi un mese. Il governo ci ha messo una pezza (precaria) garantendo al monte premi di trotto e galoppo l’1 per cento del gettito delle slot machines, sempre più diffuse, anzi, pericolosamente diffuse. Sulle grandi aree verdi dei maggiori ippodromi hanno messo da tempo gli occhi i costruttori più potenti: è il caso del gruppo Ligresti per i due splendidi ippodromi (trotto e galoppo) di San Siro, difesi con le unghie dai soli comitati dei residenti. I profitti nel campo delle scommesse e dei giochi possono essere altissimi. Specie quando le licenze vengono rinnovate senza gara. Come accadde per il SuperEnalotto. La rivendita delle quote della Sisal - la società che "inventò" le scommesse calcistiche nel dopoguerra e che poi creò il SuperEnalotto - acquisite da Pier Domenico Gallo di Meliorbanca e da Gianpiero Fiorani di Efibanca e quindi Banca Popolare di Lodi fruttarono in un biennio (come ha scritto Claudio Gatti sul "Sole 24Ore") ben 25 milioni di euro di plusvalenze. Grande successo continuano a mietere le lotterie, con un volume di giocate raddoppiato in un solo anno. Mastanno crescendo sempre più slot machines, videopoker e altri giochi virtuali dove si spendono, e si perdono, cifre altissime a vantaggio di pochi concessionari e distributori di macchinette elettroniche: questo settore si porta via, da solo, poco meno della metà di tutte le puntate (poco meno di 19 miliardi di euro). Cresce pure velocemente il gioco on line: del 43,2 per cento nell’ultimo anno, secondo inchieste Doxa e Human Heghway. I giocatori, in questo caso, sono soprattutto giovani e giovani adulti, fra i 25 e i 44 anni. La stessa febbre del poker on line è salita al punto che ci sono oltre 500.000 tornei al mese e ben 10 milioni di euro gettati ogni settimana su quel tavolo verde virtuale.Con Lottomatica che punta a divenire leader anche in questo settore. I giochi sul web, secondo Nomisma, stanno avendo un successo enorme per l’ingresso di giocatori, per lo più, fra i 18 e i 27 anni, molti dei quali diplomati. In Francia è stata lanciata una campagna di dissuasione contro i giochi "rovina famiglie" e a favore di un gioco "responsabile". Da noi, zero. E invece a questi dati bisognerebbe prestare molta attenzione anche per ragioni di trasparenza. La liberalizzazione, infatti, ha portato a migliaia e migliaia di punti vendita, ma i controlli sono quelli che sono. Inadeguati rispetto alla "ripulitura" che, sempre più spesso, vi avviene di denaro "criminale". altamente immorale che lo Stato si limiti ad incassare le tasse su giochi.