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 2008  novembre 27 Giovedì calendario

ROBERTO BOCCA PER L’ESPRESSO 27/11/2008

Mauro non smette di tormentarsi le mani. seduto sul divano letto di un monolocale in affitto, alla periferia di Torino. Appesa al muro di fronte, con due pezzi di scotch, c’è la fotografia di una bambina di cinque anni e del fratello di dieci che fanno le boccacce. "I miei figli", dice. Non li vede da febbraio e da un mese ha perso il posto di lavoro. "Tutto è iniziato quando io e mia moglie, un’insegnante di scuola media, ci siamo separati. All’inizio eravamo d’accordo: la nostra storia era finita, non restava che lasciarci. Poi lei ha cambiato idea e mi ha accusato di avere un’altra donna. Urlava che ero un bastardo, che volevo fregarla. Giuravo che si sbagliava, la pregavo di ragionare ma ripeteva che l’avrei pagata".
Da allora Mauro, 39 anni, un buon curriculum da informatico, non ha più visto o sentito i figli. Ha sporto anche denuncia, per sbloccare la situazione, ma non è servito. "Se citofono sotto casa, la mia ex minaccia di sparire con i bambini. Se telefono, riappende". Di più: "A settembre è andata dal mio titolare coperta di lividi. Ha detto che l’avevo picchiata, anche se in verità non la vedevo da tempo. Lui mi ha difeso, ha assicurato che non le credeva. Ma alla scadenza del contratto, non me lo ha rinnovato". Anzi: non gli ha concesso nemmeno un ultimo chiarimento: "Come fossi un ladro, un delinquente. Uno che ha rovinato la propria famiglia, e può far danno all’azienda".
Divorzio e distruggo. questa, sempre più spesso, la strategia di chi si lascia. Annientare l’ex coniuge. Colpirlo a 360 gradi: dal fronte economico a quello psicologico. Oltre ogni limite e buon senso. Manovrando i figli con spaventosa lucidità. Aizzandoli contro l’altro genitore. Calpestando, nella smania di vendetta, chiunque si opponga. "Il tutto", dice la psicologa Irene Bernardini
, fondatrice del centro milanese ’Gea-Genitori ancora’, "con un accanimento mai visto prima". Calunnie e ripicche, manipolazioni e crudeltà, spiega, sono "figlie di una società dove si litiga per principio. Ci si scanna al lavoro, tra amici. Anche in politica trionfa il modello del rissare sempre. Logico che i sentimenti seguano gli stessi binari. Persino quando, con un pizzico di pazienza, ci sarebbero soluzioni ragionevoli".
I numeri confermano. Se nel 1996 i divorzi erano 32 mila 717, nel 2006 (ultimo dato Istat disponibile) sono diventati 49 mila 534, con un più 2 mila 498 rispetto all’anno precedente. Uno scenario nel quale il 60,1 per cento degli ex coniugi ha fatto i conti con la presenza di figli (46 mila 586 in totale, dei quali 23 mila 940 minori). Ma nonostante ciò, o forse proprio per questo, il 14,4 per cento delle coppie è arrivato alla separazione giudiziale e il 20,2 si logora in divorzi conflittuali. "Un calvario", dice Paola, 35 anni, ligure, dirigente di una multinazionale farmaceutica. La sua, all’inizio, è la favola borghese di una bocconiana che sposa un giovane notaio. I due smaniano per avere un figlio, che però non arriva. "A quel punto", spiega, "mi sono rassegnata. Ho pensato fosse il destino e ho investito tutto su mio marito". Lui invece no: "All’improvviso mi ha confidato di avere una relazione. E non l’ha detto per onestà: doveva lasciarmi, perché l’amante era incinta di sette mesi".
Mossa dalla rabbia, la signora è andata oltre il lecito. Ha tempestato il marito di telefonate e minacce. Ma lui l’ha superata: "Si è inventato che, da sposati, avevo rapporti sessuali con minorenni, facendolo confermare da un nipote complice". Così, per avvelenare il clima e metterla all’angolo. "La parola esatta è patologia", afferma Vittorio Cigoli, docente all’università Cattolica di Milano e autore del saggio ’Psicologia della separazione e del divorzio’ (Il Mulino). "In certi casi la perversione cresce nel matrimonio ed esplode con la separazione. Altre volte è l’abbandono a fare da detonatore. Ma il risultato non cambia: chi esce a pezzi da un matrimonio non trova solidarietà". La ragione, secondo Cigoli, è che "il divorzio è diventato un atto banale. Non colpisce la fantasia e non commuove. Insomma: non interessa".
I risultati finiscono spesso in cronaca. "Liti davanti al figlio: chiesto il rinvio a giudizio per genitori che divorziano", titolava giorni fa il ’Corriere della sera’. Nello stesso periodo entra in carcere Diego Volpe Pasini, leader del movimento politico ’Sos Italia’ (accusato di non versare gli alimenti all’ex moglie) e le agenzie di stampa battono altre notizie di sangue e violenza. Come quella di S. N., 37 anni, catanese, che per l’affido dei figli ha ucciso a coltellate l’ex moglie. O quella dell’imprenditore di Ferrara che, folle di risentimento, ha rinchiuso quattro giorni in casa l’ex moglie e i due figli. "Storie estreme, aggravate dai limiti del nostro sistema giudiziario", dice il matrimonialista Cesare Rimini. "Un giudizio più rapido smorzerebbe la conflittualità, ma i tempi sono lentissimi": tre mesi per accedere all’udienza presidenziale (che avvia la separazione), più i tre anni tassativi per accedere al divorzio, più i 6-9 mesi che passano in media tra la prima udienza e l’istruttoria, più il tempo imprevedibile per una sentenza definitiva. Un incubo. Complicato, se possibile, da due considerazioni: "La prima", dice Marzio Barbagli, sociologo all’università di Bologna, "è che in Italia ci sposiamo sempre più tardi, per cui è difficile riciclarsi dopo il fallimento. Secondo, molti si separano ma non divorziano, prolungando così il livore".
La conferma si trova online, cliccando sul forum del sito www.amando.it. Qui centinaia di ex coniugi avviliti, impauriti ma anche furibondi, confrontano le loro storie. Si va dalle questioni economiche ("Avvocato, quanto mi costi?", scrive Joker, lamentando i 2 mila euro per una separazione consensuale) ai rimpianti generazionali ("Non è più come una volta, che se c’era un problema in famiglia si stava insieme e lo si risolveva", sostiene Pallina). Fino allo snodo cruciale: i figli. Amati, amatissimi. Desiderati all’inverosimile quando negati. Ma anche scagliati a piena potenza contro il coniuge nemico. Scrive Laura 45: "Non so come reagire, sono distrutta. Sbatto la testa contro il muro per non pensare. Il mio ex marito ha deciso di farmi impazzire. Nel fine settimana tiene con sé nostro figlio, che ha sette anni, e lo tratta da schifo: d’inverno lo fa uscire in maniche corte, d’estate lo porta sulla spiaggia senza spalmargli la crema. Una volta si è distratto, e il bambino è stato investito da una motocicletta". Per giunta, continua, "non riesco a parlare con mio figlio quando è con il padre: tiene sempre il cellulare spento. O, se risponde, si vendica con il ragazzino: gli molla ceffoni e urla che è nervoso perché non lo lascio in pace".
Episodi simili sono comuni, sul tavolo degli avvocati. Anche se in teoria, sul fronte dell’affido, la situazione è migliorata. Fino al 2006 la legge prevedeva che il giudice scegliesse il genitore a cui destinare i figli, premiando spesso la madre. Ora invece, con la legge 54, il magistrato valuta in primis l’ipotesi che i figli minori siano affidati a entrambi i genitori. "Soluzione impeccabile sulla carta, molto meno nella pratica", dice l’avvocato Maria Pia Sabatini, vicario responsabile alla Commissione famiglia del Consiglio dell’ordine di Roma. Certo, aggiunge, "è importante che le responsabilità siano condivise. Ma a parte i cambi linguistici - da’affido congiunto’ ad ’affido condiviso’, da ’genitore affidatario’ a ’genitore collocatario’- poco si è modificato. I figli vivono con un genitore, solitamente la madre. E il padre resta escluso dalle scelte quotidiane".
Anche da questo, dicono gli psicologi, derivano sfiducia reciproca e desiderio di delegittimazione. Eccessi che si ritrovano, tali e quali, in una serie di sindromi, studiate negli Stati Uniti e rimbalzate in Italia. Ad esempio quella della Madre malevola (Divorce realated malicious mather), focalizzata dal professor Ira Daniel Turkat della University of Florida, ed esposta da Anna Oliverio Ferraris nel saggio ’Dai figli non si divorzia’ (Mondadori). Si tratta, scrive, di "un’anomalia globale del comportamento", basata "sulla manipolazione psicologica dei figli, la vessazione del partner attraverso gravi accuse infondate e la disponibilità ad andare anche contro la legge".
Ancora più subdola, giura chi l’ha subita, è la Sindrome di alienazione genitoriale (Parental alienation sindrome), dove la madre o il padre indottrinano i figli per screditare l’ex coniuge. "Il fatto che i ragazzi veicolino le calunnie", spiega Mario Andrea Salluzzo, psicologo e segretario della Federazione italiana per la bigenitorialità (Fe.N.Bi), "le rende più verosimili". Ma il discorso non cambia: "La sfida è trasformare il divorzio da zona di conflitto a luogo di incontro. Non servono le guerre sante tra uomini e donne: dobbiamo unirci per una riforma del diritto". Un’esigenza sentita anche in Parlamento, sia a destra che a sinistra. Lo scorso dicembre, la commissione Giustizia del Senato ha approvato le "nuove norme sulla materia dello scioglimento del matrimonio", incentrate sul passaggio al divorzio breve (da tre a un anno di attesa). Poi il governo è caduto, ma il testo è stato ripescato dal ministro ombra Pd delle Pari opportunità Vittoria Franco. Il tutto mentre Gabriella Giammanco, deputato del Pdl, presenta una proposta di legge sulla " maggiore tutela ai coniugi separati o divorziati non affidatari dell’abitazione" (la casa, dato Istat, va nel 58 per cento delle separazioni alla moglie, nel 21,1 ai mariti nel 20,9 a nessuno dei due). "Rimane un problema a monte", dice l’avvocato matrimonialista Sabatini: "La legge non prevede, come per il diritto societario o del lavoro, una fase preliminare al giudizio. Se così fosse, eviteremmo gran parte degli 80 mila procedimenti annuali: non solo onerosi per lo Stato - che ci mette magistrati, cancellieri e ufficiali giudiziari - ma anche massacranti per chi li vive sulla propria pelle".
Tutta gente che, prima o poi, incroci al secondo piano del Tribunale civile di Roma, dove partono le istruttorie per separazioni e divorzi. La confusione è totale, in questo vecchio corridoio. Urlano gli avvocati in cerca dei clienti. Urlano ex mogli ed ex mariti come fossero nella cucina di casa. Urlano anche i bambini, straniti dalla situazione. E lo stesso accade nelle stanze dei giudici, dove le udienze si svolgono a porte aperte. Su un tavolo, impilate alla bene e meglio, ci sono le cartelline delle pratiche. I legali vanno e vengono, toccano e ritoccano per assicurarsi di non essere superati dai colleghi. Poi entrano con gli assistiti e scoppia la bagarre.
In questo dramma collettivo, seduto in un angolo, stranamente in silenzio, aspetta il suo turno Claudio, 40 anni, ex sottufficiale dell’esercito alla soglia del divorzio. "L’errore", racconta, "è stato non credere a mia moglie. Un giorno mi ha detto: se continui ad andare in missione, finisce che io e tuo figlio ti cacciamo di casa. Le ho risposto che era la mia vita, che non sapevo fare altro. Ma lei insisteva: voleva che mi congedassi e diventassi una guardia giurata. Finché, effettivamente, ha chiesto la separazione. Con un’aggravante: mi ha denunciato per abusi sessuali su mio figlio". L’accusa, racconta il suo avvocato, è presto caduta. Ma dall’esercito Claudio se n’è andato per vergogna, riciclandosi proprio come guardia giurata.
"L’allarme è culturale, ancor prima che sentimentale", spiega la matrimonialista Anna Bernardini De Pace, "La generazione di uomini e donne dai 40 ai 45 anni ha i problemi peggiori. Le signore, cresciute nel boom economico, non sanno cosa farsene dei coetanei carrieristi. Loro stesse sono in carriera: quindi li mollano e puntano sugli over 50, più utili per le relazioni sociali". Quanto agli uomini, dice Bernardini De Pace, "sono un misto di infantilismo e aggressività: due fattori che, nel divorzio, provocano danni enormi".
Lo riconosce anche Giorgio Ceccarelli, fondatore dell’associazione nazionale ’Figli negati’ e protagonista di azioni clamorose: dalla protesta dei padri in parrucca sotto al ministero delle Pari opportunità, al travestimento da Batman per sostenere Jason Hatch, il padre separato che, agghindato da supereroe, ha urlato la sua disperazione dal balcone di Buckingam Palace: " vero che la giustizia premia le ex mogli", dice Ceccarelli. " vero che molti uomini finiscono senza soldi e possibilità di vedere i figli. Ma non dimentico i padri carogna: quelli inesistenti dopo la separazione, o che non pagano gli alimenti". Anche di questo, assicura, si parlerà nei prossimi due appuntamenti dell’associazione: la marcia del Daddy’s Pride del 22 marzo e il convegno ’L’Italia disarma i padri’, dove avvocati e psichiatri si confronteranno in Campidoglio.
L’obiettivo concreto, non solo di Ceccarelli, è il ripensamento della macchina statale attorno al divorzio. "L’ideale", dice il ministro ombra Vittoria Franco, sarebbe un tribunale della famiglia: "Una struttura che decida tutto, dai divorzi agli affidi". Sulla stessa linea Maria Elisabetta Alberti Casellati, sottosegretario alla Giustizia, che ha annunciato un progetto di legge "entro fine dell’anno, massimo inizio 2009". Ma le buone intenzioni non appagano gli addetti ai lavori: "Si parla, si progetta e si realizza poco", dice l’avvocato Sabatini. "Basti pensare ai mediatori familiari, in teoria utilissimi, in pratica poco utilizzati".
L’argomento è scivoloso, concordano tutti. Di ’esperti mediatori’ si parla ufficialmente per la prima volta nella legge 54 del 2006, dove spuntano questi professionisti (esterni ai tribunali) ai quali i coniugi possono rivolgersi per accordarsi. "Poi è mancato il rigore", dice Irene Bernardini, lei stessa mediatrice. "La categoria non ha un codice deontologico, e certe scuole di formazione sono a dir poco discutibili". Trovare sponde affidabili, insomma, non è automatico. "Anche un fruttivendolo, per paradosso, potrebbe inventarsi mediatore", ammette Luigi Zammuso, presidente dell’Associazione italiana mediatori familiari (A.i.Me.F), "ma questo non significa che siamo tutti ciarlatani. Anzi. La nostra struttura (a cui aderiscono 695 iscritti, dagli 85 della Puglia ai 3 dell’Umbria), punta in primo luogo su un protocollo etico condiviso. Che, ovviamente, è efficace se abbinato alla ragionevolezza dei coniugi".
Un presupposto tutt’altro che scontato. "Divorziare", ricorda nel suo ultimo saggio Robert E. Emery, docente alla University of Virginia, è un lutto devastante; uno choc a base di "scorie tossiche" (vedi riquadro sopra). "Ma anche una guerra fatta di astuzie infami", racconta Emanuela, quarantenne notaio napoletano. La sua vicenda, per una volta, non è segnata dallo scontro sui figli. "Mio marito, un politico, ha deciso di lasciarmi per una compagna più giovane", dice. "Da parte mia avrei potuto accettarlo: non era un matrimonio entusiasmante. Ma alla spartizione dei beni, il mio ex pretendeva che lasciassi la casa". Come punto d’incontro, lei propone di spaccare in due l’appartamento. Ma il marito non accetta. Al contrario: "Per farmi cedere, ha costruito un dossier con notizie riservate sul mio lavoro. E ha minacciato di spedirlo alla concorrenza".
Ricordi squallidi, li definisce Emanuela. Ha appena traslocato nella nuova casa, sta partendo per un viaggio esotico e si sente "serena, prontissima a incontrare nuove persone". Ma soprattutto determinata a colpire l’ex marito. "Lo dico senza vergogna: mi vendicherò. Potete darmi torto?".