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 2008  novembre 25 Martedì calendario

RIASSUNTO PIANO DI SALVATAGGIO CITIGROUP

La notte del 23 novembre il governo americano ha messo a punto il più grande salvataggio bancario della storia.
L’operazione riguarda Citigroup, 200 milioni di clienti in 106 nazioni, 300 mila dipendenti e asset stimati in tremila miliardi di dollari.
Il Tesoro inietterà 20 miliardi di dollari (25 erano già stati erogati) di liquidità nel colosso newyorkese, ma sopratutto garantirà titoli a rischio per 306 miliardi di dollari (in buona parte prestiti in sofferenza: mutui immobiliari, garanzie commerciali, bond legati ai mutui subprime e obbligazioni corporate). Su questo punto il piano prevede che l’istituto debba sostenere solo i primi 29 miliardi di perdite, dopo lo Stato si farà carico del 90% delle perdite: il Tesoro dei primi cinque miliardi, la Fdic (l’ente che assicura i depositi) dei successivi dieci e la Federal Reserve del resto. Se il valore di questi titoli spazzatura crolla a zero il crac sarà ripianato dalla garanzia pubblica, in cambio Washington otterrà 27 miliardi di dollari in azioni privilegiate che renderanno al Tesoro un dividendo dell’8%.
A rendere particolarmente fragile il colosso bancario globale è la dimensione della "finanza ombra" nei suoi affari: a fronte di un bilancio di 2.000 miliardi di attivi, Citigroup ha altri 1.230 miliardi di dollari di entità fuori-bilancio: derivati, titoli strutturati legati a mutui e altri debiti a rischio, contratti d´assicurazione anti-insolvenza che valgono come carta straccia. Per Citigroup si stavano facendo insistenti le voci di insolvenza. Le azioni erano crollate sotto i 4 dollari (-60% nell’ultima settimana, -90% dai massimi dell’anno scorso). L’intervento del governo è stato accolto con un sospiro di sollievo in Borsa assestandosi su un valore di 5-6 dollari per azione.
George Bush: «Abbiamo preso simili decisioni in passato, ne abbiamo presa una adesso e se necessario faremo altrettanto in futuro». Ha poi aggiunto che nell’operazione c’è stata «piena cooperazione» con Obama.