Il paroliere di Gomorra è camorrista di Alberto Mattioli, La Stampa, 24/11/2008, pagg. 1- 37, 24 novembre 2008
Ci mancava solo il paroliere latitante. Decisamente Gomorra, il film di Matteo Garrone tratto dal romanzo di Roberto Saviano, campione di incassi e di polemiche, candidato italiano all’Oscar per il migliore film straniero, non si fa mancare nulla
Ci mancava solo il paroliere latitante. Decisamente Gomorra, il film di Matteo Garrone tratto dal romanzo di Roberto Saviano, campione di incassi e di polemiche, candidato italiano all’Oscar per il migliore film straniero, non si fa mancare nulla. La produzione si è messa a cercare Rsario Armani, autore di molti testi per quei cantanti neomelofdici che esprimono l’anema più recente del core napoletano. L’intento era lodevole: pagargli i diritti per un brano inserito nella colonna sonora del film. Ma i produttori hanno fatto due scoperte. Prima, che Rosario c’era ma Armani no, perché il vero congome del poeta formato canzonetta è in realtà un più prosaico e meno modaiolo Buccino. Seconda, che sarebbe stato difficile fare i conti con il signor Rossario Buccino perché costui, accusato di un numero imprecisato di reati assortiti, aveva deciso di non regolare i suoi con la giustizia ed era sparito. Latitante, insomma. solo l’episodio più clamoroso che emerge da un’inciesta di Andrea di Quarto per Tv Sorrisi e Canzoni. Ma nel caso della melodia napoletana di oggi, sicuramente sono più le canzoni che i sorrisi. Prima è arrivata l’ammissione di Gigi D’Alssio che ha detto di essersi esibito per anni alle feste dei boss, facendosi anche quindici fra parti e matrimoni al giorno pur di scampare al destino di cui lo minacciavano in caso di rifiuto: «Ti tagliamo la gola», eventualità sgradevol per tutti e particolarmente per un cantante. Poi, questa inchiesta, che racconta come addirittura i clan finanzino gli artisti emergenti «investendo» sui loro guadagni futuri. Che nell’ambientinoo in cui si muovono molte star «made in Napoli» non ci si limita a far rimare cuore con amore lo conferma, ad esempio, il caso di Tommaso Prestieri, pure lui paroliere ma anche agente, detto «il boss poeta», recentemente arrestato con l’accusa di aver sparato a un collega, il manager Carmelo Zappulla. Costui aveva sgarrato organizzando un concerto del suo rappresentato nel territorio di Prestieri. Altro che Siae... «A noi questa gente dà lavoro e se uno mi chiama a cantare non gli chiedo la fedina penale», spiegava tuttavia Raffaello, una delle voci più popolari della canzone napoletana di oggi insieme a personaggi che raramente si sentono nominare (e figuriamoci cantare) fuori dai confini campani e he invece lì sono autentiche star con seguiti impressionanti. «Basta con sta camrra: se uno fa o menager che ce trase a camorra?», sbotta anche Carmine Sarno, detto «o’ Topolino», titolare dell’agenzia Bella Napoli, potente manager della musica e fratello del boss Ciro Sarno, dell’omonimo clan di Ponticelli, detto invece «o’ sindaco» perché era lui che assegnava le case ai terremotati, evidentemente con criteri diversi da quelli della prefettura. Insomma, canzomni e pistole, acuti e agguati, neomelodici e boss, Rosari nei nomi di battesimo e rosari per i morti ammazzati. Tutto nella tradizione dei posteggiatori, della festa di Piedigrotta e della vecchia ricetta borbonica del buongoverno, quella delle tre «effe»: fete, farina e forca. Ma, nel 2008, un po’ di effetto lo fa.