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 2008  novembre 16 Domenica calendario

una camera angusta. Un letto accogliente. Sul comodino una pillolina anti-vomito e un bicchiere d’acqua con 15 grammi di pentobarbital di sodio

una camera angusta. Un letto accogliente. Sul comodino una pillolina anti-vomito e un bicchiere d’acqua con 15 grammi di pentobarbital di sodio. Una pozione amara che in genere viene diluita con qualche cucchiaino di zucchero. Ci vuole davvero poco per morire. Per alcuni c’è anche una cannuccia colorata. Solo in pochi infatti arrivano fino a quel punto con la forza necessaria per alzare un semplice bicchiere. E, soprattutto, nessuno può essere aiutato in quell’ultimo sforzo che precede il viaggio verso la morte. L’unico supporto su cui si può contare è la presenza di un medico al capezzale, che ”accompagna al suicidio”. L’ultimo viaggio dura solo pochi minuti. Prima ci si addormenta, dopo due o tre minuti si cade in un coma profondo. Subito dopo la respirazione si ferma e il paziente muore. Sono queste le immagini, agghiaccianti del video pubblicato sul sito di Dignitas, un’associazione svizzera che si offre di accompagnare i pazienti verso quella che viene definita ”un’estrema uscita di emergenza”. Il suo nome tecnico è però ”suicidio assistito”, un servizio offerto dall’associazione che ha sede a Forch (Zurigo), ed è stata fondata nel 1998. «Il nostro scopo – racconta Ludwig Minelli, fondatore di Dignitas, a Il Messaggero – è quello di prevenire il suicidio. Ma se per il paziente, affetto da una malattia terminale o da un’invalidità dolorosa e insopportabile, la morte rappresenta l’unica soluzione, noi lo aiutiamo con il suicidio assistito». Un servizio che costa in media 3.500 euro (costo può variare in base al reddito, secondo il regolamento di Dignitas), oltre al contributo d’ingresso di circa 72 euro e una quota annuale di 36 euro. Non è rivolto solo ai cittadini elevetici, ma anche a quelli di paesi in cui queste tecniche non sono permesse. Per questo i soci svizzeri chiamano il servizio ”Sterbhilfe welweit” che dal tedesco significa ”assistenza alla morte nel mondo”. Moltissimi i tedeschi e gli inglesi, ma anche alcuni italiani. Una quindicina di nostri connazionali, ad esempio, sarebbero (il condizionale è d’obbligo) già morti nei lettini svizzeri e altri tre sono ora in lista d’attesa. Sono a buon punto, visto che sono riusciti a ottenere il primo ”lascia passare” dalla Commissione nazionale elvetica, la prima ad analizzare i casi e a passare la parola ai soci della Dignitas. Questi ultimi studiano le cartelle dei singoli pazienti, ne valutano le condizione cliniche e lo stato mentale. I presupposti indispensabili per ottenere il nulla osta definitivo verso la morte sono fondamentalmente quattro: essere soci di Dignitas, avere la capacità di intendere e di volere, essere afflitti da una malattia mortale o da un’inaccettabile menomazione o da dolori cronici insopportabili. Superata la selezione, si sceglie la data e, senza bagagli o familiare accanto (in Italia l’accompagnatore rischia dai 6 ai 12 anni di galera), si raggiunge la ”clinica della morte”. Un vero e proprio fenomeno di ”turismo verso l’aldilà”. Entrare in contatto con Dignitas non è ormai più un problema. La maggior parte dei paesi, compresa l’Italia, ha la possibilità di rivolgersi a un’associazione nazionale che fa da ”ponte” con l’organizzazione tedesca. Nel nostro paese c’è Exit-Italia (Associazione italiana per il diritto a una morte dignitosa) che, nel rispetto dei limiti della legge, aiuta i nostri connazionali ad avere tutto il materiale informativo, numeri di telefono e consigli utili sulle pratiche da sbrigare, per diventare soci di Dignitas e, quindi, usufruire del servizio di ”suicidio assistito”. «Abbiamo stipulato – racconta Emilio Coveri, fondatore e presidente di Exit-Italia – un accordo con Dignitas affinché i nostri soci abbiano la certezza, qualora arrivasse il momento, di essere accettati dall’associazione svizzera per morire dignitosamente». Gli iscritti a Exit-Italia sono 1.380 e due dei tre italiani in lista d’attesa alla Dignitas fanno parte dell’associazione. «Non è detto che chi si iscriva a Exit-Italia vada a morire in Svizzera», precisa Coveri. Più numerosi invece gli iscritti ad associazioni, che come Exit-Italia sono riconosciute dalla World Federation of Right to Die Societies, che fanno parte di altri paesi. «In Svizzera sono 60 mila e Francia 43 mila. In Olanda sono addirittura 110 mila», dice Coveri. Fino ad oggi Dignitas ha aiutato a morire circa 840 persone, tra cui più di due terzi stranieri. Nel Regno Unito è un vero e proprio allarme, soprattutto dopo il caso eclatante del ”suicidio assistito” di Daniel James, giovanissimo rugbista inglese rimasto paralizzato per un incidente durante un allenamento. E diverse polemiche sono scoppiate a seguito del ”suicidio assistito” di alcuni associati (per lo più tedeschi) avvenuto in automobile. Dignitas, infatti, ha avuto grossi problemi di sede: nessuno, compresi gli hotel, voleva fittare stanzette ”a chi aiuta le persone a uccidersi”. Senza contare le polemiche scoppiate dopo la diffusione dei risultati di uno studio del Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica, secondo cui tra il 2001 e il 2004 il 21 per cento dei pazienti che sono ricorsi ai servizi di Dignitas non si trovavano in punto di morte.