GIULIO FERRONI http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/Libri/grubrica.asp?ID_blog=54&ID_articolo=1806&ID_sezione=81&sezione=, 25 novembre 2008
Perché è diventato impossibile l’impegno in letteratura L’impegno è inscritto fin dall’origine nell’anima stessa della letteratura italiana, inciso nella poesia di Dante Alighieri: una poesia sostenuta da una accorata volontà di denuncia delle storture e degli orrori della storia contemporanea, da una aspirazione alla giustizia e al bene collettivo ribadita anche nella vertiginosa ascesa del Paradiso
Perché è diventato impossibile l’impegno in letteratura L’impegno è inscritto fin dall’origine nell’anima stessa della letteratura italiana, inciso nella poesia di Dante Alighieri: una poesia sostenuta da una accorata volontà di denuncia delle storture e degli orrori della storia contemporanea, da una aspirazione alla giustizia e al bene collettivo ribadita anche nella vertiginosa ascesa del Paradiso. E nel supremo incontro con l’avo Cacciaguida, nel cielo di Marte, Dante riceve la conferma del valore essenziale di questo impegno di denuncia, ascolta una recisa autorizzazione della sua «parola brusca»; viene invitato ad escludere ogni reticenza, a nominare col loro nome cose e personaggi, senza arretrare di fronte ai pericoli che ciò può comportare: «Ma nondimen, rimossa ogne menzogna, [...] tutta tua visïon fa manifesta; [...] e lascia pur grattar dov’è la rogna». E tanto più forte sarà questa denuncia poetica, quanto più in alto si collocheranno i suoi obiettivi: «Questo tuo grido farà come vento, [...] che le più alte cime più percuote; [...] e ciò non fa d’onor poco argomento» (Paradiso, XVII, 127-129, 133-135). Tra le ragioni della grandezza assoluta della poesia di Dante c’è proprio l’energia che la porta fuori di sé, che la conduce a chiamare in causa fin dalle fondamenta la realtà contemporanea, le sue situazioni più concrete, proprio nel cuore di una visione e di un’invenzione che si proiettano sul piano del cosmo e dell’eterno. [...] I rivolgimenti che si sono dati alla fine del XX secolo e gli sconvolgimenti con cui ha avuto inizio il nuovo millennio hanno categoricamente smentito le ipotesi politiche e rivoluzionarie su cui si era a lungo sostenuto l’impegno degli intellettuali: e in molti casi hanno mostrato la natura illusoria e mistificatoria di quell’impegno, le contraddizioni e gli equivoci che lo costituivano. Come ho già accennato, l’engagement novecentesco ha chiesto a lungo agli intellettuali di essere dalla parte della storia, di collaborare alla costruzione di un futuro disegnato secondo modelli precostituiti, di muoversi verso la liberazione dell’umanità: esso si collegava al sogno e all’illusione del moderno, all’ipotesi di una inarrestabile accelerazione della storia e del progresso e all’identificazione della modernità con lo sviluppo industriale, con il benessere collettivo, con l’emancipazione del terzo mondo, con il socialismo, ecc. Insieme al crollo del comunismo sono crollati gran parte dei presupposti di quell’engagement, mentre si è data una vera e propria saturazione della modernità, interpretata in termini incongruamente ottimistici dagli apologeti del postmoderno, ma prolungatasi come frana, deriva, accelerazione indeterminata, incontrollabilità dei processi, rigurgiti di pregiudizi e fondamentalismi, intreccio perverso tra violenza e virtualità. In questo percorso [...] un autentico impegno non può coincidere più con la collaborazione ad un percorso storico, ad una tendenza o ad una linea politica, ma può svolgersi solo come conoscenza e testimonianza, ricerca di verità, lotta contro la saturazione del linguaggio, attenzione a vicende che riguardano luoghi concreti, situazioni specifiche, persone reali, a conflitti che chiedono una conciliazione, un arresto della violenza e dell’orrore. Responsabilità dell’intellettuale sarà allora in primo luogo, come ebbe a suggerire Elias Canetti, «responsabilità per la vita che si distrugge», impegno a dar voce alla resistenza dell’umano e della natura, alle ipotesi di equilibrio e di razionalità che si sono faticosamente costruite nei secoli, alla salvaguardia delle vite e degli spazi dalle oppressioni che le attanagliano e dalle molteplici minacce che gravano sulle esistenze individuali, sullo spazio civile, sull’ambiente sociale e naturale. In questa chiave, l’impegno della letteratura si trova necessariamente ad essere «a parte»; non può mai risolversi nell’adesione a qualche gruppo precostituito; e tanto meno può porsi dalla parte del presunto cammino della storia, di quelle che i media considerano le tendenze vincenti, gli orizzonti del futuro. Lo scrittore non può condividere in nessun modo la sfrontata aggressività di chi, credendo di aver capito quali siano le tendenze profonde verso cui si muove il mondo, pretende di farsene carico, di cavalcare quel movimento verso il futuro. [...] All’evanescenza del reale, alla difficoltà di percepirlo, corrisponde peraltro la difficoltà di identificare la verità, di intendersi su quale sia la verità: può essere allora molto rischioso postulare uno stretto collegamento tra impegno della letteratura e ricerca della verità, in un universo in cui tra l’altro sono in conflitto molteplici verità, che spesso si considerano nemiche, tendono a combattersi e reciprocamente ad annullarsi. La letteratura, proprio in virtù del sapere accumulato nel proprio passato, può dar luogo a sempre nuovi confronti con la pluralità e la relatività della verità, conducendo necessariamente ad un’apertura verso più verità date e verso più verità possibili: in una negoziazione tra verità, che non può prescindere da un’ottica critica, da uno sguardo critico agli effetti che ogni verità possono avere sulla vita, al suo possibile contributo alla sua difesa dalle minacce che su di essa incombono. Non la verità come distruzione (era il sogno di tanto nichilismo rivoluzionario che ha ancora accecati adepti), non la ricerca di una trasparenza assoluta rivolta a squarciare i fragili veli su cui si regge l’equilibrio delle società umane, ma una scommessa per una verità plurale che aiuti a resistere alla distruzione, a difendere la vita minacciata degli individui, dei gruppi sociali, dei popoli, dell’intero pianeta. L’impegno della letteratura può risolversi oggi nel trarre alla luce (grazie alla forza di un’invenzione e di un linguaggio che non si pieghino alla deriva dei modelli mediatici e pubblicitari) delle verità provvisorie, parziali e locali, ben coscienti dei propri limiti, ma capaci di incontrare lettori sempre più convinti della urgente necessità della salvezza del mondo. DA OGGI A GERUSALEMME Dialoghi italo-israeliani su scrittura e società In occasione della visita di Stato del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, si aprono oggi a Gerusalemme i «Dialoghi italo-israeliani» tra scrittori, critici, letterati e traduttori dei due paesi. Il tema degli incontri (che dureranno tre giorni e si concluderanno il 27 novembre) è «Letteratura e impegno». Sono stati organizzati dall’Istituto italiano di cultura in collaborazione con la Casa delle letterature. L’iniziativa si ripeterà a Roma nel 2009. Pubblichiamo un estratto della lezione che Giulio Ferroni, critico e storico della letteratura italiana, terrà oggi a Gerusalemme in apertura degli incontri. GIULIO FERRONI http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/Libri/grubrica.asp?ID_blog=54&ID_articolo=1806&ID_sezione=81&sezione=