Soldi (quasi) a tutti di Gianluigi Paragone, Libero, 21/11/2008, pagg.1-3, 21 novembre 2008
La notizia nuda e cruda è la seguente: la Banca europea degli investimenti ha sganciato alla Regione Calabria un prestito di 450 milioni di euro
La notizia nuda e cruda è la seguente: la Banca europea degli investimenti ha sganciato alla Regione Calabria un prestito di 450 milioni di euro. Per la restituzione non c’è fretta: se ne riparla tra quindici anni, tanto il tasso di interesse è più agevolato di quello proposto dalla cassa depositi e prestiti. La stessa Banca europea, invece, non ha ancora deciso sugli stanziamenti da girare alla Lombardia e al Piemonte, che li avevano richiesti a sostegno delle piccole e medie imprese. Vista la crisi mondiale non mi sembrava una cattiva mossa. Però per Bruxelles tutta questa fretta non c’è. A che servono allora tutti questi soldi destinati alla Calabria? Per rilanciare l’industria, per attrarre nuovi investimenti. Se non fosse che il film è già vecchio prima di cominciare, ci sarebbe di che gioire. Ma, appunto, la trama è arcinota. Non sono i soldi a mancare nel Sud. Pensate che, negli anni tra il 2000 e il 2006, l’Europa scucì la bellezza di oltre 51 miliardi di euro per rianimare il Mezzogiorno italiano. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: fare impresa al Sud è una… impresa. Fatte le debite eccezioni, le quali però non generano un sistema. Non sono bastati i soldi - dicevamo - per migliorare la scuola, la formazione professionale, le infrastrutture, l’occupazione. Non è con i soldi dell’Europa che il lavoro nero è diluito, anzi a dirla tutta ogni anno che passa la situazione si fa più grave, a tal punto che viene un sospetto: il lavoro nero non è una piaga, ma una risorsa. In Calabria arrivano 450 milioni di euro. Magari altri ne arriveranno in Campania, in Puglia, in Sicilia. Sia chiaro, sarebbero da benedire quei soldi, se servissero per ammodernare il Sud. Sappiamo che non sarà così. Per buona parte entreranno nella palude dell’assistenzialismo con tanti saluti allo spirito di impresa, al mercato. Così è stato in tutti questi anni di contributi europei. Così fu negli anni della Cassa del Mezzogiorno. Conosco l’obiezione: quei soldi finirono nelle tasche degli imprenditori (...) (...) del nord. vero. I furbetti non sono mancati, però se quello era ed è ancora l’unico modo per accedere a un rubinetto sempre aperto, è difficile biasimarli perché hanno riempito la tanica. Il nord, tutti quei soldi, non li ha mai visti. Al contrario ne ha visti parecchi sprecati per mantenere la Res Publica senza ottenere i servizi adeguati. Oggi che i mercati segnano tempesta, va ammesso che se le nostre imprese fossero state messe nella condizione di pensare più ai mercati che alla burocrazia, ai contratti più che alle scartoffie, non starebbero con l’acqua alla gola. Invece, la realtà è esattamente questa: il nordest fatica e il nordovest non macina più. Pure le grandi imprese non hanno convenienza a restare in Italia. Per quale motivo dovrebbero delocalizzare in Calabria o giù di lì? Se ne vanno all’estero. Perché lì conviene davvero e soprattutto si evitano rogne. Per essere severi e freddi fino in fondo, ma chi glielo fa fare a un industriale investire al Sud? Il costo del lavoro non è competitivo. Quanto alle infrastrutture, se al nord sono intasate e sono insufficienti, al sud sono assenti del tutto. Poi metteteci tutto quello che è persino inutile ricordare: la malavita, la malapolitica, il degrado e il menefreghismo. La questione meridionale da che era una emergenza sacrosanta, ora è un piagnisteo. Altrove, non ci avrebbero messo molto a sfruttare ciò che il buon dio ha messo loro a disposizione: sole, mare, sapori, paesaggio e arte. Se le cose non migliorano, uno cambia classe politica: al Sud i politici ammuffiscono nelle stanze del potere. E se sono lì, qualcuno li ha votati. Il Mezzogiorno ha bisogno innanzitutto di una rivoluzione culturale. Basta con la fesseria che manca lo Stato: le scuole a Scampia ci sono esattamente come a Treviglio, basta mandarci i figli; i contenitori per la spazzatura ci sono a Napoli esattamente come a Como, basta usarli; le forze dell’ordine ci sono in Campania come in Emilia, basta rispettarle invece di prenderle a sberle. In secondo luogo, il Sud ha bisogno di una riforma fiscale: in questi giorni ho letto un bel libro ”Come il federalismo fiscale può salvare il Mezzogiorno” (scritto da Piercamillo Falasca con Carlo Lattieri; edizione Rubettino), dove si azzarda l’abbattimento generalizzato e per dieci anni dell’imposta del reddito di impresa per chi investe al Sud, un po’ com’era accaduto per l’Irlanda. Una sfida estrema, perciò affascinante. Solo allora servono i soldi, inteso come una grande banca del Sud. I sussidi e i prestiti agevolati sono soldi buttati al vento. Non generano un sistema virtuoso. Agevolano soltanto sotterfugi e furberie. Nel migliore dei casi anestetizzano le difficoltà. Ma - ripeto - non generano un sistema, non attrezzano una economia.