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 2008  novembre 21 Venerdì calendario

Mourinho apre il dibattito, Lippi si interroga, Abete ribatte. Il calcio italiano piace oppure no? Bella domanda, cui ognuno ha la sua personale risposta

Mourinho apre il dibattito, Lippi si interroga, Abete ribatte. Il calcio italiano piace oppure no? Bella domanda, cui ognuno ha la sua personale risposta. Poi ci sono i dati oggettivi, che dicono la loro e invitano a riflettere. Il tecnico dell’Inter parla di scarso appeal che il football di casa nostra ha negli altri Paesi, magari sarebbe il caso di chiarire prima quanto ne abbia sugli sportivi italiani. Siamo in recupero quanto a presenze negli stadi, ma non abbastanza da poter cantare vittoria. Anzi, il paragone con gli altri campionati del continente continua a risultare imbarazzante. Vero, siamo a quota 24.647 spettatori di media a partita, meglio dello scorso anno (22.740), molto di pidella stagione precedente (19.348), quella del dopo-Calciopoli. Restiamo, per, ben lontani - oltre 10mila presenze in meno a partita - da chi i suoi stadi riesce a riempirli, come la Bundesliga tedesca, che da un paio di stagioni ha superato i maestri inglesi, e la stessa Premier League. Se pensiamo che da tre anni a questa parte anche la Liga spagnola ha sopravanzato la serie A, mentre la Ligue 1 francese siavvicinata pericolosamente, appare lampante come i progressi non siano sufficienti a dare il segnale di una effettiva sterzata. Del resto, non­solo il campionato a fornire certe indicazioni, ma pure altre competizioni di rilievo, a partire dalla Champions League. Per riempire come un uovo l’Olimpico di Torino c’voluta l’Italia del rugby, disciplina che nel capoluogo piemontese ­ben lontana dalle sue tradizionali roccaforti. Non c’erano riuscite Juventus e Torino per la stracittadina, non c’erano riusciti i bianconeri in occasione della sfida europea con il Real Madrid, che aveva chiamato a raccolta 25.813 spettatori, pio meno come quella stessa sera al Carrow Road di Norwich per la partita con i Wolves (Championship inglese, la nostra serie B). Certo, i tempi sono cambiati, c’la concorrenza della tv. Una scusante che, per, regge fino a un certo punto. Sky ha registrato negli ultimi anni un’impennata negli abbonamenti (circa 4 milioni e 600mila), ma non arriva alle cifre della sorella inglese, che supera i 6 milioni di abbonati in un Paese con minor numero di abitanti e maggior numero di spettatori negli stadi. Questo per quanto concerne l’indice di gradimento degli italiani per il proprio calcio. Negli altri Paesi la musica non cambia. Noi apprezziamo il calcio altrui, gli altri molto meno il nostro. Il costo dei diritti tv esteri pone la serie A, con una cifra pari a 100 milioni, sul gradino pibasso del podio, alle spalle della Premier League (310) e della Liga (110), ma ben davanti a Bundesliga (35) e Ligue 1 (20) E se noi apprezziamo il calcio degli altri (Sky trasmette con buoni risultati partite di calcio inglese, tedesco, spagnolo, scozzese, russo; Sportitalia s’concentrata su Argentina, Brasile, Olanda), altro la serie A trova sempre meno spazio nei palinsesti. Lontani, ormai, i tempi in cui la trasmissione Football Italia (una partita in diretta e talk-show) riscuoteva un grande successo in Inghilterra: la prima partita trasmessa in chiaro da Channel 4, un Sampdoria-Lazio del campionato 1992-93, fu seguita da oltre 3 milioni di telespettatori, mentre nel 2006 si arrivava se no a 20mila persone sintonizzate. Ora il calcio italiano­praticamente scomparso dalla tv inglese, mentre (come ha detto Mourinho) per vedere qualcosa in Portogallo tocca attendere la mezzanotte della domenica. Come direbbe il Renzo Arbore di un vecchio sport tv: meditate, gente, meditate.