Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  novembre 24 Lunedì calendario

La sua Africa è questa: un villaggio in Kenya, Kaptamok, dove tutti la chiedono in sposa. Ora che è una million dollar star

La sua Africa è questa: un villaggio in Kenya, Kaptamok, dove tutti la chiedono in sposa. Ora che è una million dollar star. Pamela Jelimo ha fatto il suo primo viaggio all’ estero l’ anno scorso, per andare a gareggiare e a vincere nei Campionati africani junior a Ouagadougou, in Burkina Faso. Era una ragazzina sconosciuta, molto chiacchierata per il suo fisico, poco femminile. Quest’ anno il suo debutto nel mondo: vince gli 800 metri ai Giochi di Pechino e il jackpot della Golden League dell’ atletica (un milione di dollari, appunto). Al suo ritorno in Kenya nella Rift Valley il governo le mette a disposizione un elicottero per tornare a casa dove le dedicano una strada e dove trova sette uomini che si dichiarano suoi padri biologici, più una schiera di pretendenti. Pamela appartiene alla tribù dei Nandi, che nel 2007 sono stati al centro di una rivolta sanguinosa contro i Kikuyo che avevano in mano la maggioranza governativa. Sono tanti i campioni Nandi: Paul Tergat, Kipchoge Keino, Moses Kiptanui, Mike Boit, Martin Lel, Tecla Lorupe. Ma la sua particolarità è che Pamela è la terza di nove figli (6 sorelle, 3 fratelli) e che sua madre Roda Kheptoo è anche suo padre. Infatti una delle regole della tribù dei Nandi dice che se una coppia ha solo figlie femmine, una delle ragazze viene scelta come maschio di casa. Nel ruolo di capofamiglia. Deve allevare il bestiame e prendersi cura di tutti i problemi quotidiani della casa. E cosa più importante può accoppiarsi, ma non sposarsi perché è "un uomo". I figli sono soltanto suoi, non avendo un padre ufficiale, perché è vietato dalle leggi tribali. Questo è accaduto a Roda Kheptoo. Dice Pamela: «La vita in Kenya è dura, io da bambina dovevo correre cinque chilometri per andare a scuola, e guai ad arrivare tardi, perché si veniva puniti. Ecco perché siamo bravi sulle lunghe distanze, perché spesso non abbiamo altra scelta. Ho avuto tanti momenti difficili, non c’ erano soldi per farmi studiare, andavo a mungere il latte e a venderlo, non avevamo altra rendita e quando vedevo mia madre piangere la rimproveravo, bisogna darsi da fare, non commiserarsi. E così lei ha venduto l’ unico toro che avevamo. Sono andata per quattro anni alle scuole superiore di Koyo, e per fortuna ho vinto molto gare di velocità, purtroppo ero indietro nella retta e solo grazie ai miei successi sportivi sono stata ammessa agli esami finali. Ora sono poliziotta, faccio la guardia carceraria, non vado più a scuola, studio da sola, sui libri, mi interesso di diritti umani. Avrei voluto avere mia madre qui con me, ma ci sono stati problemi di visti». E ha scelto tra i tanti fidanzati che si sono proposti? «Io non capisco come si possa essere così superficiali. Cosa ne sanno di me? Guardano il fuori, non il dentro. Io non mi voglio sposare con uno attratto dal mio conto in banca, e poi il fidanzato già ce l’ ho, è uno che corre come me. Tutti sono interessati ai miei soldi, ma io mi voglio concentrare sulla carriera. Certo che nel mio villaggio tante cose non vanno, non c’ è elettricità, ci sono tanti bambini orfani, che hanno bisogno di tutto, ma se comincio a dare, altri verranno da me a chiedere e io non riuscirò più a stare concentrata sulla corsa». Ha solo diciannove Pamela, ma non parla come una ragazzina. L’ unico vezzo che si è concessa sono delle nuove treccine e uno smalto rosa. «Credo che la situazione delle donne in Kenya possa cambiare, se ci impegniamo, su di me ha avuto molta influenza l’ esempio di Maria Mutola. Ma dobbiamo avere determinazione. Il cinema mi piace, però i film di oggi spesso parlano di cose brutte e tragiche, e io di quelle non ne posso più». Il governo le ha concesso il passaporto diplomatico, fatto unico per uno sportivo. Ora nel 2009, allenata da Zaid Aziz, dovrà confermarsi e magari attaccare il record più longevo dell’ atletica mondiale, lo strepitoso 1’ 53"28 della cecoslovacca Jarmila Kratochvilova che risale al 1983. «Un contro è provarci un conto è riuscirci. Ho appena parlato con Jarmila, che mi ha detto che le piacerebbe allenarmi, ma lei filava come il vento, era una sprinter versatile. Infatti il suo è un record che dura da venticinque anni. Però io sono testona e più che da sposare sono difficile da fermare».