Michele Smargiassi, la Repubblica 25/11/2008, 25 novembre 2008
Alessandro, testa alta, sguardo dietro gli occhialini trendy, come se uscisse dal bar e non dalla Questura
Alessandro, testa alta, sguardo dietro gli occhialini trendy, come se uscisse dal bar e non dalla Questura. Fabio, quello col codino, è gelido ma ha lo sguardo nel vuoto. Enrico il ricciolino si copre la faccia. Matteo il ragazzone piange. Da qualche ora i quattro bravi normalissimi ragazzi con la tanica di benzina e l´accendino non sono più un gruppo. Game over, ciascuno per sé. Come se ciò che li teneva insieme fosse solo quel giocattolo divertente, lo scaccianoia delle ultime settimane: brucia-il-barbone. Sconvolti veramente sono i genitori. Il procuratore li ha lasciati soli qualche minuto in un ufficio coi figli, dopo la confessione e prima del trasferimento in carcere: troppo poco per chiedere e per capire, abbastanza per disperarsi: due mamme svengono tra le braccia dei poliziotti. «Sono ragazzi bravissimi, è un fulmine»: una delle madri, bionda, non si sa di quale dei quattro. Due padri spintonano una telecamera, «andate via». C´è una piccola folla in strada, qualcuno grida «Spàrati!», «Vergognati, cosa nascondi?» «Ti dovrebbero dare col gas». Nessuno reagisce. «Operazione gioventù bruciata» è il nome della brillante operazione di polizia. Ma dove, bruciata? Neanche scottata. Nessun precedente. Niente droga. Poco alcol. Zero politica. Stipendi in tasca. Abitano coi genitori. Bruciata? Gioventù fredda e normale, come la noia che ha partorito quest´idea feroce, forse al tavolino di questa Cantinetta di Padùl, bar di periferia ma più che dignitoso, bar sportivo come da striscioni «Rimini vai!», bar di serate come stasera, un ragazzo col cappuccio sussulta vedendo le foto degli arrestati poi dice «non dico niente», una ragazza col piercing senza smettere di giocare al videopoker borbotta «so chi è, uno normalissimo». «Oddìo ma è un mio cliente!» inorridisce la titolare davanti alla foto di Fabio, «ma è un bravo ragazzo, d´estate fa la stagione nei ristoranti, era qui sabato, ha preso una camomilla». Al banco c´è uno che ne riconosce tre, «si vedevano spesso in giro». Niente di più. Cambi zona, Marina Centro, il caffè Pascucci è uno dei locali più alla moda della capitale dell´estate: altre cadute dalle nuvole. «Alessandro? Lavora qui da un anno. Gioioso, generoso. Tanti straordinari e mai un problema», si sbalordisce il titolare, «non conosci mai davvero le persone?». Erano quattro amici al bar. Mestieri dei genitori: agente di commercio, professionista, operaio: questa non è emarginazione, gli indirizzi sui documenti rimandano a quartieri normali di una città benestante. Mestieri loro: Alessandro il cameriere da bar di lusso, Matteo l´elettricista, Enrico l´analista di laboratorio, Fabio lo studente Itis svogliato sui libri (tre volte ripetente) ma volonteroso nei lavoretti estivi. Una personalità s´imponeva sulle altre, quella di Bruschi, quello sceso con la tanica mentre gli altri stavano in auto a guardare: l´ultimo a confessare. Ma basta per fare una "banda"? «Nessun movente politico, nessuna ideologia razzista», garantisce il procuratore Battaglino e si lascia scappare: «Meglio i ribelli del ´68 di questi ragazzi senza valori». Ieri comunque i magistrati hanno incassato solo le confessioni, sul movente si tornerà. Per ora, i quattro non hanno dato motivazioni: volevano farlo, l´hanno fatto. «Così, per scherzo». Il barbone della Colonnella? Scelto perché a Rimini lo conoscono tutti e non importa a nessuno. Un randagio: non è ai cani che si tirano sassi e petardi? Ma per «fargli paura» col fuoco, bisogna considerarlo ancora meno: un pupazzo. Certo, hanno «chiesto scusa», si sono «resi conto», avrebbero confessato prima ma non l´hanno fatto, dicono ora, «per non far del male alle nostre famiglie». Però nelle intercettazioni tutti quei pentimenti non ci sono, c´è un tono di vanteria da tiro a segno, «ti ricordi le urla?». Gioventù normale. Gioventù bruciante. MICHELE SMARGIASSI PER LA REPUBBLICA DI MARTEDìì 25 NOVEMBRE 2008