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 2008  novembre 25 Martedì calendario

MILANO

una partita da 10 miliardi di euro. Ma al di là delle dimensioni economiche, rischia soprattutto di scatenare una prova di forza tra Europa e Russia su una questione delicata: la distribuzione e fors’anche l’approvvigionamento di gas. Al centro della disputa: il controllo della Repsol, il maggior gruppo petrolifero spagnolo (che a sua volta detiene il 30% di Gas Natural, principale società iberica nel settore del gas). E tra i contendenti figurano nomi del calibro di Lukoil, prima società petrolifera privata della Russia, e, da ieri, anche la francese Total.
Da quando, a metà settembre, il gruppo spagnolo Sacyr, soffocato da 19 miliardi di debiti a causa della crisi del settore immobiliare, ha deciso di mettere in vendita la sua quota del 20,1% in Repsol (tra le prime dieci società petrolifere del mondo, presente in 29 Paesi, e molto radicata in America Latina dopo l’acquisizione dell’argentina Ypf) si è scatenato l’immediato interesse da parte della russa Lukoil, che non ha nascosto le proprie mire di arrivare a rastrellare fino al 29,9% del capitale Repsol (ipotizzando di riuscire ad aggiudicarsi anche una parte del 12,5% attualmente in mano alla cassa di risparmio di Barcellona La Caixa), soglia oltre la quale, in base alle leggi spagnole, scatterebbe l’obbligo del lancio di un’Opa.
Venerdì la notizia dell’accettazione dell’offerta Lukoil da parte del gruppo Sacyr, che sarebbe pronto a cedere la sua quota al prezzo di 28 euro per azione (la valutazione a metà mese indicava in una cifra intorno ai 3,6 miliardi il valore della cessione, a fronte di un prezzo di acquisto che a Sacyr è costato a suo tempo oltre 6,5 miliardi).
Ma ecco spuntare l’interesse della Total, l’alternativa francese alla Lukoil nell’operazione, lanciata ieri da El Mundo. Secondo il quotidiano spagnolo, il gruppo d’Oltralpe, che un mese fa aveva già avviato un negoziato con Repsol, oggi potrebbe aumentare l’offerta fatta da Lukoil, in cambio di un maggiore controllo dell’impresa iberica all’interno del consiglio di amministrazione Total, e di una rinuncia, da parte della stessa Total, della sua partecipazione nella seconda società petrolifera spagnola, la Cepsa.
Del resto la possibilità che una compagnia russa possa diventare principale azionista di Repsol sta incontrando forti opposizioni nel mondo politico spagnolo. E non solo. L’amministratore delegato della cassa catalana La Caixa, Joan Maria Nin, non nasconde dubbi e perplessità sull’esito della cessione a Lukoil: «Siamo ai primi passi di un’operazione che, per l’interesse che ha suscitato, per la dimensione e la complessità del negoziato, prenderà tempo». E ha addirittura messo in guardia sul fatto che «potrebbe farsi oppure no». Parte del governo di José Luis Zapatero (soprattutto il ministro dell’Industria Miguel Sebastian, che nei giorni scorsi ha più volte ribadito la necessità che l’impresa resti «indipendente e spagnola») si è schierato contro la cessione ai russi del 30% di quella che è considerata una società strategica.
Gabriele Dossena

STEFANO AGNOLI (CORRIERE DELLA SERA)
MILANO - Da San Donato Milanese la posizione dell’Eni sulla futura sorte di Repsol è la stessa da parecchio tempo a questa parte: «No comment». Ieri, a Piazza Affari, i titoli del gruppo di Paolo Scaroni hanno messo a segno una performance che non registravano da settimane: quasi il 15%, un balzo da imputare però all’inversione di tendenza che ha interessato il settore dell’energia sulla scia del ritorno del barile poco sotto 55 dollari.
Il risiko spagnolo insomma non c’entra. Eppure la possibilità di una mossa con obiettivo il gruppo iberico è stata studiata a più riprese dall’Eni in un passato neppure troppo distante, ma anche ripetutamente scartata. Lo stesso ha fatto anche la Total. Il motivo della decisione di non procedere oltre? Le attività petrolifere di Repsol sarebbero state ritenute dagli esperti del Cane a sei zampe di qualità non eccelsa. In particolare gli assets argentini, eredità storica di Ypf, mentre quelli più promettenti che Repsol possiede nelle acque profonde brasiliane, i progetti Tupi e Carioca, oppure quelli in Libia, non avrebbero compensato del tutto la «merce» meno pregiata. E’ invece il business del gas ad essere considerato attraente. Sul tavolo della saga russo-spagnola c’è, come noto, anche il 30% che Repsol possiede in Gas Natural. Quest’ultima ha lanciato a sua volta un’Opa su Union Fenosa, con la quale l’Eni divide il 50% nella controllata Union Fenosa Gas (e ha un diritto di prelazione sull’altra metà). Un giro un po’ complicato (dove la Caixa gioca un ruolo chiave visto che è azionista in Repsol e socio di riferimento in Gas Natural) che tuttavia fa sì che anche l’Eni non possa guardare con assoluta indifferenza a quanto accade a Madrid e dintorni. La compagnia italiana, poi, nel gas è presente anche in Portogallo, con la Galp. Vista la sortita di Total i motivi per rispolverare il dossier Repsol, in teoria, non mancherebbero.
Stefano Agnoli