Vari del 25/11/2008, 25 novembre 2008
ARTICOLI SUL SALVATAGGIO DI CITIGROUP TUTTI TRATTI DAI GIORNALI DEL 25/11/2008
CORRIERE DELLA SERA
GIANCARLO RADICE
MILANO – A Wall Street come nella City, la sensazione è che si sia aperta una nuova fase nella gestione della crisi. C’è l’«effetto Obama», in primo luogo, con il suo staff economico di primissimo piano – dal segretario al Tesoro Timothy Geithner al capo dei consulenti Lawrence Summers – e con un piano di stimolo dell’economia che fra alleggerimenti fiscali per i contribuenti e massicci investimenti pubblici mobiliterà risorse fra i 500 e i 700 miliardi di dollari, ben oltre i 175 miliardi promessi in campagna elettorale. Ma a infiammare le Borse mondiali, ieri è stato anche l’«effetto Citigroup». Dopo aver immesso in questi mesi nel sistema finanziario oltre 300 miliardi di dollari, ora il Tesoro Usa e le agenzie di controllo hanno cambiato rotta, pronte a farsi carico dei «cattivi» asset di singoli istituti sulla base di precisi standard.
Il «modello Citi» è stato messo a punto al termine di una settimana di frenetiche consultazioni fra Washington e New York. Lo stesso presidente uscente George W. Bush ha spiegato che c’è stata «piena cooperazione» con il presidente entrante Barack Obama. In base al piano definito nella notte di domenica, il Tesoro inietterà altri 20 miliardi di dollari (oltre ai 25 già erogati) di nuova liquidità nel colosso bancario newyorkese, con oltre 200 milioni di clienti in 106 Paesi. Ma, soprattutto, il Tesoro, la Federal Reserve e la Federal Deposit Insurance garantiranno i titoli a rischio del gruppo bancario, stimati finora in 306 miliardi di dollari. Citigroup assorbirà le eventuali perdite fino a 29 miliardi, oltre questa soglia ci penseranno i soldi dei contribuenti.
In Borsa la risposta, per ora, è stata entusiastica. Ieri l’indice Dow Jones dei principali titoli industriali è subito partito in rialzo ed ha chiuso con una performance del 4,93%. Dopo aver perso il 60% del valore solo nell’ultima settimana, Citigroup ha recuperato in un giorno il 57,82%. E rialzi monstre li hanno fatti segnare tutti i maggiori istituti americani, da Bank of America (27,20%) a Jp Morgan Chase (21,39%) fino a Morgan Stanley (33,13%) e Goldman Sachs (26,47%). Ma non è solo il settore finanziario ad aver messo a segno una seduta record. Lo stesso si è visto, per esempio, fra i big delle tecnologie e Internet come Apple (12,56%), Ibm (6,69%) o Amazon (12,23%).
La volata di Wall Street ha dato un impulso alle Borse europee (con balzi del 10% per Londra, Francoforte e Parigi), che già avevano iniziato la giornata in forte guadagno sull’onda dei piani di intervento economico che si profilano nei maggiori Paesi del vecchio continente. Proprio ieri il cancelliere dello Scacchiere britannico, Alistair Darling, ha annunciato un programma di stimolo ai consumi che prevede il taglio dell’Iva di 2,5 punti percentuali e una nuova iniezione di denaro pubblico per 20 miliardi di sterline, oltre alla misura simbolica di aumentare al 45% dal 2011 le imposte sui redditi oltre le 150 mila sterline.
REPUBBLICA
FEDERICO RAMPINI
E´ «la madre di tutti i salvataggi» bancari. Ma basterà? Il Tesoro Usa dopo una convulsa domenica di trattative durate fino a notte inoltrata, ha dovuto mettere in campo il più gigantesco cordone di aiuti mai usato per evitare la bancarotta di un colosso del credito. Citigroup, che per gran parte della sua storia fu la più grande banca americana e mondiale, non poteva essere abbandonata al suo destino. La settimana scorsa le azioni avevano perso metà del loro valore (90% in meno dai massimi dell´anno scorso) e le voci di insolvenza erano assillanti durante il weekend. Ma tenere in piedi Citigroup costerà molto al contribuente americano.
Il Tesoro si è accollato di fatto 306 miliardi di dollari di titoli-spazzatura, sui quali ha offerto una copertura statale. Se il loro valore crolla a zero il crac sarà ripianato dalla garanzia pubblica. L´onere è talmente gigantesco che l´Amministrazione Bush ha dovuto ripartirlo fra tre istituzioni statali: il Tesoro, la banca centrale (Federal Reserve) e la Federal Deposit Insurance Corporation (l´agenzia che assicura i conti correnti). Inoltre il Tesoro versa 20 miliardi di fondi aggiuntivi per ricapitalizzare Citigroup, che si aggiungono ai 25 miliardi già investiti nella banca poche settimane fa. Con questa emorragia il segretario al Tesoro Henry Paulson ha già esaurito la prima tranche di 350 miliardi di dollari che il Congresso aveva stanziato per venire in soccorso alle banche malate. Una constatazione inquietante, perché non è affatto certo che la lista dei candidati al salvataggio sia finita con Citigroup. Anzi, non è neppure sicuro che i 326 miliardi di dollari messi in campo questa domenica siano sufficienti a rimettere definitivamente in sesto la stessa Citigroup. The Wall Street Journal ne è tutt´altro che convinto. «Malgrado la dimensione senza precedenti di questo intervento - scrive l´autorevole quotidiano finanziario - non è chiaro se basterà a stabilizzare Citigroup». A rendere particolarmente fragile il colosso bancario globale - che gestisce 200 milioni di conti - clienti in 106 nazioni - c´è la dimensione inaudita che la «finanza ombra» ha nei suoi affari: a fronte di un bilancio di 2.000 miliardi di attivi, Citigroup ha altri 1.230 miliardi di dollari di entità fuori-bilancio: derivati, titoli strutturati legati a mutui e altri debiti a rischio, contratti d´assicurazione anti-insolvenza che valgono come carta straccia.
Malgrado l´euforia iniziale con cui le Borse hanno festeggiato il salvataggio, l´operazione è politicamente controversa. Intanto si è creato un nuovo precedente pericoloso per chiunque voglia pietire aiuti pubblici: come si fa ora a negare 25 miliardi di dollari alle tre case automobilistiche di Detroit, quando un solo istituto di Wall Street si è visto offrire più del decuplo?
Inoltre l´onerosa rianimazione di Citigroup è piena di zone d´ombra, crea sospetti infamanti che lambiscono non solo l´Amministrazione Bush ma anche il futuro governo di Barack Obama.
Genera sconcerto la notizia che alla Citigroup non è stata posta nessuna condizione in cambio del massiccio dispiegamento di aiuti statali: neppure la rimozione del top management figura all´ordine del giorno, un provvedimento che in questi casi è il minimo prezzo da pagare. A condizioni così generose e lassiste, altre banche potranno essere tentate di chiedere «il trattamento Citigroup».
Inoltre poche settimane fa, con la benedizione del Tesoro e la promessa di ulteriori aiuti pubblici, la Citigroup stava per comprare un´altra banca in difficoltà, Wachovia. Per fortuna Wachovia è finita sotto il controllo di Wells Fargo, ma nessuno può fugare il sospetto che il management di Citigroup volesse impadronirsene per «fondere» due voragini di perdite e occultare le proprie responsabilità. Il disastro Citigroup chiama pesantemente in causa la stessa banca centrale. Non essendo una investment bank (come lo erano Bear Sterns, Lehman Brothers e Merrill Lynch) bensì una tradizionale banca di depositi, Citigroup ricade sotto i pieni poteri di vigilanza della Federal Reserve, che non ne esce certo a testa alta. Ma i sospetti più infamanti riguardano Robert Rubin, il vero deus ex machina di Citigroup. Ex trader di punta della Goldman Sachs, ex segretario al Tesoro di Bill Clinton, chiamato ai vertici della Citigroup Rubin è stato il vero ispiratore del nuovo corso che ha portato la banca all´assunzione di rischi sempre più incontrollabili.
Durante questo weekend Rubin ha guidato in prima persona le trattative di Citigroup con il Tesoro. Creando così un pericoloso conflitto d´interessi con il suo altro ruolo: consigliere di Obama. E nello staff economico presentato ieri dal neopresidente figurano l´amico e collega prediletto di Rubin, Larry Summers, nonché il figlio di Rubin, James. Un brutto pasticcio, aggravato dal fatto che Rubin ha ricevuto dalla Citigroup 160 milioni di dollari di compensi mentre gli azionisti della banca perdevano 250 miliardi.
LA STAMPA
GLAUCO MAGGI
GLAUCO MAGGI
NEW YORK
Citigroup, salvataggio bis. La banca americana leader nel mondo finanziario globale ha ottenuto un secondo aiuto pubblico ad hoc da 20 miliardi di dollari, dopo i 25 avuti in occasione della distribuzione a pioggia tra le banche della prima tranche del pacchetto da 700 miliardi votato in ottobre dal Congresso. Oltre all’infusione diretta di denaro, il governo ha concordato un piano che coprirà le perdite che potranno venire dalla svalutazione di altri bond tossici in futuro. In cambio della liquidità e delle garanzie, Washington otterrà 27 miliardi di dollari in azioni privilegiate che renderanno al Tesoro un dividendo dell’8%.
Il ministero del Tesoro, la Federal Reserve e la Fidc (il fondo governativo di garanzia sui depositi bancari) sono intervenuti d’urgenza per proteggere Citigroup da perdite su un totale di 306 miliardi di prestiti in sofferenza: mutui immobiliari, garanzie commerciali, bond legati ai mutui subprime e obbligazioni corporate. La banca opera in 106 Paesi, ha 200 milioni di clienti e conta circa 300 mila dipendenti, anche dopo le due recenti ristrutturazioni annunciate che comportano oltre 75mila licenziamenti. Nel timore che il crollo del titolo in borsa avviasse la fuga dei correntisti, con conseguenze devastanti per il sistema oltre che per Citigroup, il governo ha eretto così un vero muro di protezione, isolando il bubbone dei titoli tossici per dare fiducia ai mercati. Le azioni privilegiate acquistate dal governo hanno anche dei warrants per comprare 254 milioni di azioni Citigroup a 10,61 dollari l’una. Ciò consentirà ai contribuenti di guadagnare nel caso in cui i titoli della banca dovessero riprendersi in futuro (ora sono tra i 5-6 dollari), anche grazie all’azione del Tesoro oltre che per l’auspicabile ripresa dell’economia in generale.
Come parte dell’accordo con il governo, la dirigenza della banca si è impegnata a pagare un dividendo trimestrale non superiore ad un centesimo per i prossimi tre anni, un drastico ridimensionamento dai 16 centesimi dell’ultimo trimestre. «Con queste transazioni il governo americano sta prendendo le azioni necessarie per rinforzare il sistema finanziario e proteggere i contribuenti», si legge nel comunicato congiunto di Fed, Tesoro e Fdic. L’amministratore delegato di Citigroup Vikram S. Pandit, da soli 11 mesi a capo dell’istituto e in predicato di restare al suo posto ora, ha spiegato che l’intesa punta «a ridare fiducia al mercato» e contrastare «il recente declino delle azioni» della banca.
Le trattative per il maxi intervento si sono concluse domenica sera: da una parte Pandit, dall’altra il ministro del Tesoro uscente Henry Paulson e il ministro futuro Timothy Geithner, presente in quanto presidente della Fed di New York ma di fatto garante della perfetta intesa tra il vecchio e il nuovo governo. E George W. Bush ieri ha fatto capire che ci potrebbero essere altri salvataggi simili in vista.
La notizia del soccorso eccezionale a Citigroup, la cui azione aveva perso il 60% del valore la settimana scorsa crollando sotto i 4 dollari, ha contribuito alla buona giornata di Wall Street che ha chiuso al +4,4%, mentre il titolo della banca, dopo un balzo iniziale del 70% oltre i 6,5 dollari, si è attestato attorno al 6%. Anche l’annuncio della squadra economica di Obama ha avuto una parte positiva. Ieri gli operatori speravano in una rinuncia di Obama ad aumentare le tasse sui guadagni di Borsa e sui redditi oltre i 250 mila dollari, ma le indiscrezioni non sono state confermate. Il presidente eletto ha comunque tenuto la porta aperta al congelamento per due anni dell’inasprimento fiscale previsto nei primi 100 giorni.
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