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 2008  novembre 24 Lunedì calendario

Sarebbe il più grande crac bancario della storia. E uno scandalo politico bi-partisan capace di scaraventare ondate di fango sia su Bush che su Obama

Sarebbe il più grande crac bancario della storia. E uno scandalo politico bi-partisan capace di scaraventare ondate di fango sia su Bush che su Obama. Da ieri Citigroup ha comprato pagine di pubblicità sui quotidiani americani per rassicurare i suoi clienti. Il colosso bancario, recita l´annuncio pubblicitario, "garantisce stabilità". Non è buon segno quando una banca deve comprare spazio a pagamento per ribadire un concetto che è l´essenza della sua sopravvivenza. Nel frattempo i suoi dirigenti hanno passato il weekend a smentire voci di improvvise fughe dei depositanti. Il panico che ha travolto la Citigroup in Borsa ? il titolo ha perso metà del suo valore in cinque giorni ? è il frutto di illazioni un tempo inimmaginabili. Seconda banca americana e una delle maggiori nel mondo ? gestisce 200 milioni di conti in 106 paesi ? la Citigroup è sull´orlo del fallimento. A fermare il panico in Borsa non è bastato l´annuncio di una drastica riduzione dei costi: 52.000 licenziamenti, il 14% della forza lavoro. Non è bastato il gesto di fiducia del suo maggiore azionista, il principe saudita Walid bin Talal che ha comprato aumentando la sua quota dal 4% al 5% del capitale. E pensare che ancora due mesi fa Citigroup appariva come uno dei vincitori di questa crisi. Quando fallì la Lehman Brothers il verdetto più diffuso fu il seguente: l´anello debole del sistema erano le investment bank, più speculative, mentre le tradizionali banche commerciali potevano contare sull´assise solida di una capillare rete di sportelli e una raccolta di depositi. Dopo i crac di Bear Stearns e Lehman, dopo il salvataggio di Merrill Lynch fagocitata dalla Bank of America, i sospetti si addensavano sulle loro consorelle Goldman Sachs e Morgan Stanley, che non tardarono a convertire lo statuto per poter fare raccolta di risparmio e diventare banche ordinarie. I bastioni di solidità erano considerati gli istituti di credito universali come JP Morgan-Chase, Bank of America, Citigroup. Oggi invece quest´ultima è di fronte ad alternative drammatiche: il weekend è stato costellato di riunioni di emergenza per affrontare i possibili scenari, da una nuova iniezione di fondi statali (Citigroup ha già ingoiato 25 miliardi di dollari di ricapitalizzazione del Tesoro) fino allo "spezzatino" con vendita delle varie attività a concorrenti più sani, senza escludere l´ipotesi di una nazionalizzazione totale. Il guaio di Citigroup è che non solo questo gigante globale è troppo grande perché lo si possa lasciare fallire ? sarebbe una catastrofe sistemica dalle conseguenze ben più drammatiche del crac Lehman ? ma è anche troppo grande per poter essere rilevato da un solo compratore. Neppure JP Morgan-Chase ha le spalle abbastanza robuste per acquisire un concorrente che ha 2.000 miliardi di dollari di attivi di bilancio. Se nessuno vuole prendere in considerazione la bancarotta, oltre che per i suoi effetti sistemici terrificanti, è anche perché la crisi della Citigroup crea immenso imbarazzo nella classe politica. Per l´Amministrazione Bush è la prova più eclatante del fallimento del piano Paulson. Il ministro del Tesoro in carica costrinse il Congresso a stanziare 700 miliardi di dollari per salvare le banche ricomprando montagne di titoli-spazzatura. Due mesi dopo la sua approvazione quel piano non è mai stato applicato, e Paulson ha ammesso candidamente che non lo sarà mai. Si è rivelato impraticabile. Ma anche per i democratici la vicenda Citigroup è un terreno minato: chiama in causa la responsabilità dell´Amministrazione Clinton e dei suoi uomini di punta, alcuni dei quali sono autorevoli consiglieri economici di Obama. Il nome più esposto è quello di Robert Rubin. Già esponente di spicco della Goldman Sachs negli anni Ottanta, Rubin divenne ministro del Tesoro di Clinton ed ebbe un ruolo importante nell´abolizione del Glass-Steagall Act: la legge varata dopo la Grande Depressione per ridurre i rischi del sistema bancario distinguendo le investment bank dalle banche di deposito. L´abolizione del Glass-Steagall Act appare come un errore fatale che ha aperto una nuova fase nell´ipertrofìa abnorme della finanza creativa. Fu quella riforma che facilitò la fusione tra Citicorp e Travelers, da cui nacque l´attuale Citigroup, nel 1998. Come non bastasse, al termine del suo mandato nell´Amministrazione Clinton, Rubin fu nominato presidente proprio della Citigroup, di cui è rimasto uno dei più autorevoli consiglieri fino a un´epoca recente. In quel ruolo fu lui a spingere perché Citigroup assumesse rischi sempre più elevati, per rincorrere il modello di business di Goldman Sachs. Oggi il caso Citigroup è talmente scottante che a Washington circola uno scenario senza precedenti: l´ipotesi che Bush anticipi la nomina al Tesoro di Timothy Geithner ? l´attuale governatore della Federal Reserve di New York scelto da Obama per il dicastero economico ? in modo da anticipare i tempi della transizione e gestire in modo bi-partisan lo scandalo bancario più ingombrante di tutti.