Noli a picco, armatori a rischio Lo shipping verso il blocco di Bruno Dardini, Libero Mercato, 16/11/2008, pagg. I- IX, 16 novembre 2008
Noli a picco, armatori a rischio Lo shipping verso il blocco - Dietro al tracollo del mercato internazionale dei trasporti marittimi si nasconde un collasso nell’interscambio mondiale di materie prime, che ogni giorno di più sta trascinando in una caduta senza precedenti anche il commercio dei prodotti finiti
Noli a picco, armatori a rischio Lo shipping verso il blocco - Dietro al tracollo del mercato internazionale dei trasporti marittimi si nasconde un collasso nell’interscambio mondiale di materie prime, che ogni giorno di più sta trascinando in una caduta senza precedenti anche il commercio dei prodotti finiti. Una nave nuova di zecca da 28.000 tonnellate che fino allo scorso agosto veniva affittata a 40.000 dollari al giorno, ora è noleggiata a meno di 5.000 dollari al giorno. La flessione dei noli è tanto generalizzata che si moltiplicano i casi di armatori che noleggiano le loro navi solo in cambio dell’integrale pagamento del carburante, accollandosi tutte le altre spese e navigando in perdita. A provocare il tracollo non sono solo le restrinzioni al credito, è specialmente la scomparsa dei carichi. Nelle settimane che hanno preceduto il crollo borsistico c’è stata un’impennata di acquisti di materie prime, con prezzi in costente crescita e con una "esasperazione" delle scorte negli stabilimenti. La crisi si è abbattuta sui magazzini pieni di merci delle grandi industrie che sono state costrette a chiudere centri produttivi o a rallentare i loro ritmi di produzione. «Si è quindi innescati un effetto spirale perverso: i maggiori trader di ferro e siderurgici hanno cancellato le spedizioni per i prossimi due mesi; in Spagna è totale black out nel cemento con la cancellazione dei noleggi di navi da 70 e 100.000 tonnellate; sempre in Spagna a Castillon de la Plana (vero e proprio hub europeo delle piastrelle, dove operano anche grandi aziende italiane) il crack di numerosi operatori e la conseguente vendita al ribasso degli stock da parte dei curatori fallimentari ha di fatto congelato mercato e trasporti». Con la diminuzione dei prezzi delle materie prime (lo zolfo in due mesi è precipitato da 300 a 30 dollari a tonnellata, l’urea da 800 a 200, il ferro da 1300 a meno di 600) nessuno compra e le navi si svendono. Secondo una recente ricerca di un brocker britannico circa il 40%dei gruppi armatoriali operanti nel trasporto di materie prime (il solo petrolio, pur con noli in calo, conserva noli ancora remunerativi) sarebbe in grave sofferenza. Nessun paese sembra disporre di anticorpi sufficienti a porre al riparo i suoi armatori dall’onda lunga della crisi. In Italia si parla di grosse difficoltà concentrate nell’area di Torre del Greco. Nuvole nere, dicono i broker del settore, si addenserebbero anche su gruppi armatoriali italiani che hanno investito in Cina soprattutto in "greenfield yard" (cantieri che al momento del contratto esistevano solo sulla carta) e che hanno poi rivenduto a terzi le nuove navi ancora da costruire, nella convinvizione di ottenere forti plusvalenze. Queste plusvalenze però potrebbero rivelarsi soltanto una chimera, con l’acquirente finale che si volatilizza e con gli armatori costretti a onorare il contratto originario con il cantiere e a farsi carico di navi commissionate a prezzi altissimi rispetto alle attuali quotazioni del mercato.