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 2008  novembre 23 Domenica calendario

ARTICOLI DEI GIORNALI SUL TETTO DELLA SCUOLA CROLLATO

(cronache e dati). TUTTI DEL 23 NOVEMBRE 2008

CORRIERE DELLA SERA
RIVOLI (Torino) – Una vibrazione. Una porta che sbatte per il forte vento e subito dopo il crollo, improvviso. Nessuno nella quarta G del liceo scientifico Darwin di Rivoli, a una ventina di chilometri da Torino, ha avuto il tempo di capire. Il soffitto è piombato sui banchi, ha sepolto chi era in classe, la gran parte degli studenti perché la campanella di fine intervallo era appena suonata.
«Abbiamo sentito un gran boato, sembrava un terremoto. Urlavano tutti e c’era polvere ovunque, non si vedeva più niente» è il racconto di molti dei ragazzi feriti in modo più lieve e ricoverati tra Rivoli, Orbassano e Torino. Là sotto, tra le macerie, sono rimasti intrappolati in 18. Vito Scafidi, 17 anni, non si è più mosso, schiacciato dai mattoni e da un tubo di ghisa pesantissimi. « morto sul colpo» dicono i soccorritori. Gli altri li hanno tirati fuori i vigili del fuoco ad uno ad uno. Un compagno di Vito, Andrea Macrì, è in gravi condizioni al Cto. Ha una lesione al midollo spinale, è stato operato, ma ci sono seri rischi’ spiegano i medici – di una paralisi completa. Gravi anche Cinzia Palumbo e Federica Ariatti, in ospedale per un trauma cranico e fratture.
La tragedia alle porte di Torino, «e non al Sud, fate vedere che le scuole fanno schifo anche al Nord» – ha urlato una zia della vittima – ha profondamente addolorato anche il presidente Giorgio Napolitano perché «solleva inquietanti interrogativi sulle garanzie negli istituti scolastici ». Il presidente ha espresso il suo cordoglio alla famiglia dello studente morto, così come il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, che ha visitato i feriti e ha incontrato i parenti della vittima: «Non è possibile che un ragazzo perda la vita a scuola, è una tragedia incomprensibile. Faremo il possibile perché cose del genere non capitino più. Nel 2008 abbiamo distribuito 300 milioni di euro da investire sul tema della sicurezza della scuola» ha commentato il ministro.
Sarà la procura di Torino a tentare di chiarire come sia stato possibile il crollo del controsoffitto. Il procuratore Raffaele Guariniello con i sostituti Cesare Parodi e Laura Longo ha compiuto un sopralluogo nella scuola già in tarda mattinata e ha affidato una consulenza tecnica. Indagano per disastro e omicidio colposo, per ora contro ignoti.
Il crollo, secondo una prima ricostruzione degli investigatori e dei vigili del fuoco, sarebbe stato causato dal peso di un tubo in ghisa ormai inutilizzato che si trovava nell’intercapedine di circa 30 centimetri tra il soffitto e il controsoffitto. Quel tubo era il vecchio scarico dei bagni, inutilizzato dagli anni Ottanta e rimasto da allora legato in modo artigianale, con fili di ferro ancorati al soffitto. I fili alle due estremità avrebbero ceduto e il peso di una sessantina di chili dello scarico ha sfondato il controsoffitto in tavelloni, mattoni piatti e lunghi molto pesanti. Pare che non esistano planimetrie dei tubi della scuola e, spiega il responsabile della sicurezza, l’architetto Diego Sigot, «non sapevamo dell’esistenza di quello scarico inerte».
Adesso però c’è solo la disperazione dei ragazzi rimasti feriti, sotto choc per la morte assurda del compagno. Sdegno e paura. «Usciamo di casa, salutiamo i nostri genitori e andiamo a morire» si sfogano con rabbia. Il padre di Andrea, il ragazzo che rischia la paralisi, si attacca alle speranze: « una vergogna, speriamo che possa ancora camminare. Il mio ragazzo diceva sempre "è una scuola di merda" e mi raccontava delle pessime condizioni edilizie».
Cristina Marrone

DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
RIVOLI (Torino) – «Mai avuto problemi di sicurezza e non ci sono mai stati segnali che annunciassero ciò che è accaduto». La preside del liceo scientifico Darwin, Maria Torelli, è perentoria: «Quando c’è stato un problema alle strutture siamo intervenuti». Due anni fa però, i genitori avevano protestato per il degrado dell’istituto, un edificio del 1934, a due passi dal castello.
Era un seminario, diventato scuola negli anni 70. « vero – conferma la preside – c’erano infiltrazioni al piano terra e abbiamo rifatto la facciata, l’impianto elettrico, i pavimenti e la palestra, ma non siamo intervenuti sui controsoffitti». Ma i ragazzi: «Ci sono crepe dappertutto, cade sempre l’intonaco».
C. Mar.

A San Giuliano
Il 31 ottobre 2002 a San Giuliano di Puglia (nella foto)
durante il terremoto crolla la scuola Francesco Jovine: ventisette bambini e una maestra muoiono sotto le macerie. Per la tragedia vengono indagate sei persone, accusate di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e lesioni colpose. Al processo vengono tutti assolti
A Sassari
Nel marzo 2006 cade il soffitto di un’aula della scuola elementare di Ossi (Sassari): quattro alunni restano feriti
I numeri
Secondo i dati dell’Inail nel 2007 nelle aule sono stati 90 mila gli studenti feriti e 12.912 tra insegnanti e bidelli


CORRIERE DELLA SERA
GIULIO BENEDETTI
ROMA – In Italia su 10 edifici destinati agli istituti superiori, sei sarebbero a rischio. In realtà, però, un vero censimento non è stato fatto. Così le tragedie si moltiplicano. Ma anche lo stillicidio di «piccole» disgrazie fa le sue vittime: nel 2007 sono stati 90 mila gli studenti feriti nelle aule scolastiche. Tragedie che resteranno impresse nella memoria. Come il crollo della scuola Francesco Jovine, a San Giuliano di Puglia (Campobasso), il 31 ottobre 2002: ventisette bambini e una maestra sotto le macerie. Tragedie sfiorate, di cui nessuno si ricorda, come la caduta del soffitto di un’aula della scuola elementare di Ossi (Sassari), nel marzo 2006, con quattro alunni feriti. O il cedimento del soffitto dei bagni della elementare di Castelleone di Suasa (Sinigallia) avvenuto durante la chiusura. Storie dimenticate, fino a quando un nuovo episodio – ieri è toccato al liceo di Rivoli – ripropone la domanda sulla sicurezza di uno dei luoghi ritenuti più sicuri. Ci sono più di 40 mila edifici scolastici nel nostro Paese. Sono tutti esenti da rischi? Nessuno oggi può dirlo con sicurezza. Perché nessuno ha cercato di scoprirlo.
Nel gennaio ’96 è stata approvata la legge 23. Il ministero avrebbe dovuto realizzare un’anagrafe con cui «accertare consistenza, funzionalità e sicurezza di tutto il patrimonio di edilizia scolastica». Sono passati 13 anni. Sono stati spesi dei soldi. Ma dell’anagrafe non c’è traccia. Di chi è la colpa? «Gli enti locali non ci mandano i dati – dice Gianni Bocchieri, responsabile della sicurezza delle scuole ”. Li abbiamo sollecitati. L’anagrafe forse sarà pronta a gennaio». Intanto gli unici dati sulla sicurezza delle scuole sono quelli forniti da associazioni come Legambiente o Cittadinanzattiva. Si tratta di indagini campionarie. Le conclusioni non sono rassicuranti. C’è ancora molta strada da fare per mettere a norma le scuole. Cittadinanzattiva ha fatto la radiografia a 132 scuole. La metà ha un impianto elettrico arretrato e nessuna norma antincendio, il 42% non ha porte antipanico, il 30 presenta crolli di intonaco. Sempre secondo il rapporto il 53 per cento degli edifici è privo del certificato di agibilità statica, al 52 per cento manca il certificato di agibilità igienico sanitaria, al 64% quello di prevenzione incendi. Le uscite di emergenza sono assenti nel 17 per cento dei casi o ostruite nel 43, le scale di sicurezza risultano assenti nel 27 per cento delle scuole. Per l’associazione, che ha raccolto i dati Inail, nel 2007 nelle aule sono stati 90 mila gli studenti feriti e 12.912 tra insegnanti e bidelli.
L’assessore alla scuola della Provincia di Napoli, Angela Cortese, è la coordinatrice dei 103 colleghi che si occupano dell’edilizia delle scuole superiori: oltre 10 mila sedi. Gli edifici totalmente sicuri? «Il 40 per cento », è la risposta.
Tra un mese arriverà l’anagrafe, promettono al ministero. Ma basterà per scongiurare nuove tragedie? Neppure una crepa, prima che venisse giù il soffitto, ripetono sconcertati gli amministratori piemontesi. Ma se avessero fatto dei controlli preventivi? «Non siamo in grado di fare indagini sulla staticità degli edifici, non siamo organizzati e non ci sono i fondi. Facciamo controlli a richiesta e con le nostre risorse, 20 milioni, siamo in grado di intervenire solo su un terzo delle situazioni note», spiega l’assessore all’edilizia scolastica della Provincia di Torino, Umberto D’Ottavio.

LA REPUBBLICA
ROMA - Sono vecchie e insicure. Spesso senza certificati di agibilità o anti incendio, con lavori di manutenzione insufficienti, rimandati da anni e impianti elettrici non sempre a norma. Rischiano di trasformarsi in una tragica trappola come ieri a Rivoli i 42mila edifici scolastici dove ogni giorno vivono, lavorano, studiano nove milioni di persone. Dove ogni anno rimangono feriti, colpiti magari dall´intonaco ma anche da un vetro rotto, 90mila studenti e 12 mila dipendenti.
Sono infatti 10mila le scuole di tutta Italia che dovrebbero essere sottoposte a urgenti interventi di manutenzione - il 23,6% - perché prive di certificati. Dall´agibilità statica, (lo ha solo il 58 %), a quello igienico sanitario sconosciuto al 30%, senza dimenticare le misure di prevenzione incendi: solo una su due passerebbe la visita. Anche perché la metà degli edifici totali, non ha avuto alcun intervento di cura negli ultimi cinque anni.
A fotografare una realtà drammatica è il rapporto di Legambiente Ecosistema scuola 2008. Un´analisi dettagliata che porta Vittorio Cogliati Dezza, presidente dell´associazione, a chiedere che venga urgentemente completata l´anagrafe degli edifici scolastici «avviata nel ?99 e mai conclusa».
Oltre ai certificati di sicurezza, troppe sono poi ancora le scuole italiane che vivono in prossimità di zone inquinate e a rischio: vicino ad antenne per i cellulari (12%), ad aree industriali (7,9%) o a fonti di inquinamento acustico (2,6%). Mentre per quanto riguarda gli investimenti in edilizia scolastica, è il centro nord ad annoverare le scuole che investono di più: nella graduatoria stilata dal Legambiente sono in testa le scuole di Prato, seguita da Asti, Forlì, Livorno e Biella. Agli ultimi posti Catania, Sassari, Genova e Crotone. Torino è 24esima.
Scuole vecchie, senza lavori di manutenzione, ospitate in edifici nati non a quello scopo e mai trasformati. In palazzi cadenti, inadeguati, dove si ripetono quotidianamente incidenti. In costante aumento, denuncia Cittadinanzattiva citando i dati Inail. L´anno scorso si sono registrati «12.912 incidenti al personale e 90.478 agli studenti nelle aule scolastiche». Gli edifici più a rischio sono quelli per l´infanzia. Più in generale, secondo l´associazione, cade l´intonaco in un´aula su cinque ed è fatiscente il 29% delle strutture. Il 20% ha pavimenti sconnessi, il 24% le finestre rotte, il 15% banchi danneggiati, il 51% armadi e librerie non ancorate alle pareti. Polvere e sporcizia ammorbano quasi il 30%.

LA STAMPA
ELENA LOEWENTHAL
Chi, come noi, vive e conosce Rivoli da almeno trent’anni, lo chiama «il Seminario». E’ la remota memoria di quando i ragazzi di montagna venivano a studiare da religiosi in questo edificio affacciato verso il monte Musinè, all’imbocco della Val di Susa. Dove va a scuola tuo figlio? Al Seminario, è la risposta che vien fuori così senza pensarci su, anche se tuo figlio fa un liceo scientifico dal nome dell’illustre naturalista che, avendo scoperto la selezione naturale, con i preti ha ben poco a che fare.
Il Seminario è una specie di castello in miniatura, ma mica tanto: sta proprio dietro la sede del museo d’arte contemporanea e quasi ci fa a gara, per imponenza. Domina la collina e lo sguardo, persino in lontananza. E così, quando poco prima delle otto ogni mattina tuo figlio monta in sella alla sua moto e parte con un rombo quasi acido, aggressivo, ti scatta dentro la pancia una specie di preallarme. Passa un quarto d’ora durante il quale speri di non sentire nessuna sirena d’ambulanza tagliare l’aria, e poi tiri un sospiro di sollievo: adesso sarà arrivato sano e salvo a scuola.
La mattina se ne va serena, perché lo pensi al sicuro dentro quelle mura spesse.
Ieri mattina il vento non era più così cattivo come il giorno avanti. L’aria era meno carica, seppure ancora elettrica e fredda. Il vento, qui a Rivoli, sulla soglia della Val di Susa, quando tira forte sembra volersi mangiare tutto. Ma ieri mattina era già un po’ stanco, e la giornata si prometteva tersa, quasi benevola.
Fin verso le undici e mezzo, eccetera

LA STAMPA
ANDREA ROSSI
Hai un bel parlare di programmi, didattica, laboratori, quando la prima urgenza è scansare i pezzi di calcinacci che ti cadono addosso dal soffitto, le piastrelle sconnesse o i cavi elettrici scoperti. La scuola è a pezzi, nel senso che gli edifici si sgretolano, sono a rischio (tre su quattro per il Codacons), fuori norma, mancano dei certificati stabiliti dalle leggi e avrebbero bisogno di una raffica di manutenzioni non ordinarie, ma straordinarie, se solo ci fossero i soldi.
La conseguenza è che in classe si muore. O ci si fa male: contusioni, lussazioni, fratture, addirittura amputazioni. Nel 2007, secondo i dati dell’Inail, oltre 90 mila studenti e 13 mila insegnanti hanno subìto un infortunio all’interno degli edifici. Sette anni prima la musica non era poi così diversa, ma i numeri erano inferiori, e non di poco: 82 mila studenti e 5 mila docenti. Significa che dal 2000 a oggi i casi sono cresciuti del 18 per cento.
Di chi è la colpa? Probabilmente dell’incuria, se più della metà degli edifici è sprovvisto di un certificato di agibilità statica e il 36 per cento non ha gli impianti elettrici a norma. Mancano le norme di sicurezza di base: molte scuole, in tutto il paese, non dovrebbero nemmeno essere aperte. Mancano le agibilità sanitarie, i certificati di prevenzione degli incendi, le misure di evacuazione in caso di pericolo. E il personale non riceve istruzioni per fronteggiare l’emergenza. Fino a due anni fa si è andati avanti a suon di proroghe. L’ultima è scaduta nel 2006, ma il ritornello non è cambiato. Mancano i soldi: ci sono più di mille richieste di interventi nelle scuole; 500 sono state approvate, appena cento hanno ricevuto il finanziamento necessario.
Forse è anche una questione di età. Le scuole sono vecchie: appena il cinque per cento degli edifici è stato costruito dopo il 1990, mentre il 45 per cento è datato prima del 1965. Vecchie e senza manutenzione: così è un progressivo deteriorarsi delle strutture. Un edificio su due, nell’ultimo quinquennio, ha subìto un lifting, manutenzione straordinaria; peccato che il 33 per cento sia ancora in attesa. E, indicano i dati del ministero, si tratta di un intervento «urgente». Non abbastanza, a quanto pare. E così, mentre i presidi aspettano un segnale, nel 20 per cento delle scuole si verificano crolli d’intonaco.
Non è finita: una scuola su dieci è nata per essere tutt’altro, dalle caserme ai seminari. Gli studenti sono arrivati solo in un secondo momento e gli edifici sono stati riadattati. Ora, decenni di soluzioni improvvisate presentano il conto. «Quel che è successo a Rivoli potrebbe accadere in molte altre città italiane», racconta il segretario della Flc-Cgil Domenico Pantaleo. «Qualsiasi progetto di riforma deve partire dall’edilizia, perché una scuola di alta qualità dentro edifici che non sono a norma è un controsenso».
Aggiuge Carlo Rienzi, presidente Codacons: «Si tratta di una tragedia annunciata: infatti il 75% degli istituti scolastici presenti sul nostro territorio non è sicuro poichè mancano diversi certificati previsti dalla legge.
Peccato che negli ultimi anni i fondi per l’edilizia scolastica siano stati tagliati. Per il triennio 2007-2009 sono stati stanziati 250 milioni; 150 già erogati, gli ultimi 100 arriveranno nel 2009. Ieri il ministro Gelmini ha parlato di 300 milioni per la sicurezza scolastica che hanno ricevuto il via libera del governo. «Sono quelli del triennio 2007-2009, già previsti - ribatte Pantaleo -. Per ora a noi risultano solo i 20 milioni aggiunti nel decreto 137. Briciole».

[FIRMA]PATRIZIO ROMANO
RIVOLI (TORINO)
Mani nelle mani. Così il ministro Mariastella Gelmini ha ascoltato la disperazione dei genitori di Vito Scafidi, il ragazzo di 17 anni morto nella sua aula nel Liceo scientifico Darwin di Rivoli. Ieri pomeriggio, verso le 16, dopo il sopralluogo nella scuola, il ministro è corso all’ospedale per vedere i genitori e parlare con loro. Un incontro in una stanza dell’ospedale. A pochi passa dalla camera mortuaria. «Avrei preferito avere un figlio somaro, ma vivo - le ha detto il papà Fortunato le lacrime agli occhi -. Ministro, chiuda le scuole se non sono sicure, perché noi genitori li mandiamo in classe pensando che siano aprotetti, non che debbano morire così».
Il ministro lo ascolta tenendo nelle sue le mani ferite della mamma, Cinzia Caggiano, che piange in silenzio e quelle della sorella Paola. «Faccia qualcosa, la prego» le ha detto la mamma distrutta. Uno sfogo che ha commosso il ministro. «Sembrava che stesse quasi per piangere» confida uno dei presenti. «Capisco la vostra tragedia - ha risposto la Gelmini -. Ci stiamo impegnando, mi creda». Un rosario di disperazione e di pianto, ma sempre composto, quello che ha raccolto il ministro girando nei diversi ospedali dove i ragazzi feriti erano ricoverati. «Non è possibile che un ragazzo perda la vita a scuola - ha dichiarato -. Quella di Rivoli è una tragedia incomprensibile, davvero incomprensibile».
E poi ha garantito che il governo si è impegnato a garantire la sicurezza nelle scuole italiane. «Si possono fare molte cose - ha affermato - e nel decreto scuola c’è un articolo che mette a disposizione risorse per la sicurezza nei nostri istituti».
Inoltre, nel 2008, ha aggiunto il ministro, sono stati distribuiti 300 milioni per garantire la sicurezza nelle aule. «Con il sottosegretario Bertolaso abbiamo disposto un piano per mettere in sicurezza le cinque scuole meno sicure d’Italia». Un impegno, quello del governo, che prevede circa 900 milioni di euro per interventi di miglioramento dell’edilizia scolastica. Ma l’azione, secondo la Gelimini, deve essere su vari fronti e da parte di diversi attori. «Desidero convocare la Conferenza unificata di Regioni, Province e Comuni - ha promesso -, perché ogni ente in base alle sue competenze faccia tutto il possibile perché simili tragedie non accadano più».