Giacomo Galeazzi, La Stampa 22/11/2008, 22 novembre 2008
ALESSANDRO BARBERA
ROMA
Per affrontare il momento «ci vogliono soluzioni coordinate e concordate», perché «risposte meramente nazionali non possono essere sufficienti a tamponare la crisi». La raccomandazione contenuta nel piano anti-crisi che la Commissione europea proporrà mercoledì prossimo spinge il premier e il ministro dell’Economia a rinviare di due giorni - a venerdì 28 - il via libera al pacchetto italiano e alla delibera Cipe che rilancerà le opere pubbliche per più dei 16 miliardi inizialmente previsti. L’allungarsi dei tempi - e la preoccupazione per un calo eccessivo del gettito - farà saltare una delle misure data per certa fino a ieri: lo sconto di tre punti sull’acconto Irpef in scadenza il primo dicembre; dovrebbe invece essere confermato quello per Ires e Irap. Nel caso dell’Ires lo sconto nel 2009 potrebbe diventare strutturale, visto che il pacchetto prevede anche un mini-taglio degli oneri Irap su Ires e Irpef. Per compensare il mancato acconto Irpef, potrebbe salire lievemente la dote per l’una tantum promessa alle famiglie bisognose: la soglia in questo caso potrebbe superare (ma solo per chi ha più di 4 figli), i 7-800 euro. Giulio Tremonti chiederà alle banche un nuovo accordo sui mutui, visto lo scarso successo dell’accordo firmato con l’Abi per allungare le scadenze. In questo caso dovrebbe trattarsi dell’impegno delle banche a ridurre lo «spread», ovvero il margine di guadagni che oggi si assomma al tasso interbancario. Tremonti ha chiesto alle Ferrovie di evitare nuovi aumenti tariffari, ma in cambio l’amministratore delegato Mauro Moretti ha chiesto qualche fondo in più per gli investimenti.
Per avere i dettagli del provvedimento bisognerà aspettare probabilmente giovedì prossimo, ma le grandi linee del pacchetto sono pronte: non a caso ieri, prima della partenza del presidente per una visita di Stato in Israele, Tremonti è salito al Quirinale per presentargli la prima bozza. Sono confermate la norma che permetterà il differimento nel pagamento dell’Iva (non più alla fatturazione ma all’incasso), un aumento della dote per la cassa integrazione in deroga (salirà da 600 milioni ad almeno un miliardo e la platea verrebbe allargata ai precari), un intervento a favore dell’innovazione tecnologica ed ambientale in linea con quanto deciso in Europa, e che dovrebbe riguardare anche il settore dell’auto. Non ci sarà invece un ulteriore allargamento della platea per la social card, che verrà alimentata con i fondi dormienti delle banche. Gli ultimi dati in possesso del Tesoro stimano i fondi in poco più di 700 milioni di euro, nulla rispetto ai miliardi di cui hanno parlato per mesi le associazioni dei consumatori. Al Tesoro non si esclude comunque che di qui al 15 dicembre, termine ultimo per il trasferimento delle somme, la dote salga.
Benché da sinistra fiocchino le critiche per il presunto ritardo, il ministro dell’Economia considera ogni giorno in più a disposizione prezioso per capire come si muoveranno la Commissione e i partner europei. E’ ormai chiaro che l’esecutivo comunitario ha deciso di dire sì ad un lieve sforamento dal 3% fissato da Maastricht in funzione anti-crisi, ma non si potrà approfittarne. «Quello che intendiamo per flessibilità è che se il deficit supererà il tetto in maniera eccessiva e prolungata si interverrà», spiegava ieri la portavoce del commissario Ue agli Affari monetari Joaquín Almunia.
Tremonti sa di dover essere il primo a dover seguire alla lettera l’indicazione: se non lo facesse, un aumento del deficit aumenterebbe il differenziale di rendimento dei titoli di Stato e il costo degli interessi sul debito pubblico.
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