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 2008  novembre 22 Sabato calendario

dal nostro inviato Alle quattro della sera con il vento che sferza Montesilvano, campagna che ospita gli allenamenti del Pescara calcio, l´ultrà Mimmo detto «kalashnikov» detta la linea: «Allora, si gioca: siete d´accordo?», chiede ai giocatori, all´allenatore Galderisi, all´ufficio stampa

dal nostro inviato Alle quattro della sera con il vento che sferza Montesilvano, campagna che ospita gli allenamenti del Pescara calcio, l´ultrà Mimmo detto «kalashnikov» detta la linea: «Allora, si gioca: siete d´accordo?», chiede ai giocatori, all´allenatore Galderisi, all´ufficio stampa. «Sì?», balbetta il portiere Indiveri, il vecchio del gruppo che da agosto non riceve stipendio. Mimmo detto «kalashnikov» lo scorso aprile ha preso undici anni e otto mesi in primo grado per gli assalti ai portavalori che caricavano gli incassi dei supermercati sull´Adriatica, ne hanno svaligiati diciassette. E al campo insiste: «D´accordo al cento per cento?», e una sua bestemmia rimbomba a valle. «Sì, d´accordo», ora abbassa lo sguardo pure Bazzani, centravanti da serie A sceso di due categorie perché richiamato dai 200 mila euro d´ingaggio di cui almeno due terzi non vedrà più. «Non sentiamo, dovete alzare la voce», urla il capo dei Rangers, di qua della rete del campo da gioco. «Chi non ci sta va oltre quella linea? Su, forza? Ma chi è con noi, non voglio sentire ragioni, domenica gioca. Tutti d´accordo?». Il sì adesso è un coro, nessuno si muove. Giuseppe Galderisi, che a 45 anni allena una squadra in linea di fallimento e quand´era ragazzo si divertiva vincendo gli scudetti con il Verona, ha gli occhi gonfi di lacrime. I suoi ragazzi non li pagano da quattro mesi, gli hanno tolto l´acqua calda a fine allenamento e le tute, i pullman per le trasferte, pure gli autisti. I suoi ragazzi adesso sono spinti da tutte le parti. Tirati, sbattuti. Il sindaco Luciano D´Alfonso, maggiorente Pd, dopo l´ultimatum coordinato dall´avvocato Mattia Grassani - «Non ci sono più stipendi ma è sopravvissuta la dignità: con la Juve Stabia non scendiamo in campo» - ha convocato allenatore, capitano Pomante, maggioranza politica, opposizione e ultras d´assalto (ai portavalori). E ha intimato: «Per l´immagine della città e per non precludere le future trattative domani dovete giocare. Ho trovato 52 mila euro tra i vecchi fondi. Sono vostri, per le spese necessarie». Mille euro a testa, perché al Pescara in crisi si divide con i massaggiatori e i fisioterapisti. Poi ha tuonato (e telefonato) Mario Macalli, presidente dell´ansimante Lega Pro: «Se non andate in campo vi squalifico tutti, un punto subito di penalizzazione e poi vediamo». La squadra è confusa, anche Alessia Merz ha smesso di passeggiare per corso Umberto con il «Bazza». Metà spogliatoio vorrebbe giocare, ma è dura farlo per un club che non ha volto. Il Pescara, oggi, è in mano a una società anonima svizzera con sede a Bellinzona che non riesce a produrre un nome pubblico né un cda (l´ultimo, ieri, non è partito per mancanza di numero legale). Gli ultras, che al campo distribuiscono visure camerali e fotocopie di protestati, sono convinti che dietro la misteriosa Eurocat ci sia ancora Gerardo Soglia, presidente per un solo anno fino allo scorso ottobre, deputato salernitano del Pdl. Il gioco sarebbe quello di far fallire - il più dolcemente possibile - il Pescara calcio per ricomprarlo senza debiti. Francesco Soglia, il fratello, ex amministratore del club, smentisce: «Il Pescara sta meglio della maggior parte delle società del centrosud. Il Taranto, la Paganese, tutte inguaiate. Nel calcio è prassi pagare quattro mesi dopo, ma ?sti giocatori hanno armato un bordello nazionale. Io conosco gli amministratori della società svizzera: tutti italiani, gente perbene. Hanno pagato gli stipendi di luglio e agosto, poi hanno preso le botte a Foligno dagli ultrà e si sono risentiti. Che tornasse a giocare la squadra, si sta rendendo ridicola». Un´altra pressione, ecco: giocate. Deve tornare a farlo il centrocampista Ferraresi, che proprio non vorrebbe, e l´uzbeko Zetulayev, cacciato dall´albergo perché moroso. E´ un´intimazione corale, a sera anche una minaccia: «Domenica scorsa vi dovevo prendere per i coglioni in mezzo al campo», è sempre «kalashnikov» la voce, «adesso avete ottenuto le garanzie dal sindaco e noi non vogliamo più sentire storie». In curva hanno organizzato una colletta, i primi duecento euro per i giocatori sul lastrico. «E abbiamo deciso di contattare tutti gli imprenditori di Pescara che conosciamo». Ne conosce molti l´ultrà Mimmo. Ecco Bazzani, poi il vecchio Indiveri, uno che ha somatizzato la crisi con due settimane di forfeit agli allenamenti. Provano a reagire: «Stiamo con voi, vogliamo onorare la maglia, ma questi svizzeri che ci pigliano per il culo devono sapere che li vogliamo sputtanare. Loro non ci pagano e noi li sputtaniamo». Giocherano contro la Juve Stabia, i giocatori del Pescara. Lo chiedono in troppi. Ritarderanno, forse, l´ingresso in campo di mezz´ora. E potrebbero scegliere il gesto plateale: entrare in mutande e canottiera per farsi consegnare le maglie celesti-bianco-azzurre da loro, gli ultras che danno la linea. L´avvocato Grassani, colui che ha armato la minaccia di sciopero, comprende che i giocatori senza stipendio stanno perdendo ancora. Giocare domani significa perdere forza contrattuale e così rinuncerà al mandato: «Qui nessuno controlla la situazione». Per ora, i calciatori del Pescara hanno ripreso ad allenarsi. Sul campo, palla al piede, sembrano solo ragazzi felici.