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 2008  novembre 22 Sabato calendario

MILANO

Sembra tutt’altro che assopito l’attivismo della Libia in Italia. Non solo l’ambasciatore in Italia della Repubblica araba di Libia, Hafed Gaddur, ha detto ieri alla Reuters
che Tripoli «ha cinque o sei operazioni in corso», confermando le parole pronunciate poche settimane fa da Saif al-Islam Gheddafi, figlio e delfino del leader libico. Ma ha anche aggiunto che «in questi giorni stiamo trattando nuove opportunità che sono veramente importanti. Credo che si concluderanno presto: queste operazioni sono più importanti di Unicredit, per noi». I rumors sui possibili obiettivi di Tripoli si erano scatenati già dopo la recente mossa della Libya Central Bank che, insieme ai fondi sovrani alimentati dai proventi del petrolio, era salita al 4,9% di Unicredit (partendo dall’1% ereditato con la partecipazione in Capitalia). Ad alimentare le voci si era aggiunto l’annuncio dell’ingresso in Eni con una quota sotto l’1%. Oltre ai colloqui confermati con Telecom Italia - sebbene poi congelati - erano girati sul mercato i nomi delle Generali, Terna e Impregilo. In tutti e tre i casi i vertici dei gruppi italiani avevano smentito già allora qualunque «colloquio».
Ma, certamente, su questo punto i libici non vogliono scoprire le carte fino in fondo. Anche ieri l’ambasciatore del Colonnello Gheddafi a Roma ha parlato di «colloqui» con gruppi sia pubblici che privati, quotati e non, aggiungendo poi, però, che la Libia preferisce comprare le azioni direttamente sul mercato senza alcun intermediario, proprio come aveva già fatto con Unicredit. Inoltre il 18 ottobre scorso il governatore della Banca centrale libica aveva anche annunciato che era sua intenzione aumentare la partecipazione nello storico partner Eni.
Insomma, i dossier più o meno aperti sono molti e non è facile capire a cosa si riferisse ieri Gaddur parlando di mosse «più importanti della salita in Unicredit». Anche se si può procedere per esclusione: prima, una ulteriore crescita nella banca guidata da Alessandro Profumo, visto che è stato lui stesso ad tagliare le gambe a questa possibilità, «per ora». Seconda, sembra difficile che si parli di Telecom. Su questo fronte, anche se non ha voluto rispondere direttamente alla domanda, i commenti sono sembrati freddi. «Noi cerchiamo sempre di avviare nuove iniziative che siano sane. Se hanno problemi di debiti, eccetera, noi non entriamo dentro. Devono avere un progetto, queste società, che convinca», ha spiegato. Senza contare che solo 24 ore prima Telefonica aveva fatto sapere di non gradire l’ingresso di nuovi soci in un momento di basse quotazioni come questo.
Massimo Sideri