Fabrizio Roncone, Corriere della Sera 22/11/2008, 22 novembre 2008
ROMA - C’è
qualcosa di grandioso in questo Riccardo Villari, bisogna comunque avere del fegato per lasciare che i commessi di Palazzo San Macuto stiano lì, chini, a chiederti se il signor presidente ha bisogno di questo, o di quello, e se la poltrona è abbastanza comoda, la scrivania di suo gradimento, e soprattutto «se possiamo far entrare il sottosegretario Letta che, intanto, è arrivato...».
A metà mattina, la strategia di Villari è piuttosto chiara: in attesa di eventi (e quali siano questi eventi, davvero, solo lui lo sa) ha deciso di far finta di niente, e di cominciare ad agire, sul serio, nonostante la bufera politica che infuria, da presidente della commissione di Vigilanza Rai. Quindi, prima mossa: andarsi a prendere il caffè alla buvette di Montecitorio. Farsi una vasca di Transatlantico, il nodo della cravatta morbido e il mento alto come quando entra nella chicchettosa caffetteria di piazza dei Martiri, a Napoli (mentre Fabrizio Morri, capogruppo democratico in Vigilanza, non smette di ripetere: «Questo Villari, mio ex compagno di gruppo al Senato, è un degnissimo erede dei maggiori maestri del teatro napoletano, da Scarpetta a De Filippo...»).
Cronisti che lo seguono, pressanti. E lui, Villari, che si volta sorridente, rilassato: «Sono sereno... ma non vi dico nulla ». Invece, quattro passi dopo, quando gli chiedono dell’invito «a fare un passo indietro» che s’è visto recapitare dai presidenti delle Camere e da Berlusconi: «Mah... voi mi fate mille domande... Però dovete tenere conto che io non leggo giornali, non leggo agenzie di stampa, non guardo la televisione e...». C’è un momento di silenzio. «Vabbé, no, per la verità ora dovrò cominciare a guardarne almeno una...».
Se ne va ammiccante: «Ma che domande mi fate? Certo che mi do da fare... ho sentito il direttore generale della Rai... e a tutti i capigruppo ho già inviato la bozza di regolamento per le elezioni politiche in Abruzzo... insomma, lavoro sodo... ».
E infatti poi viene qui, a Palazzo San Macuto. Chiede una bottiglia d’acqua. Si fa portare il carteggio relativo alle domande per la programmazione dell’Accesso (gli spazi autogestiti della tivù di Stato). Quindi spegne i due cellulari: «Oh, guagliò, mi sa che a tenerli sempre nelle orecchie fanno male... quasi quasi mi gira la testa...». La testa non gira a Marco Pannella, nonostante sia in sciopero della sete. L’incontro con Villari è cordiale, ci scappa un altro caffè. Poi Pannella esce magrissimo, i capelli di un bianco fiabesco - e annuncia: «Ho sospeso lo sciopero della sete, e sapete perché? Perché Villari si sta comportando con dignità e fermezza».
Bell’incontro. Ma l’incontro del giorno è quello che i commessi annunciano facendo capolino dalla porta: «Allora, lo facciamo entrare il dottor Letta? ».
Villari e Letta restano a colloquio per lunghi minuti. Letta è molto determinato nel chiedere a Villari di dimettersi. Però Villari non cede. Con Letta non è facile. Ma lui (chiedendo tempo? o cosa?) ci riesce. Solo che quando Letta esce, Villari riaccende un cellulare e scrive un sms al suo amico Gianfranco Rotondi, ministro per l’Attuazione del programma. Testo: «Gianfrà, calma i tuoi...».
In verità, c’è poco da calmare. A quanto sembra, ad essere molto preso da questa storia è soltanto Letta. Da Palazzo Chigi, infatti, ripetono un concetto vecchio ormai di tre giorni: «Villari? Un problema del Pd. L’hanno eletto loro in Parlamento, e loro, poi, l’hanno espulso...».
Fabrizio Roncone