Alessandro Trocino, Corriere della Sera 22/11/2008, 22 novembre 2008
ROMA – «Il notaio chiede se vi sono astensioni, voti contrari... non ne veggo. Cosa dite? Approvato?»
ROMA – «Il notaio chiede se vi sono astensioni, voti contrari... non ne veggo. Cosa dite? Approvato?». Finisce così la storia di Forza Italia. Per acclamazione e con la voce allegra di Alfredo Biondi, gioviale cerimoniere di un funerale nel quale manca il morto. Perché è vero che si dava il via libera alla confluenza di FI nel Popolo della Libertà, ma è anche vero che Silvio Berlusconi, arrivato di lì a poco, faceva di tutto per dimostrare che il cadavere è vivo e in formissima. Il Cavaliere arriva dopo il plebiscito (e forse non ne è contento) ma si consola con una standing ovation dei delegati e con il video-karaoke di «Meno male che Silvio c’è». In quindici minuti di discorso, il «Presidente» sbriga le formalità di rito, rivendicando la continuità con il passato e ignorando completamente la compagna d’avventura, An. «Forza Italia è stata, è e sarà il baluardo della libertà. Per noi non cambia nulla». La declinazione al futuro non è casuale ed è il segno che Berlusconi non vuole lasciare per strada il partito. Il Pdl è un’unione di convenienza (elettorale), una necessità imposta dalla lenta convergenza verso il bipartitismo e la concretizzazione del «partito del predellino». Ma il sentimento, il cuore, sono rimasti nella sua creatura, annunciata il 26 gennaio del ’94. Tanto che dei quindici minuti di intervento, dieci sono dedicati alla «discesa in campo »: «Ho redatto un discorso questa notte, ma stamattina ho deciso di non leggerlo». Preferisce tornare a quel primo discorso: «L’Italia è il Paese che amo...». Legge del «nuovo miracolo italiano» e spiega: «Data l’età sono facile alla commozione ». Berlusconi non cambierebbe «una sola parola, un solo aggettivo di quel discorso»: «L’avventura continua, ci sono nuovi traguardi per costruire un Paese libero nel quale tutti vivano nel benessere. Viva Forza Italia, viva il Pdl, viva l’Italia». «Un discorso alto e nobile», chiosa Paolo Bonaiuti. «Altro che partito di plastica – commenta il coordinatore Denis Verdini – siamo magnifiche farfalle che volano verso il futuro». «Forza Italia esisterà sempre» pronostica Marcello Dell’Utri. Poco prima c’era stato l’atto formale, di fronte al notaio Antonio Matella, con cui il consiglio nazionale conferiva «pieno mandato» a Berlusconi per costruire il nuovo partito. Sottotraccia, la discussione su quello che dovrà essere il Pdl. Qualche timida allusione a una scarsa democrazia interna e alla presenza di troppi cortigiani (Ugo Cappellacci), alla quale replica Verdini: «Abbiamo un leader carismatico, compito della classe dirigente è aiutarlo a trasmettere le sue idee agli elettori». Qua e là affiorano mugugni sul futuro alleato. A Giuseppe Gargani non va giù che «An entri nel Ppe senza nessun travaglio». Biondi voleva un partito liberale di massa: «Mi sono ritrovato con la massa e sempre meno liberali ». C’è anche spazio per qualche affondo contro la Lega, che a molti pare pronta a cannibalizzare il Pdl al Nord. A Guido Podestà non piace granché questo Carroccio «troppo di lotta e di governo». In serata, Bossi risponde indirettamente: «Se fossi in Berlusconi, mi terrei il mio partito». Perché in politica «uno più uno non fa due». E conclude in battuta: «Meno male che ci siamo noi che prendiamo i voti persi. Qui saranno al sicuro». E c’è anche chi chiede un’autocritica. Come l’ex sindaco di Milano Gabriele Albertini: «Rischiamo di sembrare il partito del Sud, soprattutto dopo aver dato soldi a Roma e Catania: i Comuni che hanno debiti devono vendere il loro patrimonio». Ma il Pdl è partito: a dicembre 10 mila gazebo saranno nelle strade per votare i 6000 delegati del Congresso. Alessandro Trocino 18 novembre 2007 Il leader di FI Silvio Berlusconi in piazza San Babila a Milano annuncia che il partito confluirà nel Pdl