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 2008  novembre 22 Sabato calendario

MILANO

Oltre 9 mila miliardi di dollari: tanto ha perso chi ha investito nella Borsa Usa dal suo massimo un anno fa. Ma alcuni top manager, al vertice di aziende al centro della crisi, sono riusciti a portare a casa una fortuna. Tra questi, ben 15 «capitani» di imprese di costruzioni e società di servizi finanziari hanno raccolto più di 100 milioni a testa tra remunerazione cash e vendita di azioni durante gli ultimi 5 anni.
Nella lista dei 25 uomini d’oro, pubblicata ieri dal Wall Street Journal,
che ha analizzato i compensi relativi a 120 società tra l’inizio di luglio 2003 e la fine di giugno 2008, accanto a nomi noti della finanza, spuntano anche figure poco conosciute al grande pubblico. E sebbene molti di questi manager abbiano semplicemente approfittato del boom e indovinato i tempi giusti per monetizzare i lauti incentivi, le loro buste paga milionarie rilanciano il dibattito sull’opportunità di mettere un tetto ai compensi dei top executive.
In vetta, con 816,6 milioni di dollari, di cui in contanti ha ricevuto meno di 20 mila dollari, compare Charles Schwab, 72 anni, presidente e fondatore della società di brokeraggio che porta il suo nome. Ma Schwab vende regolarmente le sue azioni per diversificare e finanziare la sua fondazione, nota un portavoce del gruppo. Al secondo posto, a sorpresa, c’è un immobiliarista, Dwight Schar, che in 5 anni ha ricevuto oltre 626 milioni, quasi tutti grazie alla vendita dei titoli della società che presiede, la Nvr, i cui titoli hanno invece perso il 64% dal loro massimo nel 2005. Sul podio figura, poi, Angelo Mozilo, che ha incassato 470,7 milioni nei 5 anni al timone di Countrywide Financial, venduta all’inizio di quest’anno, dopo perdite colossali, a Bank of America. Richard Fuld è al sesto posto: in 5 anni ha percepito 184,6 milioni, circa 45 in contanti, invece Lehman Brothers, com’è noto, è fallita.
Tre veterani dei mutui, Robert Cole, Edward Gotschall e Brad Morrice, fondatori nel ’95 di New Century Financial Corp, divenuta la seconda maggiore società di prestiti subprime, hanno ricevuto nel complesso 74 milioni in 4 anni, prima che il gruppo californiano nel 2007 chiedesse la protezione dalla bancarotta. Oggi sono sotto accusa per «pratiche imprudenti »: per ricevere un mutuo, ai clienti bastava dichiarare il reddito senza fornire alcuna documentazione. Michael Gooch, ceo del gruppo di brokeraggio Gfi (-87% il titolo in Borsa), è riuscito invece a portare a casa 82,5 milioni, grazie al trading dei famigerati Cds (credit-default swap) e altri strumenti finanziari nel mirino.
La lista, però, è incompleta: alcuni top manager, che hanno percepito grandi somme subito prima della crisi attuale, sono assenti, avverte il Journal, perché la loro ricchezza non è dettagliata nelle comunicazioni alla Sec, una delle fonti usate dal quotidiano. E’ il caso di Herbert e Marion Sandler, che nel 2006 hanno incassato oltre 2 miliardi dalla cessione della loro società di mutui subprime, la Golden West Financial Corp, a Wachovia (-91% il titolo), mandata a picco anche con il contributo delle perdite nel portfolio di Golden West, e quindi assorbita da Wells Fargo.
Giuliana Ferraino